Dunque, secondo il sindaco di Milano, Giuliano Pisapia, e altre autorevoli personalità, il ciclista che ha travolto e ucciso un’anziana signora in città non sarebbe l’uomo che morde il cane, cioè la notizia di una certa eccezionalità, ma una quasi normalità. Non si spiegherebbe altrimenti l’appello che ne è conseguito: «Troppi ciclisti oggi pensano di passare col rosso, ma così mettono a repentaglio la propria incolumità e quella degli altri. Lo vedo tutti i giorni: vanno contromano. Ecco, questo è pericoloso». Così Pisapia.
Intanto, una prima considerazione. Mi sono chiesto se è lo stesso sindaco che non più tardi di un mese fa, insieme a colleghi di altre città italiane, aveva protestato e vivacemente per la mancata attuazione di una norma che è regola in buona parte dell’Europa civilizzata e sensibile allo sviluppo sulle due ruote: il senso unico eccetto bici. Che è esattamente la creazione di una striscia ciclabile, laddove esistano gli spazi vitali, nelle vie a unico senso di marcia. In “vulgaris” andare contromano.
La seconda considerazione, a beneficio dei lettori, è del tutto personale e rimanda a un post di qualche settimana fa in cui confessavo candidamente i miei peccati di ciclista professionista (è il mio unico mezzo di locomozione nella metropoli tentacolare): salire e scendere dai marciapiedi, andare in contromano, più altri benefit come “fare il pelo alle vecchiette”, che naturalmente mi valse un centinaio buono di insulti per l’evidenza della maleducazione. Si trattava naturalmente di modestissima provocazione, alla quale non avevo allegato il mio personalissimo bilancio dopo almeno vent’anni di ciclo-professionismo: zero incidenti (sia personali che altrui), massimo rispetto per i pedoni quando si “invadono” i suoi spazi, ma altrettanta consapevolezza sulla necessità assoluta di salvaguardare la propria vita, che nelle grandi città significa sottrarsi il più possibile alla totale insensibilità di grande parte degli automobilisti per un mezzo povero come la bicicletta. Il contrappasso di questa condizione mi è parso luminoso questa estate quando, in una piccola località marina, procedendo con la bicicletta su un larghissimo marciapiede perché la strada era molto stretta e pericolosa, sono stato invitato da una vigilessa a scendere. Ne ho fatto una questione di diritti umani, ho rivendicato la liceità di infrangere le regole, quando la propria vita è in pericolo e non è tutelata dalle istituzioni. Non l’ho convinta ma ne è rimasta colpita.
Sono rimasto basito, dunque, quando stamattina mi è capitata a tiro un’intera pagina di Repubblica, con richiamo in prima, che poneva al centro dell’attenzione sociale il problema della bicicletta e dei suoi guidatori ma da una condizione paradossalmente rovesciata: gli accusati saremmo noi! Per cui un tal Pietro Gagliardi, dell’Unione Artigiana Taxi, dice: «I ciclisti sono pericolo soprattutto per se stessi, dovrebbero essere estromessi dalle corsie preferenziali che sono a scorrimento veloce». Gagliardo il Gagliardi! (cosa dovremmo aspettare, la mega-futuribile-ciclabile di Norman Forster?) Racconta sempre Repubblica che stanno nascendo come funghi “comitati di residenti e negozianti che raccolgono firme per chiedere che non siano più costruite piste ciclabili”. Questi qui vivono proprio su Papalla, le piste ciclabili non esistono e loro già si impegnano per il futuro. C’è poi il presidente di Assoedilizia, Achille Colombo Clerici, che almeno dice una cosa di buon senso, come la necessità di un segno identificativo per i ciclisti. Lascio stare per carità di patria quei poveri mentecatti che su FB istigavano a “investire i ciclisti che non usano la pista ciclabile”, gruppo social che è stato chiuso dai moderatori.
Il clima è questo, cari lettori, è la guerra tra poveri è operazione perfettamente riuscita: ci si scanna tra deboli (pedoni-ciclisti), si sposta l’attenzione sulle fasce meno protette per evitare di porsi davvero il problema della mobilità e della sicurezza in città. È un po’ il clima che si è creato negli stadi italiani, dove ormai è un mezzo miracolo vedere una famiglia con bambini che assiste alleramente a una partita di calcio. Lo stesso in bicicletta: ma chi sarebbe così folle da trascinare i propri figli nell’inferno di una metropoli? Peccato, perché la bicicletta non è più soltanto un mezzo turistico, di svago, ma – almeno in Europa – è entrata a buon diritto nell’economia sociale delle professioni come nobilissimo mezzo di trasporto al pari di bus e macchine. Peccato, perché quel record storico delle vendite, per la prima volta più biciclette di autovetture, è destinato malinconicamente a esaurirsi, sino a morire sull’ultima pista ciclabile disponibile.
Michele Fusco
Giornalista
Cronaca - 29 Ottobre 2014
Milano, Pisapia e i paradossi del ciclista
Intanto, una prima considerazione. Mi sono chiesto se è lo stesso sindaco che non più tardi di un mese fa, insieme a colleghi di altre città italiane, aveva protestato e vivacemente per la mancata attuazione di una norma che è regola in buona parte dell’Europa civilizzata e sensibile allo sviluppo sulle due ruote: il senso unico eccetto bici. Che è esattamente la creazione di una striscia ciclabile, laddove esistano gli spazi vitali, nelle vie a unico senso di marcia. In “vulgaris” andare contromano.
La seconda considerazione, a beneficio dei lettori, è del tutto personale e rimanda a un post di qualche settimana fa in cui confessavo candidamente i miei peccati di ciclista professionista (è il mio unico mezzo di locomozione nella metropoli tentacolare): salire e scendere dai marciapiedi, andare in contromano, più altri benefit come “fare il pelo alle vecchiette”, che naturalmente mi valse un centinaio buono di insulti per l’evidenza della maleducazione. Si trattava naturalmente di modestissima provocazione, alla quale non avevo allegato il mio personalissimo bilancio dopo almeno vent’anni di ciclo-professionismo: zero incidenti (sia personali che altrui), massimo rispetto per i pedoni quando si “invadono” i suoi spazi, ma altrettanta consapevolezza sulla necessità assoluta di salvaguardare la propria vita, che nelle grandi città significa sottrarsi il più possibile alla totale insensibilità di grande parte degli automobilisti per un mezzo povero come la bicicletta. Il contrappasso di questa condizione mi è parso luminoso questa estate quando, in una piccola località marina, procedendo con la bicicletta su un larghissimo marciapiede perché la strada era molto stretta e pericolosa, sono stato invitato da una vigilessa a scendere. Ne ho fatto una questione di diritti umani, ho rivendicato la liceità di infrangere le regole, quando la propria vita è in pericolo e non è tutelata dalle istituzioni. Non l’ho convinta ma ne è rimasta colpita.
Sono rimasto basito, dunque, quando stamattina mi è capitata a tiro un’intera pagina di Repubblica, con richiamo in prima, che poneva al centro dell’attenzione sociale il problema della bicicletta e dei suoi guidatori ma da una condizione paradossalmente rovesciata: gli accusati saremmo noi! Per cui un tal Pietro Gagliardi, dell’Unione Artigiana Taxi, dice: «I ciclisti sono pericolo soprattutto per se stessi, dovrebbero essere estromessi dalle corsie preferenziali che sono a scorrimento veloce». Gagliardo il Gagliardi! (cosa dovremmo aspettare, la mega-futuribile-ciclabile di Norman Forster?) Racconta sempre Repubblica che stanno nascendo come funghi “comitati di residenti e negozianti che raccolgono firme per chiedere che non siano più costruite piste ciclabili”. Questi qui vivono proprio su Papalla, le piste ciclabili non esistono e loro già si impegnano per il futuro. C’è poi il presidente di Assoedilizia, Achille Colombo Clerici, che almeno dice una cosa di buon senso, come la necessità di un segno identificativo per i ciclisti. Lascio stare per carità di patria quei poveri mentecatti che su FB istigavano a “investire i ciclisti che non usano la pista ciclabile”, gruppo social che è stato chiuso dai moderatori.
Il clima è questo, cari lettori, è la guerra tra poveri è operazione perfettamente riuscita: ci si scanna tra deboli (pedoni-ciclisti), si sposta l’attenzione sulle fasce meno protette per evitare di porsi davvero il problema della mobilità e della sicurezza in città. È un po’ il clima che si è creato negli stadi italiani, dove ormai è un mezzo miracolo vedere una famiglia con bambini che assiste alleramente a una partita di calcio. Lo stesso in bicicletta: ma chi sarebbe così folle da trascinare i propri figli nell’inferno di una metropoli? Peccato, perché la bicicletta non è più soltanto un mezzo turistico, di svago, ma – almeno in Europa – è entrata a buon diritto nell’economia sociale delle professioni come nobilissimo mezzo di trasporto al pari di bus e macchine. Peccato, perché quel record storico delle vendite, per la prima volta più biciclette di autovetture, è destinato malinconicamente a esaurirsi, sino a morire sull’ultima pista ciclabile disponibile.
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La Camera respinge la sfiducia a Santanchè: “Sulle dimissioni rifletterò”. Conte: “Siete responsabili di un disastro morale”. Schlein: “Meloni ancora in fuga”
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Tel Aviv, 25 feb. (Adnkronos) - Ofri Bibas, sorella dell'ostaggio liberato Yarden Bibas, ha criticato duramente il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, nonché i notiziari, gli utenti dei social media e i diplomatici pubblici, per aver descritto in dettaglio, contro la volontà della famiglia, gli omicidi avvenuti durante la prigionia della moglie di Yarden, Shiri, e dei suoi figli piccoli Ariel e Kfir. Pubblicare tali informazioni nonostante le ripetute richieste della famiglia è stato "un abuso fine a se stesso nei confronti di una famiglia che ha attraversato 16 mesi di inferno e che deve ancora affrontare il peggio", ha sritto Ofri Bibas su Facebook.
Netanyahu ha descritto l'omicidio dei ragazzi in modo molto dettagliato in un discorso tenuto davanti all'America Israel Public Action Committee e, mentre teneva in mano una foto delle vittime, durante una cerimonia militare tenutasi ieri, in seguito alla quale, la famiglia Bibas ha inviato una lettera di diffida a Netanyahu e ad altri uffici governativi, chiedendo loro di smettere di pubblicare dettagli non approvati sugli omicidi, riporta il sito di notizie Ynet.
Washington, 25 feb. (Adnkronos) - "Questa decisione lacera l'indipendenza di una stampa libera negli Stati Uniti". Lo ha detto il presidente della White House Correspondents' Association Eugene Daniels, criticando l'amministrazione del presidente degli Stati Uniti Donald Trump per aver affermato che d'ora in poi sarà lei stessa a decidere quali giornalisti potranno seguire gli eventi della Casa Bianca. "In un paese libero, i leader non devono scegliere le testate" da accreditare, ha aggiunto.
Washington, 25 feb. (Adnkronos) - La portavoce della Casa Bianca, Karoline Leavitt, ha dichiarato durante il briefing di oggi che l'amministrazione determinerà quali organi di stampa faranno parte del pool stampa della Casa Bianca. Attualmente la White House Correspondents Association aiuta a coordinare la copertura del pool.
La Leavitt ha affermato che alle "testate tradizionali" sarà comunque consentito di unirsi al pool, ma ha osservato che l'amministrazione consentirà l'adesione anche ad altri siti. "Sono orgogliosa di annunciare che restituiremo il potere alle persone che leggono i vostri giornali, che guardano i vostri programmi televisivi e che ascoltano le vostre stazioni radio", ha aggiunto.
(Adnkronos) - L'indagine su Twitter International Uk vede due indagati - si tratta di due ex amministratori (un irlandese e un indiano) - che si sono succeduti negli ultimi anni alla guida del social poi rilevato da Elon Musk a fine 2022. L'indagine nasce da un controllo fiscale della Gdf, concluso ad aprile 2024, proprio sulla piattaforma americana, che oggi si chiama 'X', sulla scia delle stesse verifiche fatte su Meta. Il fascicolo è affidato dal pm Giovanni Polizzi, già protagonista di altre indagini sui colossi del web.
Il punto centrale del fascicolo affidato a Polizzi, lo stesso che si è occupato dell'inchiesta su Meta, è l'idea che debbano essere tassate come transazioni commerciali le iscrizioni gratuite alle piattaforme online in cambio della cessione dei propri dati personali, che hanno un valore economico, visto che consentono la profilazione degli utenti.
Solo lo scorso dicembre la procura di Milano ha notificato l'avviso di conclusione delle indagini preliminari nei confronti dei rappresentanti legali della società di diritto irlandese Meta, titolare dei social Facebook e Instagram. L'inchiesta - ancora aperta - ipotizza per il colosso l'omessa dichiarazione e mancato pagamento - tra il 2015 e il 2021 - dell'Iva per un totale di oltre 877 milioni di euro.
Washington, 25 feb. (Adnkronos) - La Casa Bianca attribuisce il grosso livido sulla mano destra di Donald Trump, che era visibile durante l'incontro di ieri con il presidente francese Emmanuel Macron, alle strette di mano del presidente americano.
"Il presidente Trump è un uomo del popolo", ha affermato la portavoce della Casa Bianca Karoline Leavitt, aggiungendo: "Il suo impegno è incrollabile e lo dimostra ogni singolo giorno. Il presidente Trump ha lividi sulla mano perché lavora costantemente e stringe mani tutto il giorno, tutti i giorni".
Roma, 25 feb. (Adnkronos) - Sono due i momenti della replica di Daniela Santanchè sottolineati dalle opposizioni, che oggi hanno votato compatte la mozione di sfiducia alla ministra del Turismo. Il primo quello sull''intemerata' del tacco 12 e il glamour, della sinistra che odia la ricchezza. Un tentativo di 'buttarla in caciara' e uscire dal merito, grave, della vicenda, dicono le opposizioni. L'altro passaggio è meno di colore e più inquietante, sostengono, ed è quando la ministra ha detto che alla prossima udienza valuterà le dimissioni "ma lo farò da sola - ha scandito- con me stessa, senza nessuna costrizione e forzatura". Una sottolineatura che, secondo le opposizioni, è un chiaro messaggio a Giorgia Meloni. E fa crescere l'interrogativo: perché la premier Meloni si fa trattare in questo modo? E' la domanda dei parlamentari di minoranza in Transatlantico.
Giuseppe Conte intervenendo in aula nelle dichiarazioni di voto ha dato una sua versione: "Ci sono solo due plausibili spiegazioni. La prima è che lei, Santanchè, ricatta Meloni. Può darsi che all'opposizione abbiate condiviso segreti che oggi mettono in imbarazzo la presidente del Consiglio e allora comprenderemmo perché ogni giorno Meloni dice che non è ricattabile... La seconda è che Fdi dopo aver avuto come motto 'legge e ordine', oggi che siete al potere si sentite casta intoccabile. Il caso Delmastro è l'esempio di questa vostra convinzione di essere al di sopra della legge".
Anche Elly Schlein si rivolge alla premier Meloni: "Cosa le impedisce di far dimettere Santanchè? Come è possibile accettare in silenzio, dopo che Santanchè ha detto che del pressing di Fdi se ne frega, che lei e solo lei decide se dimettersi come se non esistesse una presidente del Consiglio?". E insiste: "Meloni è stata campionessa mondiale di richieste di dimissioni e oggi ha disertato quest'aula, come fa non vergognarsi della sua incoerenza, come fa a non rendersi conto di quanto sia vigliacco il suo atteggiamento di continua fuga da quest'aula e dalla realtà? Dove si è nascosta la premier? Forse sta registrando un altro video, un contributo da inviare a una convention fra motoseghe e saluti nazisti?".
Conte ribatte anche al passaggio 'tacco 12' della ministra: "Lei ha detto che odiamo la ricchezza, ma non dica baggianate, siete voi che avete fatto la guerra ai poveri, che odiate i poveri. Noi odiamo o meglio ancora contrastiamo, la disonestà". Una questione, quella dei tacchi e delle borsette, che fa sbottare Schlein: "Lei viene qui a difendere le borsette, chi difende gli italiani dalla bollette? Noi non siamo qui per fare un processo ma per porre una gigantesca questione di opportunità politica: davanti ad accuse così gravi, per non ledere le istituzioni, avrebbe dovuto dimettersi".
La segretaria del Pd si rivolge quindi alla maggioranza: "Speriamo in un sussulto della maggioranza e dei singoli parlamentari. Se oggi salvate Santanchè dimostrate che a voi interessa difendere i vostri più che difendere l'onore delle istituzioni. Questa non è difesa nazionale, è difesa tribale". Per Elisabetta Piccolotti che interviene a nome di Avs, "il problema non è la ricchezza della ministra, il problema è che quando si è ricchi e non si pagano" gli stipendi ai lavoratori e si umiliano "le persone più povere".
Anche Iv, Più Europa e Azione che non avevano sottoscritto la mozione di sfiducia, hanno comunque dichiarato il voto a favore in aula. "Noi sappiamo che la mozione di sfiducia non sarà approvata, ma chiunque si è accorto che la ministra Santanchè non è sfiduciata da coloro che hanno presentato questa mozione ma dalla sua stessa maggioranza, dalla premier Meloni", dice Davide Faraone di Iv. Per Azione Antonio D'Alessio spiega: "Le mozioni di sfiducia non ci piacciono" e "la ministra non è colpevole fino a prova contraria" ma "è il quadro complessivo che finisce con il restituirci una politica rispetto alla quale scivolano via situazioni che non consentono una azione della ministra libera di condizionamenti". Linea simile a Riccardo Magi di Più Europa: "Per noi Santanché dovrebbe dimettersi" non per le questioni giudiziarie, ma "perché ha inanellato una serie di fallimenti da ministro". Intanto in serata l'aula ha respinto la sfiducia con 206 voti.
Londra, 25 feb. (Adnkronos/Afp) - Il primo ministro britannico Keir Starmer ha confermato che ospiterà colloqui sull'Ucraina con gli alleati nel fine settimana, dopo essere tornato dall'incontro con il presidente degli Stati Uniti Donald Trump alla Casa Bianca. "Ospiterò diversi paesi questo fine settimana per continuare a discutere di come procedere insieme come alleati alla luce della situazione che ci troviamo ad affrontare", ha detto ai giornalisti.