“Se il costo della Tav dovesse costare 7 miliardi anziché i 2,9 pattuiti, non indugerò un solo minuto a presentare una mozione parlamentare per chiedere l’interruzione dei lavori e la rinuncia all’opera”, questa la dichiarazione del senatore Pd e vicepresidente della Commissione Trasporti Stefano Esposito, uno dei più convinti sostenitori della costruzione della linea ferroviaria. Il treno ad alta velocità che collegherà Torino a Lione è una delle controverse grandi opere che il nostro Paese realizzerà in accordo con la Francia. L’aumento dei costi previsti per la realizzazione dell’infrastruttura sono trapelati nei giorni scorsi in seguito a un articolo del Sole 24 ore che annunciava un aumento dei costi di circa 4 miliardi. La notizia è poi stata smentita dalle società di costruzione.
“Meglio pagare le penali alla Francia. Basta con il paese dei furbi e dei burocrati che decidono senza rispettare il Parlamento”, chiosa il senatore Pd. Esposito ha sempre difeso strenuamente la Tav, tanto da pubblicare un libro dal titolo Sì TAV. Il senatore, inoltre, ha sempre sostenuto la sua ferma contrarietà ai movimenti di opposizione alla costruzione della linea ferroviaria. Riferendosi a un blitz dei No Tav al cantiere di Chiomonte dove le forze del’ordine avevano usato dei lacrimogeni per disperdere gli oppositori, il 20 luglio 2013 Esposito aveva scritto sul suo sito: “Se vogliamo debellare questa forma di guerra allo stato dobbiamo “decapitare” i mandanti politici e le organizzazioni che li sostengono”.
Le dichiarazioni di questi giorni, dunque, sono in netta contrasto rispetto a ciò che il senatore Pd ha sempre sostenuto e difeso. Oggi, 29 ottobre, Esposito ha richiesto un’audizione urgente dei vertici Rfi, del ministro Lupi e del Ministero dell’Economia perché, ha dichiarato: “Pretendo una risposta chiara, credibile e certa sui reali costi della Torino-Lione. Quest’opera è al centro di un aspro dibattito e non intendo accettare che non ci sia totale trasparenza e chiarezza sui costi, non mi accontenterò di spiegazioni tecniciste e burocratiche. Mi auguro di ottenere la conferma che quanto fino ad ora dichiarato e contenuto negli atti legislativi trovi pieno riscontro, nel qual caso chi si è reso responsabile di questi numeri in libertà dovrà pagarne le conseguenze. Nel caso in cui dovessero, invece, essere confermate le cifre date da Rfi, non indugerò un solo minuto a presentare una mozione parlamentare per chiedere al Governo l’immediata interruzione dei lavori e la rinuncia alla realizzazione della tratta italiana del Corridoio Mediterraneo“.
Ltf, la società di diritto francese controllata al 50% da Rfi e Rff (le reti ferroviarie italiane e francesi), ha poi diffuso una nota in cui smentisce l’aumento della spesa di costruzione: “Nessun aumento di costi della Torino-Lione. Il calcolo è derivato dalla modalità adottata in Francia, dove il valore costante viene poi adeguato in automatico al variare del valore della moneta. In Italia, invece, la legge impone di stimare il valore del progetto “a vita intera”, con un tasso di rivalutazione convenzionale che nel caso in esame è stato del 3,50% all’anno. Questo ha portato ad un valore alla data di completamento dell’opera di 12 miliardi di euro circa. Il tasso teorico del 3,50% fu fissato nel 2010, quando il contesto macroeconomico prevedeva una forte crescita dei prezzi (petrolio, elettricità, macchinari), che invece non si è verificata. Negli ultimi due anni, infatti, non solo gli indici non sono aumentati ma, in alcuni casi, come per i lavori sotterranei, sono in calo”.