Scrive alla famiglia Cucchi per chiedere scusa “per questo oltraggio infinito, per questa deriva che non può rappresentare la totalità degli appartenenti alle forze di polizia, neppure quelli a cui, per regolamento, è precluso il diritto di indignarsi e di affrancarsi dalla convivenza col divieto di opinione”. L’Espresso pubblica la lettera di Francesco Nicito, agente della Questura di Bologna, che critica duramente le parole del segretario nazionale del Sap, Gianni Tonelli.
Poco dopo la sentenza della Corte d’Appello aveva infatti espresso “piena soddisfazione per l’assoluzione di tutti gli imputati” e dichiarato, riferendosi a Stefano Cucchi, che “se uno ha disprezzo della condizione di salute, se uno conduce una vita dissoluta, ne paga le conseguenze”. Quelle parole, secondo Nicito, sono state espresse “con una disinvoltura che abitualmente può trovare applicazione esclusivamente in uno stadio dove l’unica forma di dolore può derivare abitualmente da un goal mancato e non già dalla morte violenta di un giovane celebrata in un’aula di Giustizia“.
“Servo lo Stato da 26 anni – scrive Nicito nelle prime righe della lettera – soltanto grazie a un prudente disincanto che mi permette ancora di sopravvivere tra le pieghe di quel medesimo nulla costituito per lo più da ingiustizie, bugie, miserie umane, silenzi, paure, sofferenze”. Poi l’agente prosegue: “Intendo rompere quel silenzio cui si è condannati, quasi contrattualmente, da regolamenti di servizio che impongono e mitizzano l’obbedire tacendo, perché le parole pronunciate dal Segretario nazionale del Sap all’esito della pronuncia di assoluzione non restino consegnate anch’esse al fenomeno di cui sopra”, scrive Nicito.
“Queste parole – continua l’agente – in un contesto democratico che ne apprezzasse il loro peso, sortirebbero reazioni, conseguenze, interrogativi e dibattiti sul loro senso, sull’utilità e gli effetti di questa allegra scampagnata lessicale sul dolore di una famiglia nonché una minima inchiesta semantica sul concetto di vita dissoluta e al limite della legalità. Sarebbe da attendersi dal segretario la spiegazione su quanto realmente produca paura in questo Paese e se l’abuso di alcol e droghe sia causa di morte per lesioni e se vi sia qualcosa di più dissoluto di un diritto calpestato”.
Secondo Nicito, infine, “andrebbe preteso che ci chiarisse se quelle parole siano rappresentative di tutto l’universo della Polizia o invece siano la personale interpretazione di un dramma o la recensione di un abominio – aggiunge l’agente -. E, ancora, gli andrebbe richiesto se il silenzio seguito alle sue parole sia l’indicatore di un Paese dove domina sul diritto l’incertezza, sulla complessità della vita l’omologazione, sui drammi umani l’assenza di indignazione e l’ignavia”.
Il segretario del Sappe: “Cucchi abbandonato dalla famiglia” – La polemica sul caso Cucchi continua anche per voce di Donato Capece del Sappe. Il segretario del sindacato di polizia, che ha querelato la sorella della vittima, Ilaria, perché “istiga all’odio e al sospetto nei confronti dell’intera categoria di soggetti operanti nell’ambito del comparto sicurezza”, intervistato da La Zanzara su Radio 24, ha dichiarato che “Stefano Cucchi è stato abbandonato dalla famiglia, se lo avessero seguito più da vicino probabilmente l’avrebbero salvato da una cattiva strada, cioè lo spaccio della droga”.
Secondo Capece, “la famiglia doveva seguirlo meglio e recuperarlo, aveva bisogno di essere seguito dai familiari e non di essere abbandonato al suo destino. Quando è stato detenuto al Pertini – ha proseguito – io ero responsabile di quell’area e lui diceva di non voler aver niente a che fare con la sua famiglia. Aveva preso le distanze, parecchio. Come mai oggi la Cucchi si interessa tanto al fratello?”. I conduttori hanno chiesto a Capece a chi Stefano Cucchi avesse detto di voler stare lontano dalla famiglia. “Lo disse agli agenti che erano in servizio all’ospedale Pertini“, ha risposto. Ilaria e la famiglia sostengono che furono le botte a causare la morte: “L’ho denunciata perché offende la polizia penitenziaria, assolta due volte. Se avessero fatto più prevenzione e seguito il figlio invece di abbandonarlo, non avrebbe subito quei problemi”. Per quanto invece riguarda le lesioni, conclude il segretario del Sappe, “erano pregresse al momento dell’arresto. Sono fratture vecchie. E’ stato picchiato, ma probabilmente prima”.