Doveva essere il nemico giurato numero uno. E invece il sindaco di Roma Ignazio Marino si trova nell’inattesa circostanza di diventarne il miglior alleato. Peraltro su un dossier spinoso come quello di Acea, la società capitolina dell’acqua e dell’energia di cui il Comune ha in mano il 51% e il costruttore Francesco Gaetano Caltagirone il 16,34 per cento. Marino vorrebbe far funzionare al meglio l’azienda e possibilmente ridurre la sua partecipazione a vantaggio dei conti del Campidoglio. Caltagirone punta a far crescere il gruppo. Possibilmente rilanciando sul tema degli investimenti infrastrutturali in cui il costruttore-editore ha importanti interessi attraverso la sua Vianini lavori. La quadratura del cerchio per entrambi l’ha trovata a Firenze il nuovo amministratore delegato di Acea, Alberto Irace, uomo molto vicino al premier Matteo Renzi.
E’ infatti in terra d’Arno che, come riportava l’edizione locale di Repubblica nelle scorse settimane, una parte del Partito democratico ha deciso di sostenere le nozze tra tre gestori idrici a maggioranza pubblica da portare successivamente in dote a Roma in cambio di una quota dell’azionariato di Acea che Marino è disponibile a cedere. Nozze non per niente favorite dalla norma, contenuta nella Legge di Stabilità, che prevede incentivi per l’aggregazione delle società di servizi pubblici locali. Nel dettaglio il Pd toscano sta spingendo per la fusione della fiorentina Publiacqua con la pisana Acque e la grossetano-senese Acquedotto del Fiora. Tutte aziende in cui Acea ha partecipazioni di minoranza accanto agli enti locali, che sono invece azionisti di peso. Se l’operazione dovesse andare in porto, nascerà un nuovo polo idrico che porterà l’acqua nelle case di 2,5 milioni di cittadini toscani distribuiti su 159 comuni fatturando circa 400 milioni.
Una volta effettuata l’aggregazione, gli enti pubblici lasceranno il controllo della nuova realtà industriale alla Acea e riceveranno in cambio tra il 10% e il 20% della multiutility romana direttamente dal Comune di Roma. In questo modo, il sindaco Marino potrà intascare denaro utile a sistemare i disastrati conti della Capitale e, al tempo stesso, stringere un patto con gli altri enti locali per il controllo della società mantenendo il 51% della multiutility in mani pubbliche. In più Acea, grazie all’emissione di due miliardi di obbligazioni, potrà investire la stessa cifra nelle infrastrutture idriche toscane che interessano non poco al socio Caltagirone, il quale qualche anno fa tentò di espandere l’impero dell’oro blu puntando all’Acquedotto Pugliese. D’altro canto non è un mistero per nessuno che la rete nazionale con un valore medio di dispersione di acqua potabile del 32% (contro il 13% dell’Unione europea) necessiti pesanti interventi in tutto il Paese. Non a caso l’Autorità per l’energia, il gas e le risorse idriche, ha parlato di un vero e proprio “deficit infrastrutturale” con un fabbisogno di investimenti, stimato a fine 2013, attorno ai 25 miliardi su cinque anni. Una torta importante cui sono evidentemente interessate società specializzate in infrastrutture come Vianini Lavori del gruppo Caltagirone, già al centro di polemiche per i ritardi e le irregolarità della Metro C di Roma. Ma anche altri grandi e potenti gruppi romani come Condotte della famiglia romana Bruno o Salini-Impregilo.
La partita insomma è particolarmente delicata. Ma è evidente che nell’acqua Acea, prima azienda italiana del settore con il 13,7% di quota di mercato nel 2013, è destinata a diventare un centro di aggregazione, come del resto aveva intuito anche l’ex ad Paolo Gallo, imposto dalla vecchia amministrazione Alemanno e poi defenestrato da Marino. Anche Irace ha grandi progetti per l’acqua di Acea. Per saperne di più bisognerà però attendere probabilmente la fine di novembre, quando Irace presenterà il nuovo piano industriale della multiutility capitolina. Ma i sindacati hanno già annusato aria di cambiamento: il nuovo management pare intenzionato a dire addio ai vecchi appalti di piccola taglia (intorno al milione di euro) per le infrastrutture idriche. Per il servizio idrico integrato (Ato) di Roma, che include anche la Ciociaria e Rieti, si tratterà per esempio, di un’unica maxi-commessa da 40 milioni che, con ogni probabilità, uscirà dall’orbita delle piccole imprese attualmente fornitrici sugli appalti idrici per entrare nell’area di interesse delle grandi aziende romane del settore. Un nuovo regalo, insomma, per i big del settore. Con buona pace di Marino e del suo risiko dell’acqua.