Nella tragedia di milioni di persone che perdono il posto di lavoro e ancor di più di persone che non possono evitare, a causa di una crisi che sembra non finire mai, una discesa sempre più rapida verso la fascia di povertà, c’è ben poco da ridere. Però è vero che se John Maynard Keynes potesse essere qui a vedere gli spropositi che combinano gli attuali economisti nel campo della macroeconomia (che lui per primo ha definito nella sua rilevanza), potrebbe davvero permettersi almeno un sorrisino di compassione verso questi presuntuosi macroeconomisti-pressapochisti del ventunesimo secolo. Come si può infatti sperare di risolvere una così grave crisi economica facendo esattamente il contrario di quello che l’esperienza aveva insegnato dopo gli errori commessi negli anni 30, e che proprio lui, Keynes, aveva esattamente individuato e insegnato a tutti?

Anche allora la crisi era scoppiata a causa degli eccessi dei banchieri, della borsa e delle transazioni commerciali finite fuori controllo. Con un cambio fisso delle principali monete, legate alla riserva aurea, che nelle fasi acute delle crisi si trasformava per tutti i paesi da ancora di salvataggio a cappio per l’impiccagione.
Ma fu proprio Keynes a capire per primo che l’economia di uno Stato non può funzionare come il piccolo bilancio dell’artigiano, che quando si accorge di essersi troppo indebitato procede con determinazione a tagliare ogni spesa che non sia assolutamente indispensabile. Il paradosso è che per lo Stato la politica del risparmio produce un effetto contrario a quello desiderato, perché i guadagni e le spese avvengono tutti nello stesso cerchio, quindi ogni taglio di spesa non compensato da un analogo incremento di spesa in qualcosa di diverso, diventa inevitabilmente una riduzione del Pil e una spinta verso la crisi.
Keynes ha subito notato infatti che, a causa dei tagli attuati dai governi dell’epoca (americani ed europei), le compagnie, incluso quelle che non erano state toccate seriamente dalla crisi, per semplice motivo di prudenza preferivano non spendere, non investire. Quindi, per una economia che non era statalista ma privatista, il risultato poteva trasformarsi in una sconfitta grave per il sistema capitalista. Eppure, giudicandolo dal punto di vista delle imprese, questo era un comportamento assolutamente virtuoso. Solo che se lo fanno tutti assieme l’economia si avvita, le fabbriche chiudono, i disoccupati aumentano e… si instaura un ciclo depressivo sempre più ampio e sempre più difficile da contrastare.
Keynes lo ha capito e ha perciò individuato nello Stato l’unico soggetto capace di spezzare questo cerchio negativo. Se i privati si rifiutano di spendere deve farlo lo Stato!
Sono due (grossomodo) le azioni che uno Stato può avviare per sostenere l’economia in crisi: tagliando le tasse oppure aumentando le spese. Entrambe sono state ampiamente perseguite in tutte le crisi che periodicamente hanno colpito le economie dei vari Paesi, ma in quest’ultima crisi, già gravissima di suo per l’estensione globale, sono accaduti contemporaneamente due fatti che hanno impedito ai rimedi suggeriti da Keynes di funzionare.
Da un lato gli ampi risparmi fiscali concessi alle imprese (per ora non molto in Italia) hanno consentito l’accumulo di immense somme nell’area privata, con utili record delle imprese nell’ultimo triennio, che però sono stati solo molto parzialmente reinvestiti sul proprio territorio nazionale. Dall’altro lato, sia in America che in Europa, sono stati applicati controproducenti tetti al debito statale la cui unica funzione seria sembra essere proprio quella di impedire ai governi di “sinistra” di intervenire secondo l’insegnamento di Keynes.
Così tra austerity, “tetti al debito” e delocalizzazioni siamo arrivati alla depressione. Dicevano che il risanamento a tappe forzate (cioè la stessa cura che ha causato la depressione degli anni Trenta) avrebbe restaurato la fiducia degli investitori. Qualcuno l’ha vista? Eppure è arcinoto che un po’ d’inflazione avrebbe fatto molto bene in casi come questo. Se avessero lasciato al governo europeo disponibilità di spendere subito massicciamente in azioni mirate, adesso non ci sarebbe nessuna crisi in Europa, e quel po’ d’inflazione che si sarebbe generata in eccesso al 2% programmato sarebbe già stato recuperato alzando i tassi in progressione ravvicinata (come ha fatto Alan Greenspan nel 2001 negli Usa e come fanno tutti i banchieri centrali del mondo in casi analoghi).
Keynes però potrebbe ridere di questi sciagurati macro-economisti se fossero degli sprovveduti, ma più ci si addentra nell’analisi di questa situazione e più forte diventa il sospetto che non ci sia niente di casuale:
– I repubblicani negli Usa, da sei anni non fanno altro che ostruzionismo alle politiche espansive di Obama per uscire dalla crisi, e adesso sono stati finalmente premiati con una vittoria schiacciante alle elezioni.
– In Europa l’austerità e le politiche economiche suicide ci hanno regalato l’entrata in depressione. Ma la Germania è salita in cattedra e i governi di destra (e in Italia anche di sinistra) stanno riuscendo in tutta Europa a fare riforme che, in periodo di vigore economico, non sarebbero mai riusciti, non dico a fare, ma nemmeno a proporre.
Dallas, Texas
Roberto Marchesi
Politologo, studioso di macroeconomia
Economia & Lobby - 9 Novembre 2014
Crisi, le teorie economiche di cui Keynes riderebbe. E se non fossero casuali?
Nella tragedia di milioni di persone che perdono il posto di lavoro e ancor di più di persone che non possono evitare, a causa di una crisi che sembra non finire mai, una discesa sempre più rapida verso la fascia di povertà, c’è ben poco da ridere. Però è vero che se John Maynard Keynes potesse essere qui a vedere gli spropositi che combinano gli attuali economisti nel campo della macroeconomia (che lui per primo ha definito nella sua rilevanza), potrebbe davvero permettersi almeno un sorrisino di compassione verso questi presuntuosi macroeconomisti-pressapochisti del ventunesimo secolo. Come si può infatti sperare di risolvere una così grave crisi economica facendo esattamente il contrario di quello che l’esperienza aveva insegnato dopo gli errori commessi negli anni 30, e che proprio lui, Keynes, aveva esattamente individuato e insegnato a tutti?
Anche allora la crisi era scoppiata a causa degli eccessi dei banchieri, della borsa e delle transazioni commerciali finite fuori controllo. Con un cambio fisso delle principali monete, legate alla riserva aurea, che nelle fasi acute delle crisi si trasformava per tutti i paesi da ancora di salvataggio a cappio per l’impiccagione.
Ma fu proprio Keynes a capire per primo che l’economia di uno Stato non può funzionare come il piccolo bilancio dell’artigiano, che quando si accorge di essersi troppo indebitato procede con determinazione a tagliare ogni spesa che non sia assolutamente indispensabile. Il paradosso è che per lo Stato la politica del risparmio produce un effetto contrario a quello desiderato, perché i guadagni e le spese avvengono tutti nello stesso cerchio, quindi ogni taglio di spesa non compensato da un analogo incremento di spesa in qualcosa di diverso, diventa inevitabilmente una riduzione del Pil e una spinta verso la crisi.
Keynes ha subito notato infatti che, a causa dei tagli attuati dai governi dell’epoca (americani ed europei), le compagnie, incluso quelle che non erano state toccate seriamente dalla crisi, per semplice motivo di prudenza preferivano non spendere, non investire. Quindi, per una economia che non era statalista ma privatista, il risultato poteva trasformarsi in una sconfitta grave per il sistema capitalista. Eppure, giudicandolo dal punto di vista delle imprese, questo era un comportamento assolutamente virtuoso. Solo che se lo fanno tutti assieme l’economia si avvita, le fabbriche chiudono, i disoccupati aumentano e… si instaura un ciclo depressivo sempre più ampio e sempre più difficile da contrastare.
Keynes lo ha capito e ha perciò individuato nello Stato l’unico soggetto capace di spezzare questo cerchio negativo. Se i privati si rifiutano di spendere deve farlo lo Stato!
Sono due (grossomodo) le azioni che uno Stato può avviare per sostenere l’economia in crisi: tagliando le tasse oppure aumentando le spese. Entrambe sono state ampiamente perseguite in tutte le crisi che periodicamente hanno colpito le economie dei vari Paesi, ma in quest’ultima crisi, già gravissima di suo per l’estensione globale, sono accaduti contemporaneamente due fatti che hanno impedito ai rimedi suggeriti da Keynes di funzionare.
Da un lato gli ampi risparmi fiscali concessi alle imprese (per ora non molto in Italia) hanno consentito l’accumulo di immense somme nell’area privata, con utili record delle imprese nell’ultimo triennio, che però sono stati solo molto parzialmente reinvestiti sul proprio territorio nazionale. Dall’altro lato, sia in America che in Europa, sono stati applicati controproducenti tetti al debito statale la cui unica funzione seria sembra essere proprio quella di impedire ai governi di “sinistra” di intervenire secondo l’insegnamento di Keynes.
Così tra austerity, “tetti al debito” e delocalizzazioni siamo arrivati alla depressione. Dicevano che il risanamento a tappe forzate (cioè la stessa cura che ha causato la depressione degli anni Trenta) avrebbe restaurato la fiducia degli investitori. Qualcuno l’ha vista? Eppure è arcinoto che un po’ d’inflazione avrebbe fatto molto bene in casi come questo. Se avessero lasciato al governo europeo disponibilità di spendere subito massicciamente in azioni mirate, adesso non ci sarebbe nessuna crisi in Europa, e quel po’ d’inflazione che si sarebbe generata in eccesso al 2% programmato sarebbe già stato recuperato alzando i tassi in progressione ravvicinata (come ha fatto Alan Greenspan nel 2001 negli Usa e come fanno tutti i banchieri centrali del mondo in casi analoghi).
Keynes però potrebbe ridere di questi sciagurati macro-economisti se fossero degli sprovveduti, ma più ci si addentra nell’analisi di questa situazione e più forte diventa il sospetto che non ci sia niente di casuale:
– I repubblicani negli Usa, da sei anni non fanno altro che ostruzionismo alle politiche espansive di Obama per uscire dalla crisi, e adesso sono stati finalmente premiati con una vittoria schiacciante alle elezioni.
– In Europa l’austerità e le politiche economiche suicide ci hanno regalato l’entrata in depressione. Ma la Germania è salita in cattedra e i governi di destra (e in Italia anche di sinistra) stanno riuscendo in tutta Europa a fare riforme che, in periodo di vigore economico, non sarebbero mai riusciti, non dico a fare, ma nemmeno a proporre.
Dallas, Texas
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Roma, 14 mar. (Adnkronos Salute) - Nelle pazienti con tumore del seno in stadio precoce, il test genomico Oncotype DX Breast Recurrence Score® eseguito prima dell'intervento chirurgico, cioè sulla biopsia diagnostica (core biopsy), permette di abbreviare i tempi di avvio della terapia adiuvante, con vantaggi importanti in termini di riduzione del disagio psicologico delle pazienti. Lo dimostrano i dati presentati alla 19esima St. Gallen International Breast Cancer Conference, in corso a Vienna (Austria), relativi a uno studio del Regno Unito che ha analizzato i vantaggi dell'anticipazione del test al setting pre-chirurgico, utilizzando Oncotype DX su campioni di core biopsy.
Lo studio controllato, multicentrico, prospettico randomizzato (PreDX) - riporta una nota - ha incluso 341 pazienti eleggibili per il test Oncotype DX provenienti da 17 centri Uk. I risultati hanno mostrato che l'utilizzo della core biopsy ha portato a una riduzione di 8 giorni del tempo dall'intervento chirurgico all'inizio del trattamento adiuvante. Oltre a questo risultato clinicamente significativo, effettuare il test prima dell'intervento chirurgico ha migliorato l'esperienza della paziente, con una riduzione dei punteggi di ansia e depressione.
"Il test genomico è in grado di identificare le pazienti con malattia in stadio iniziale per le quali, dopo l'intervento chirurgico, la chemioterapia è effettivamente utile e i casi in cui è sufficiente la terapia ormonale - spiega Giancarlo Pruneri, direttore del Dipartimento di Diagnostica avanzata della Fondazione Irccs Istituto nazionale tumori di Milano - Il percorso diagnostico tradizionale di una paziente con tumore della mammella è costituito da 2 momenti. Il primo è la biopsia diagnostica, che permette la classificazione della malattia e la caratterizzazione dei recettori ormonali e dello stato della proteina Her2. Il secondo è la chirurgia, che porta alla conferma della classificazione istologica eseguita sulla biopsia e fornisce informazioni relative allo stadio della malattia. Il test genomico, finora, è stato effettuato sul campione chirurgico, pertanto dopo l'intervento. Nello studio presentato a St. Gallen il test è stato anticipato sulla biopsia, quindi nel primo momento del percorso diagnostico. In questo modo è stata dimostrata una riduzione importante del 'turnaround time', cioè del tempo complessivo per l'utilizzo dei risultati di Oncotype DX. Anticipare il test migliora la performance del sistema sanitario, perché è possibile avviare la terapia adiuvante in tempi più brevi e viene ridotto il disagio psicologico della paziente, determinato anche dai tempi di attesa dei risultati dell'analisi genomica".
Anche nel nostro Paese "abbiamo promosso un'esperienza simile a quella dello studio inglese, proprio sulla biopsia nei laboratori di anatomia patologica, che sarà presto pubblicata su una rivista scientifica internazionale - sottolinea Pruneri - In Italia, a oggi, il test genomico è rimborsato solo sui campioni operatori. In Lombardia sono in corso interlocuzioni per introdurre modifiche normative, con l'obiettivo di lasciare alle Breast Unit la libertà di decidere se anticipare il test, a condizione che venga eseguito una sola volta nella paziente. I risultati dello studio presentato a St. Gallen e del lavoro italiano in pubblicazione hanno un impatto tale da consentire di anticipare l'analisi genomica anche nella pratica clinica".
Aggiunge Henry Cain, investigatore principale e Consultant Surgeon al Royal Victoria Infirmary, Newcastle upon Tyne, Uk: "I risultati mostrano che eseguire il test su core biopsy con Oncotype DX è affidabile ed evidenzia i potenziali vantaggi di questo approccio per i pazienti e per le procedure relative al tumore del seno. Soprattutto, il tempo per l'inizio della terapia adiuvante potrebbe essere ulteriormente ottimizzato riducendo gli appuntamenti clinici e impattando positivamente sull'esperienza globale del paziente". Il tasso di successo sulla core biopsy è risultato del 99,1%, confermando gli studi precedenti che mostravano come i campioni di core biopsy producono risultati di Recurrence Score altamente concordanti con quelli della chirurgia e la distribuzione del risultato di Recurrence Score rimane coerente tra i campioni di core biopsy e i campioni chirurgici analizzati per età del paziente (<50 anni versus ≥50) e coinvolgimento linfonodale. "Da paziente con tumore del seno, conoscere il risultato del test prima della chirurgia mi avrebbe dato tranquillità e fiducia - conclude Jennifer D. del Newcastle upon Tyne, Uk - Credo che effettuare il test precocemente possa avere un impatto significativo sulla vita dei pazienti, aiutando il processo decisionale e influenzando positivamente non solo i familiari più stretti, ma anche i parenti e gli amici che li amano e si prendono cura di loro".
Separatamente, un'analisi economica svedese presentata al congresso ha mostrato che ritardare l'adozione del test Oncotype DX nella pratica clinica porta a minori risparmi finanziari e influenza negativamente i risultati dei pazienti. Attraverso l'utilizzo di un modello decisionale analitico per paragonare il test Oncotype DX con altri test genomici disponibili e con l'approccio tradizionale (non-genomico), l'analisi ha dimostrato che il test Oncotype DX porta a migliori risultati per i pazienti a costi ridotti. I risultati si aggiungono a un crescente numero di prove e supportano l'integrazione del test nella pratica clinica. Questo test aiuta a prendere decisioni terapeutiche più informate, migliorando la qualità delle cure con la personalizzazione del trattamento chemioterapico, per soddisfare le necessità individuali dei pazienti, e procedendo verso un sistema sanitario più efficiente e centrato sul paziente.
Verona, 14 mar. - (Adnkronos) - "LetExpo è un evento molto importante perché sono presenti tutti gli attori della filiera logistica e per noi essere qui a questi tavoli di confronto è estremamente positivo e utile. Diventa un’occasione per poter valutare quello che stiamo facendo nei nostri porti. A Palermo, in particolare, stiamo portando avanti in questo momento una serie di progetti molto importanti nel settore della sostenibilità. Abbiamo avviato un progetto, con un partner economico privato, per creare una comunità energetica per la produzione di energia da fonti rinnovabili, ma stiamo andando avanti anche per l’elettrificazione delle banchine. Contiamo, da qui al prossimo anno, di avere ben cinque banchine disponibili per potere alimentare le navi elettricamente quando sono ormeggiate al porto di Palermo, dieci in tutto il network”. Lo ha sottolineato
Luca Lupi, segretario generale dell'Autorità di sistema portuale Mar di Sicilia Occidentale, al termine della conferenza dal titolo “Il mondo della green e blue economy” nel quale si è parlato dei progetti di sostenibilità all’interno dell’economia del mare. L’incontro era inserito nel programma di LetExpo, la fiera di riferimento per i trasporti, la logistica, i servizi alle imprese e la sostenibilità, promossa da Alis in collaborazione con Veronafiere.
“Ringrazio il presidente di Alis, Guido Grimaldi, e il suo staff per l’invito che mi ha dato la possibilità di un confronto su argomenti su cui si gioca il futuro del mondo intero, soprattutto in questo momento di grande instabilità. In questo contesto ho esposto i passi avanti compiuti dal nostro progetto di “smart port” e gli interventi in corso, non solo dal punto di vista ambientale, ma anche da quello dell’innovazione tecnologica e digitale. Solo attraverso politiche globali e investimenti sull’innovazione potremo raggiungere la totale decarbonizzazione" conclude Lupi.
Roma, 14 mar. (Adnkronos) - "Da questa quattro giorni a Verona portiamo a casa un messaggio importante: siamo d'accordo sulla sostenibilità ambientale, ma il Green deal, esasperando i temi dell'iper-tassazione, è lontano dalle esigenze reali delle aziende e purtroppo non produce effetti positivi. È necessario un equilibrio tra sostenibilità economica e sostenibilità sociale per ridare competitività alle nostre aziende e all'Europa che, in questo momento, ha bisogno di una spinta economica importante anche per rivendicare un ruolo determinante nella logica dell'economia mondiale". Ad affermarlo è Marcello Di Caterina, vicepresidente e direttore generale dell’Associazione logistica intermodalità sostenibile (Alis), partecipando alla penultima giornata di LetExpo 2025, la fiera dedicata al trasporto, alla logistica sostenibile e ai servizi alle imprese, promossa da Alis in collaborazione con Veronafiere.
La manifestazione, giunta alla quarta edizione, con il suo programma ricco di talk, ha dato un'occasione di confronto agli attori del settore per confrontarsi ed esprimere le esigenze di un comparto molto importante per l’economia del Paese. Si è discusso anche di dazi che per Di Caterina "non funzionano e non possono funzionare". "L'epoca del proibizionismo è assolutamente distante - ricorda - Ha prodotto danni in passato e non vedo perché non debba produrne oggi attraverso una serie di scelte sbagliate che arrivano dall'Europa, dall'America, dalla Cina”, avverte il vicepresidente di Alis.
Forte la presenza delle istituzioni a LetExpo che con la loro presenza hanno "voluto ascoltare la voce degli imprenditori - commenta Di Caterina - Questo vuol dire che la manifestazione serve soprattutto a rilanciare il confronto tra la politica e le imprese. Un confronto che deve portare sui tavoli istituzionali le istanze che arrivano dal settore e soprattutto, le soluzioni per garantire continuità a un processo di crescita che interessa tutta la logistica e tutto il mondo del trasporto a 360 gradi. Un settore - ricorda - che incide per il 10% sul Pil nazionale" conclude Di Caterina.
Verona, 14 mar. (Labitalia) - “Nell’agenda politica europea la semplificazione normativa è in alto, nonostante tutte le difficoltà geopolitiche. A Dombrovskis, commissario europeo per l’economia, ho proposto di stabilire un ponte. Di invertire un metodo perché le norme europee vanno trattate a monte e non doverle adattare dopo al nostro sistema normativo. Ho chiesto di avere un confronto prima di stabilire le norme e la proposta è stata accolta. Abbiamo stabilito un tavolo tecnico composto dai tecnici dell’ufficio legislativo italiano e da quelli europei, ci sarà un incontro a Roma. Stabiliremo, insieme alle categorie economiche, quali sono gli snodi vitali per liberare le potenzialità che ci sono dalle pastoie della burocrazia”. Queste le parole di Maria Elisabetta Alberti Casellati, ministro per le Riforme istituzionali e la semplificazione normativa, ospite della quarta edizione di LetExpo, la fiera di riferimento per i trasporti, la logistica, i servizi alle imprese e la sostenibilità, promossa da Alis in collaborazione con Veronafiere.
“La semplificazione normativa è una straordinaria leva di carattere economico. Gli imprenditori sanno bene cosa la burocrazia costituisce per loro, si tratta di un vero e proprio freno a mano. Secondo le statistiche elaborate dalla Cgia di Mestre, la mala burocrazia costa 80 miliardi di euro all’anno agli imprenditori e 225 miliardi di euro all’anno alle imprese e alle famiglie. Sono numeri incredibili, noi dovremmo premiare gli imprenditori perché questi passaggi e tempi lunghi a volte li costringono a desistere dalle loro iniziative. Ci avviamo verso una sburocratizzazione importante per le imprese”, ha sottolineato Casellati.
“Il premierato è una straordinaria leva di carattere economico. Ha due capisaldi. Il primo è la stabilità del governo e il secondo l’elezione diretta che ridà ai cittadini voce e la sovranità riconosciuta dalla costituzione italiana”.
“Stabilità significa credibilità a livello internazionale, attrattività di investimenti dall’estero, fiducia dei mercati, poter programmare il futuro di cittadini e imprese. Senza stabilità non si può fare nulla di tutto questo. Il premierato attraverso la stabilità impatta direttamente coi problemi del Paese perché nessuna riforma può andare a termine se non c’è stabilità politica. Questo è un problema reale, non astratto. La mancanza di stabilità è costata ai cittadini negli ultimi anni 265 miliardi in più sugli interessi del debito pubblico”, conclude Casellati.
La Maratona di Roma, gli stadi di Roma e Lazio, gli Internazionali di tennis ma anche il Sei Nazioni di rugby e le gare di Serie A all'Olimpico. Tutto in una sola città sempre più pronta per ospitare i grandi eventi come ha spiegato l'assessore ai Grandi Eventi, Sport, Turismo e Moda di Roma Capitale, Alessandro Onorato, in una intervista all'Adnkronos.
La trentesima maratona di Roma ha numeri da record e arriva nell'anno giubilare, e per la prima volta il traguardo è al Circo Massimo.
"Sarà un grande spettacolo per un'edizione da record con oltre 50 mila iscritti. È la prova che il nostro patrimonio si può tutelare e valorizzare anche con i grandi eventi, che sono un mezzo per promuovere luoghi storici in una chiave più moderna. La città si prepara a vivere un weekend di festa, sia a livello sportivo che sociale: tra il Sei Nazioni di rugby con Italia-Irlanda il sabato, la Maratona e Roma-Cagliari di domenica. Ringrazio il prefetto Giannini e tutte le forze dell'ordine che consentiranno alla città di ospitare in contemporanea e in sicurezza eventi da decine di migliaia di persone, tra cui 20 mila irlandesi in arrivo per il Sei Nazioni e altri 20 mila stranieri che correranno la maratona".
A che punto è il progetto per lo stadio della Roma, è vero che potrebbe essere presentato in Campidoglio il 21 aprile, Natale di Roma?
"Il Comune di Roma ha fatto tutto quello che doveva fare in tempi record. Ora tocca alla società”.
Per quanto riguarda lo stadio della Lazio, prima di valutare il progetto di Lotito il Campidoglio deve pronunciarsi su quello presentato dall’associazione d’imprese di cui fa parte la Roma Nuoto?
"La premessa è che, indipendentemente dalla Roma Nuoto o dalla Lazio, il nostro obiettivo è mettere la prima pietra per riaprire il Flaminio. Occorre ricordare che il progetto presentato sotto la Giunta Raggi dalla Roma Nuoto lo abbiamo riattivato noi con la Conferenza dei servizi. E in questi mesi abbiamo seguito i lavori con la massima trasparenza e rapidità, come facciamo sempre per ogni progetto. Nelle prossime settimane l’iter sarà concluso".
C’è stata la presentazione del nuovo progetto del Foro Italico per gli Internazionali d’Italia con l'inclusione dello Stadio dei Marmi, l’ennesimo upgrade per il torneo.
"Il livello degli Internazionali d'Italia si sta alzando di anno in anno con un grande impegno di Sport e Salute e Federtennis. Una crescita che va di pari passo con quella di una città che sta cambiando faccia grazie al lavoro della Giunta Gualtieri e a tanti investimenti pubblici e privati. Gli appassionati italiani e stranieri che verranno al Foro Italico per il grande tennis, oltre che ammirare un site rinnovato, troveranno una Roma più moderna, attrattiva e accogliente”.
Gli Internazionali di tennis di Roma possono diventare secondo lei il quinto Slam e che impatto potrebbero avere sulla città?
"Sarebbe un grande risultato. Roma non è più la città dei 'no', c'è un approccio diverso. Roma deve essere ambiziosa, senza limiti. Sono convinto, e i numeri in crescita esponenziale di questi tre anni lo dimostrano, che i grandi eventi siano un volano per la crescita della città: creano ricadute economiche, nuovi posti di lavoro e sono una strepitosa vetrina promozionale per Roma”.
Roma è sempre più la città dei grandi eventi sportivi e non solo, avete già in mente nuove sfide?
"Sarà una stagione estiva molto intensa, alziamo l'asticella ogni anno. Oltre ai tanti eventi sportivi e manifestazioni diventate una tradizione, come il Tim Summer Hits a ingresso gratuito a Piazza del Popolo, suoneranno qui i migliori artisti italiani e stranieri: da Achille Lauro a Ed Sheeran, dai Duran Duran a Cremonini, da Gianna Nannini a Zucchero e, solo per citarne alcuni, Ultimo e Vasco Rossi. E poi avremo degli appuntamenti unici di moda di cui parlerà tutto il mondo. Sfileranno nella Capitale, nei luoghi più iconici, Dior e Dolce&Gabbana, che non aveva mai scelto Roma come location". (di Emanuele Rizzi)
Roma, 14 mar (Adnkronos) - La comunicazioni della premier Giorgia Meloni e la seduta straordinaria sulle carceri sono i principali temi all'Odg delle Camera per la prossima settimana. A Montecitorio, la seduta per la discussione sulle comunicazioni della Meloni in vista del Consiglio Ue del 20 e 21 marzo è fissata per mercoledì 19 alle 9,30, mentre la consegna del testo delle comunicazioni avrà luogo nella seduta di martedì 18 alle 15,30.
Considerato il fatto che il programma di Montecitorio prevede anche l'esame di provvedimento come il Dl sull'ex Ilva, già approvato dal Senato, si svolgerà probabilmente giovedì 20 la seduta straordinaria sulle carceri con la discussione delle mozioni presentate dall'opposizione. Sempre giovedì, ma al mattino (ore 9) è prevista invece l'informativa urgente del governo, con la partecipazione del ministro per la Protezione civile, sugli eventi sismici nei Campi Flegrei.
Alla Camera resta sempre all'Odg, ma in coda a una serie di provvedimenti, la discussione e il voto della mozione di sfiducia al ministro della Giustizia Carlo Nordio. Al Senato, l'appuntamento con le comunicazioni della Meloni è per martedì 18 alle 14.30, con diretta Tv. Sia a palazzo Madama che a Montecitorio sono confermati gli appuntamenti con il Qt e gli atti di sindacato ispettivo.
Roma, 14 mar (Adnkronos) - Economia, lavoro, donne e intelligenza artificiale sono i temi al centro della giornata di dibattito voluta dalla deputata Pd Paola De Micheli domani, sabato 15 marzo, a Roma dalle 10.30 alle 14.30 all’Unahotels Decò in via Giovanni Amendola 57. ‘Prima le persone: capire il presente per costruire il futuro’ è la prospettiva del convegno promosso da Rigenerazione democratica con l’intento di approfondire nel Partito democratico e nella società una riflessione franca e aperta su imprese e lavoratori. Tra i relatori, la segretaria nazionale del Partito Democratico Elly Schlein e l’ex commissario europeo agli Affari economici e monetari Paolo Gentiloni.
Dopo i saluti iniziali, i lavori entrano nel vivo alle 10.40 con la relazione del Chief Economist di Banca Intesa Gregorio De Felice a cui segue alle 11 l’intervento della segretaria del Pd Elly Schlein. Si prosegue alle 11.20 con il dibattito ‘Siamo industria o caporali?’ moderato dalla giornalista del Sole 24 Ore Sara Monaci con Maurizio Tarquini (Direttore Generale Confindustria), Alberto Pandolfo (membro X Commissione Camera dei Deputati), Dario Costantini (Presidente CNA) e l’eurodeputato Pd Giorgio Gori.
Dalle 11.50 si confronteranno sulle politiche pubbliche il senatore Antonio Misiani (responsabile nazionale Economia Pd), Andrea Bianchi (esperto di Politiche industriali), Antonella Vincenti (responsabile nazionale PMI Pd) e l’europarlamentare Pd- S&D Pierfrancesco Maran. Alle 12.20 Andrea Bignami (Sky) intervista Paolo Gentiloni, già presidente del Consiglio.
(Adnkronos) - Si continua alle 12.50 con il confronto sul ruolo delle donne che vede discutere la professoressa Lucia Valente (docente Diritto del Lavoro presso Università La Sapienza di Roma), l’on. Alessandra Moretti (Parlamentare europea), Peppe Di Cristina (Assessore Cultura e Istruzione Comune di Gela), Lucia Bongarzone (Specialista in politiche del lavoro). Si passa poi alla tavola rotonda sull’intelligenza artificiale che vedrà confrontarsi Stefano Malorgio (Segretario Generale FILT CGIL), Marco Bentivogli (Coordinatore Base Italia, AI expert Mise 2019-21), Alberto Baban (Presidente VeNetWork spa), l’On. Enza Bruno Bossio (Direzione Nazionale Pd). Conclude i lavori alle 13.50 la deputata Pd Paola De Micheli.
“Il convegno sarà il primo di una serie di appuntamenti pensati dall’associazione Rigenerazione Democratica per aiutare la circolazione di idee, progetti e prospettive nuove e moderne da offrire alla riflessione del Partito democratico e del centrosinistra - spiega De Micheli -. Un punto di vista libero e innovativo che parte dalla lettura delle mutate condizioni della società italiana ed europea”.