In televisione sono tornati gli spot delle banche che pubblicizzano i nuovi prodotti sui mutui per compare casa. Più che un annuncio, una svolta per l’economia, visto che dopo un paio d’anni trascorsi con i rubinetti del credito serrati ora il sistema bancario sta riaprendo le porte (girevoli) delle proprie filiali a tutti gli aspiranti mutuatari. A scendere per primi in campo sono i grandi gruppi che, tra gli slogan “A due cuori non basta una capanna” e “Immagina una banca che ti accompagna in ogni momento della tua vita”, hanno lanciato un chiaro segnale: i soldi ci sono e si può ricominciare a prestarli. A partire dalle famiglie, vale a dire quella parte della clientela che tradizionalmente ripaga i prestiti. E spingendo per un prodotto che già tutela le banche, contenendo in sé la garanzia grazie all’ipoteca che si accende sull’immobile che si vuole acquistare. Del resto, a leggere gli ultimi numeri diffusi dall’Associazione bancaria italiana (Abi) sembrerebbe proprio che il peggio sia passato: nei primi otto mesi del 2014 il mercato dei mutui è cresciuto del 28 per cento.
Si sa, però, che è nei particolari che si nasconde il diavolo, vale a dire la crisi dell’economia immobiliare e dell’industria delle costruzioni che, facendo crollare gli investimenti pubblici e privati, ha di fatto paralizzato l’Italia. Così incrociando altri dati, in particolare quelli della Banca d’Italia e dell’Agenzia del Territorio, si scopre che l’aumento a doppia cifra raggiunto dalle erogazioni dei mutui è stato toccato grazie alle surroghe, vale a dire le operazioni di sostituzione sui nuovi mutui erogati. Tanto che le domande hanno raggiunto il 47,7% di quelle totali (nel 2003 rappresentava appena il 10%), mentre il numero delle compravendite langue, essendo cresciute appena dell’1,4% nella prima metà dell’anno.
Il mattone, insomma, tiene non tanto per effetto di nuovi finanziamenti per l’acquisto della casa, ma grazie a queste operazioni che rivitalizzano i vecchi contratti. La surroga, infatti, definitivamente rilanciata dalla legge 40/2007 (la cosiddetta Bersani bis), prevede che un debitore possa, senza alcun costo, trasferire l’ipoteca iscritta a garanzia di un vecchio prestito per la casa in un nuovo contratto concesso da un’altra banca con cui ridefinire le condizioni: la durata, il tipo di tasso di interesse (se fisso o variabile) e lo spread (il guadagno della banca), ma non l’importo.
L’attuale fotografia del settore mutui resta, quindi, altamente sfocata. Dopo aver conosciuto un decennio ruggente (1997-2007), si è passati dalle 807mila abitazioni compravendute prima della crisi alle 403mila del 2013, con un volume di scambi pari a quello registrato nel 1984. E la spiegazione la fornisce il “Sondaggio congiunturale sul mercato delle abitazioni in Italia” di Bankitalia: i prezzi delle case restano stabili (chi vende non ha nessuna intenzione di adeguarsi ai nuovi e più bassi livelli di mercato), mentre cala il numero delle compravendite e aumentano le difficoltà a ottenere un mutuo.
Del resto, in questi mesi bui per tutti gli italiani alle prese con la richiesta di un mutuo gli unici che sono riusciti a strappare un ‘sì’ dalle banche sono stati gli stessi clienti. Elemento che offre agli istituti l’opportunità di dare credito a mutuatari di elevata qualità con un profilo di rischio inferiore alla media, visto che hanno alle spalle una comprovata storia di rimborsi regolari. Quindi, credito con rischi zero e solo vantaggi per le banche. Certamente una sfaccettatura che non è stata evidenziata nelle scorse settimane dal presidente dell’Abi, Antonio Patuelli, che parlando della crisi dei mutui ha solo evidenziato il boom delle surroghe spiegando che questo fenomeno “evidenzia una forte concorrenza tra le banche in Italia”. Poco importa che la banca non sia obbligata a rinegoziare il contratto (ma nella maggior parte dei casi va incontro alla proposta del cliente, perché l’alternativa è quella di perderlo) e non eroghi un finanziamento aggiuntivo. Se infatti si modifica l’importo bisogna cambiare anche l’ipoteca, con il necessario intervento del notaio e relative spese.
Ora, quindi, gli slogan pubblicitari dei nuovi prodotti di mutuo dovrebbero far ben sperare e consentire anche ai mutuatari di sfruttare i vantaggi determinati dalla crisi: gli indici di riferimento dei mutui a tasso variabile (Euribor) e fisso (Eurirs) sono, infatti, ai minimi storici grazie al costo del denaro allo 0,05%. Percentuale decisa dalla Banca centrale europea e che rientra nella politica ultra-espansiva messa in campo per “convincere” le stesse banche a rimettere in circolo la liquidità allentando, quindi, il credit crunch. L’Euribor a tre mesi è pari allo 0,08%, mentre quello per il mutuo variabile a 20 anni è all’1,66%. E poi c’è la lentissima discesa dello spread, con diverse banche che si accontentano anche di un 2,5% di guadagno per un mutuo da 100mila euro da restituire in 20 anni.