Non è più il tempo delle ramazze colorate con il Sole delle Alpi. La Lega Nord preferisce l’oblio, ora che nei sondaggi cavalca come Furia e nessuno si ricorda più della storiaccia legata al nome dell’ex tesoriere Francesco Belsito, accusato di frequentazioni con gente poco raccomandabile e soprattutto di aver trasformato i soldi dei rimborsi elettorali del partito in investimenti a Cipro e in Tanzania, ma anche in diamanti. Il segretario Matteo Salvini ha dato mandato agli avvocati che rappresentano il Carroccio di revocare la costituzione di parte civile nel processo che vede imputato il suo vecchio cassiere. I motivi sono due, spiega Salvini: il primo, “sono cose che fanno parte del passato”; il secondo, spiacerebbe, al leader della Lega candidato a diventare il nuovo capo dell’intero centrodestra, “intasare i tribunali andando a chiedere quattrini che certa gente neppure ha: in ogni caso noi non possiamo spendere soldi e perdere tempo in cause che durano anni”. Dunque i legali della Lega non presenzieranno ai processi di Milano e Genova in cui l’ex amministratore Belsito dovrà rispondere della distrazione dei soldi raccolti legalmente dal partito per fare cose che con un partito non c’entravano nulla. Gli avvocati del Carroccio escono da tutti i dibattimenti: non faranno domande, non potranno formulare richieste ai giudici al momento delle conclusioni, non potranno far valere la voce del partito e soprattutto non potranno tentare di recuperare il maltolto, interamente o in parte che sia. Sarà come dice Salvini – cioè che è un processo quasi inutile per il Carroccio – ma la decisione ha sorpreso perfino il suo predecessore che sull’onda dello scandalo diventò segretario federale quasi per acclamazione, Roberto Maroni: “Ho letto questa cosa, voglio sentire Salvini su questo punto”. A Piacenza più tardi incalza: “Parlerò con Salvini – risponde a una domanda di Piacenza24.eu – voglio capire perché ha preso questa decisione visto che noi c’eravamo costituiti. Avrà le sue buone ragioni, immagino”.
Fu lui, Maroni, a salire sul palco della fiera “dell’orgoglio leghista” con in mano la ramazza vecchio stile. Era l’aprile 2012.
Salvini questa ventata di freschezza piacque tantissimo. Proprio a Bergamo diceva: “Noi vogliamo soprattutto pulizia e trasparenza e chi non è in grado di garantirli esce dalla Lega”. Pochi giorni prima assicurava: “Tutti in Lega vogliono trasparenza e pretendono chiarimenti su qualsiasi centesimo di euro usato. Ci fidiamo uno dell’altro ma se qualcuno abusa di questa fiducia si butta giù dalla finestra“. Consultò senza esitazioni il meglio del dizionario leghista: “Se qualcuno in Lega sbaglia lo prendiamo a calci nel sedere“. Un anno dopo Belsito fu arrestato. “Per fortuna è soltanto una pagina, una brutta pagina, di un passato che non ritornerà” giurava Salvini quel giorno su facebook. Da allora, aggiungeva “la Lega ha cambiato, ha ripulito, è ripartita e sta lavorando bene”. Poi, ha concluso, “chi ha sbagliato ha pagato o pagherà, la Lega lavora per il futuro. Anzi, alla faccia dei gufi, la Lega è il futuro”.
Maroni: “Sentirò Salvini, perché noi avevamo deciso di farlo. Avrà le sue buone ragioni, immagino”
Ma anche Salvini, come tutti i dirigenti della Lega Nord, finì tra i racconti di Belsito, negli interrogatori davanti ai magistrati. Circostanze sulle quali i pm non trovarono riscontro e infatti il segretario non è mai stato indagato. L’ex cassiere parlò in particolare di presunti fondi neri: “Il nero che gli imprenditori versavano venva utilizzato a volte per la campagna elettorale dagli esponenti politici e veniva gestito senza passare dalle casse del partito”. “Ricordo – disse Belsito – che Bonini, in quota Lega alla Sea (Giuseppe Bonomi è un ex deputato leghista mentre la Sea è la società che gestisce gli aeroporti milanesi, ndr), diede in contanti 20mila euro a Salvini. Salvini, per sanare i suoi obblighi verso la Lega, intendeva girare al partito questa somma, cosa che non mi risulta sia avvenuta”. “Fango, fango fango, non ho parole, sono palle, del resto i magistrati hanno già archiviato…” reagì furibondo il segretario. Disse anche che avrebbe querelato “perché qualche querela ogni tanto fa bene”. Non è noto che fine abbia fatto la querela di Salvini a Belsito, ma se l’approccio è lo stesso il percorso giudiziario potrebbe essersi già concluso.
Ora il contrordine. La moralità perduta secondo i vertici della Lega è evidentemente già stata riconquistata, nonostante il partito non abbia fatto valere una propria posizione né nei confronti di Belsito né nei confronti di Umberto Bossi e i figli Renzo e Riccardo, rinviati a giudizio con citazione diretta con l’accusa di appropriazione indebita per le presunte spese personali con i fondi della Lega. La parte del procedimento che riguarda, invece, la presunta truffa sui rimborsi elettorali ai danni dello Stato da circa 40 milioni di euro è stata trasmessa a Genova per competenza territoriale. In questo filone sono imputati il Senatur, tre ex componenti del comitato di controllo di secondo livello della Lega (Stefano Aldovisi, Diego Sanavio e Antonio Turci) e ancora Belsito.
Giustizia & Impunità
Lega Nord, non vuole più soldi da Belsito per lo scandalo fondi: no a parte civile
La revoca al mandato degli avvocati dentro il processo all'ex tesoriere decisa dal segretario Salvini: "Chiedere soldi a chi non li ha è una perdita di tempo e poi sono cose che fanno parte del passato". Ma nel 2012, nelle settimane delle ramazze sul palco delle feste del Carroccio, parlava di calci nel sedere e defenestramenti a chi "abusa della fiducia"
Non è più il tempo delle ramazze colorate con il Sole delle Alpi. La Lega Nord preferisce l’oblio, ora che nei sondaggi cavalca come Furia e nessuno si ricorda più della storiaccia legata al nome dell’ex tesoriere Francesco Belsito, accusato di frequentazioni con gente poco raccomandabile e soprattutto di aver trasformato i soldi dei rimborsi elettorali del partito in investimenti a Cipro e in Tanzania, ma anche in diamanti. Il segretario Matteo Salvini ha dato mandato agli avvocati che rappresentano il Carroccio di revocare la costituzione di parte civile nel processo che vede imputato il suo vecchio cassiere. I motivi sono due, spiega Salvini: il primo, “sono cose che fanno parte del passato”; il secondo, spiacerebbe, al leader della Lega candidato a diventare il nuovo capo dell’intero centrodestra, “intasare i tribunali andando a chiedere quattrini che certa gente neppure ha: in ogni caso noi non possiamo spendere soldi e perdere tempo in cause che durano anni”. Dunque i legali della Lega non presenzieranno ai processi di Milano e Genova in cui l’ex amministratore Belsito dovrà rispondere della distrazione dei soldi raccolti legalmente dal partito per fare cose che con un partito non c’entravano nulla. Gli avvocati del Carroccio escono da tutti i dibattimenti: non faranno domande, non potranno formulare richieste ai giudici al momento delle conclusioni, non potranno far valere la voce del partito e soprattutto non potranno tentare di recuperare il maltolto, interamente o in parte che sia. Sarà come dice Salvini – cioè che è un processo quasi inutile per il Carroccio – ma la decisione ha sorpreso perfino il suo predecessore che sull’onda dello scandalo diventò segretario federale quasi per acclamazione, Roberto Maroni: “Ho letto questa cosa, voglio sentire Salvini su questo punto”. A Piacenza più tardi incalza: “Parlerò con Salvini – risponde a una domanda di Piacenza24.eu – voglio capire perché ha preso questa decisione visto che noi c’eravamo costituiti. Avrà le sue buone ragioni, immagino”.
Fu lui, Maroni, a salire sul palco della fiera “dell’orgoglio leghista” con in mano la ramazza vecchio stile. Era l’aprile 2012.
Salvini questa ventata di freschezza piacque tantissimo. Proprio a Bergamo diceva: “Noi vogliamo soprattutto pulizia e trasparenza e chi non è in grado di garantirli esce dalla Lega”. Pochi giorni prima assicurava: “Tutti in Lega vogliono trasparenza e pretendono chiarimenti su qualsiasi centesimo di euro usato. Ci fidiamo uno dell’altro ma se qualcuno abusa di questa fiducia si butta giù dalla finestra“. Consultò senza esitazioni il meglio del dizionario leghista: “Se qualcuno in Lega sbaglia lo prendiamo a calci nel sedere“. Un anno dopo Belsito fu arrestato. “Per fortuna è soltanto una pagina, una brutta pagina, di un passato che non ritornerà” giurava Salvini quel giorno su facebook. Da allora, aggiungeva “la Lega ha cambiato, ha ripulito, è ripartita e sta lavorando bene”. Poi, ha concluso, “chi ha sbagliato ha pagato o pagherà, la Lega lavora per il futuro. Anzi, alla faccia dei gufi, la Lega è il futuro”.
Ma anche Salvini, come tutti i dirigenti della Lega Nord, finì tra i racconti di Belsito, negli interrogatori davanti ai magistrati. Circostanze sulle quali i pm non trovarono riscontro e infatti il segretario non è mai stato indagato. L’ex cassiere parlò in particolare di presunti fondi neri: “Il nero che gli imprenditori versavano venva utilizzato a volte per la campagna elettorale dagli esponenti politici e veniva gestito senza passare dalle casse del partito”. “Ricordo – disse Belsito – che Bonini, in quota Lega alla Sea (Giuseppe Bonomi è un ex deputato leghista mentre la Sea è la società che gestisce gli aeroporti milanesi, ndr), diede in contanti 20mila euro a Salvini. Salvini, per sanare i suoi obblighi verso la Lega, intendeva girare al partito questa somma, cosa che non mi risulta sia avvenuta”. “Fango, fango fango, non ho parole, sono palle, del resto i magistrati hanno già archiviato…” reagì furibondo il segretario. Disse anche che avrebbe querelato “perché qualche querela ogni tanto fa bene”. Non è noto che fine abbia fatto la querela di Salvini a Belsito, ma se l’approccio è lo stesso il percorso giudiziario potrebbe essersi già concluso.
Ora il contrordine. La moralità perduta secondo i vertici della Lega è evidentemente già stata riconquistata, nonostante il partito non abbia fatto valere una propria posizione né nei confronti di Belsito né nei confronti di Umberto Bossi e i figli Renzo e Riccardo, rinviati a giudizio con citazione diretta con l’accusa di appropriazione indebita per le presunte spese personali con i fondi della Lega. La parte del procedimento che riguarda, invece, la presunta truffa sui rimborsi elettorali ai danni dello Stato da circa 40 milioni di euro è stata trasmessa a Genova per competenza territoriale. In questo filone sono imputati il Senatur, tre ex componenti del comitato di controllo di secondo livello della Lega (Stefano Aldovisi, Diego Sanavio e Antonio Turci) e ancora Belsito.
Il potere dei segreti
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Ucraina, summit a Parigi: Meloni frena sull’invio di truppe. E Scholz: “Sbagliato parlare di militari Ue sul terreno”. Starmer: “Per la pace vitali le garanzie Usa”
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Meloni, a quanto si apprende, ha sottolineato di aver voluto essere presente per non rinunciare a portare il punto di vista dell’Italia, ma di avere espresso le sue perplessità riguardo un formato che, a suo giudizio, esclude molti Paesi, a partire da quelle più esposti al rischio di estensione del conflitto, anziché includere, come sarebbe opportuno fare in una fase storica come questa. Anche perché, avrebbe rimarcato la premier, la guerra in Ucraina l’abbiamo pagata tutti.
Per l'Italia le questioni centrali rimangono le garanzie di sicurezza per l’Ucraina, perché senza queste ogni negoziato rischia di fallire. Quindi Meloni avrebbe rimarcato l'utilità di un confronto tra le varie ipotesi in campo, osservando come quella che prevede il dispiegamento di soldati europei in Ucraina appaia come la più complessa e forse la meno efficace. Una strada su cui l'Italia avrebbe mostrato le sue perplessità al tavolo.
Secondo Meloni, a quanto viene riferito, andrebbero esplorate altre strade che prevedano il coinvolgimento anche degli Stati Uniti, perché è nel contesto euro-atlantico che si fonda la sicurezza europea e americana. La premier avrebbe definito una sferzata sul ruolo dell'Europa quella lanciata dall'amministrazione Usa ma ricordando che prima di questa analoghe considerazioni sono state già state fatte da importanti personalità europee. È una sfida, avrebbe quindi sottolineato, per essere più concreti e concentrarsi sulle cose davvero importanti, come la necessità di difendere la nostra sicurezza a 360 gradi, i nostri confini, i nostri cittadini, il nostro sistema produttivo.
Secondo la presidente del Consiglio sono i cittadini europei a chiederlo: non dobbiamo chiederci cosa gli americani possono fare per noi, ma cosa noi dobbiamo fare per noi stessi.
Meloni avrebbe quindi rimarcato come il formato del summit all'Eliseo non vada considerato come un formato anti-Trump. Tutt’altro. Gli Stati Uniti lavorano a giungere ad una pace in Ucraina e noi dobbiamo fare la nostra parte, la sollecitazione della premier italiana. Meloni infine, sempre a quanto si apprende, avrebbe manifestato condivisione per il senso della parole del Vice Presidente degli Stati Uniti Vance, ricordando di aver espresso concetti simili in precedenza. Ancora prima di garantire la sicurezza in Europa, avrebbe sottolineato Meloni, è necessario sapere che cosa stiamo difendendo.
Parigi, 17 feb. (Adnkronos/Afp) - "La Russia minaccia tutta l'Europa". Lo ha detto la premier danese Mette Frederiksen dopo i colloqui di emergenza a Parigi sul cambiamento di politica degli Stati Uniti sulla guerra in Ucraina.
La guerra in Ucraina riguarda i "sogni imperialisti di Mosca, di costruire una Russia più forte e più grande, e non credo che si fermeranno in Ucraina", ha detto ai giornalisti, mettendo in guardia gli Stati Uniti dai tentativi di concordare un cessate il fuoco "rapido" che darebbe alla Russia la possibilità di "mobilitarsi di nuovo, attaccare l'Ucraina o un altro paese in Europa".
Parigi, 17 feb. (Adnkronos) - "Oggi a Parigi abbiamo ribadito che l'Ucraina merita la pace attraverso la forza. Una pace rispettosa della sua indipendenza, sovranità, integrità territoriale, con forti garanzie di sicurezza. L'Europa si fa carico della sua intera quota di assistenza militare all'Ucraina. Allo stesso tempo abbiamo bisogno di un rafforzamento della difesa in Europa". Lo ha scritto su X la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen.