Sbriciolati. Portati via dall’acqua che dalle cave di marmo scende giù, attraversa Carrara e si getta nel mare. Gli argini che non hanno resistito all’impeto del torrente Carrione erano stati messi in sicurezza da poco: i lavori erano terminati nel 2010, ma le opere non erano nemmeno state collaudate. L’appalto gestito dalla Provincia, infatti, era stato diviso in diversi lotti: ognuno di valore inferiore a 500mila euro, il limite oltre il quale sarebbe stata obbligatoria una procedura di omologazione accurata che invece non c’è stata. E’ anche questo uno degli aspetti al vaglio della procura di Massa Carrara, che dovrà accertare se il bando di gara sia stato spezzettato con uno scopo preciso: aggirare i controlli sui lavori.
I magistrati dovranno poi capire come mai sia stata trascurata una lunga serie di allarmi lanciati dagli imprenditori della zona, che da più di un anno consideravano i loro capannoni a rischio inondazione. A spaventarli erano soprattutto delle infiltrazioni d’acqua lungo l’argine destro, proprio quello crollato settimana scorsa: “Un punto del muro trasuda nuovamente”, si legge in una lettera del 10 aprile scorso, l’ultima inviata alla Provincia per chiedere un intervento dei tecnici. “Siamo preoccupati dal perdurare di questa situazione che potrebbe arrecare gravi danni per il cedimento del muro dell’argine”. Parole profetiche, ma inutili. Rimaste per lo più inascoltate, come del resto accadeva da un anno.
Gli allarmi delle imprese: “Infiltrazioni lungo l’argine”
È il 17 aprile 2013 quando dagli uffici di una delle imprese, la Doganella graniti, parte un’email indirizzata a Comune e Provincia in cui si segnala che “da diverso tempo si sta verificando una perdita d’acqua dalla sponda del fiume”. Per questo viene richiesto un sopralluogo dei tecnici, “onde evitare problemi ben più grossi in un prossimo futuro, in quanto la perdita si sta allargando sempre più”. Altre segnalazioni vengono fatte a maggio e a luglio dell’anno scorso. Sotto accusa ci sono i lavori di messa in sicurezza degli argini avviati nel 2007 e conclusi nel 2010. Lavori che già nel novembre del 2012 non hanno impedito al Carrione di straripare.
Chi lavora lungo il torrente ha paura che ciò accada di nuovo. La risposta della Provincia è lasciata a una raccomandata di poche righe: il dirigente Stefano Michela fa sapere che all’impresa responsabile dei lavori è stato chiesto di provvedere “alla tamponatura delle fessure dalle quali fuoriesce l’acqua”. Un intervento inutile, perché il problema rimane. Ecco cosa scrivono dalla Doganella graniti lo scorso febbraio: “Questo problema persiste già da diverso tempo (…) ma ancora non è stato risolto. Anzi, la perdita si sta ulteriormente allargando, causando allagamenti con relativi disagi al traffico, oltre che al pericolo che frani l’argine”.
“La perdita si sta ulteriormente allargando, causando allagamenti con relativi disagi al traffico”
Si arriva così ad aprile di quest’anno. E all’ultima raccomandata inviata in provincia: si parla di un muro che trasuda e vengono allegate foto per mostrare “il continuo allagamento del tratto stradale”. Questa volta la missiva non è firmata solo dal responsabile della Doganella graniti, ma anche dai titolari di altre dieci imprese. Oggi finite in ginocchio per l’alluvione. L’intervento della provincia, infatti, non è risolutivo nemmeno questa volta: i tecnici fanno un sopralluogo il 26 aprile, ma rilevano che la strada è “asciutta”. Il 29 aprile il dirigente Michela scrive agli imprenditori e al settore Opere pubbliche del comune di Carrara, per informarli che la provincia “sta valutando di fare un intervento più esteso”. In ogni caso, conclude, “la problematica evidenziata, sentito per le vie brevi anche il progettista delle opere ing. Del Mancino, non risulta presentare criticità di tipo strutturale”.
L’allarme dei vigili del fuoco: “Pericolo di crolli in occasione di piene”
Per tranquillizzare gli imprenditori, dunque, alla provincia è sufficiente un parere acquisito “per le vie brevi” da chi ha firmato il progetto e ha seguito la direzione dei lavori. Eppure per le istituzioni non doveva essere una novità che gli argini del Carrione fossero a rischio. Lo avevano scritto anche i vigili del fuoco a seguito di un sopralluogo effettuato dopo il cedimento dell’argine sinistro del novembre 2012: “Si vuole segnalare alle autorità – si legge in una relazione del gennaio 2013 inviata alla Provincia, al Comune, alla Regione e alla prefettura – la necessità di porre in essere le necessarie verifiche, sia sui progetti di realizzazione delle opere d’arginatura sia direttamente in sito, al fine di appurare se esistono altri tratti di argine del torrente Carrione realizzati con le stesse modalità costruttive e geometriche di quelle immediatamente a valle del ponte sull’Aurelia, perché se così fosse è consistente e grave il pericolo di verificarsi di altri crolli in occasioni di future piene”. Il tutto messo nero su bianco, poco più di un anno fa.
C’è chi vuole ripartire. A meno di altri ritardi
Lettere e relazioni non sono bastate. Il torrente è straripato di nuovo e l’acqua ha invaso i capannoni. Spalare il fango ora non basta, perché la zona dei capannoni non è più accessibile ai camion. E rischia di non esserlo ancora per molto tempo. Per questo Doganella graniti e le aziende vicine hanno chiesto alle amministrazioni locali la costruzione di una strada provvisoria, il prima possibile. “Ogni vostro ritardo – si legge in una delle comunicazioni inviate in questi giorni – causerà ulteriori ingenti danni irreparabili che potrebbero comportare anche il venir meno della continuità delle attività aziendali”. E la perdita del posto per 250 operai, se anche questo allarme rimarrà senza risposta.