Alloggi sfitti. Graduatorie infinite. Famiglie da anni in attesa di un tetto che scelgono di occupare. Inquilini regolari esasperati dagli abusivi. Sgomberi e scontri. Politica inerme e malavita attivissima. L’ultima istantanea arriva dalla Puglia, dove un’inchiesta di pochi giorni fa ha portato alla luce le presunte collusioni tra la Sacra Corona Unita e alcuni responsabili dell’amministrazione comunale di Squinzano (Lecce) per l’assegnazione di alloggi pubblici. Ecco cosa succede nelle case popolari delle maggiori città italiane.
Piano anti-occupazioni in vista di Expo. “Ma 23mila famiglie aspettano un tetto”. Ma partiamo da Milano, negli ultimi mesi alle prese con un’ondata di occupazioni abusive che non sembra arrestarsi. L’ultimo tentativo è avvenuto l’11 novembre. Quando una 31enne egiziana incinta si è intrufolata in un appartamento Aler in via Inganni 6, zona Lorenteggio, quartiere popolare. Un’occupazione lampo. Perché dopo poche ore, gli ispettori dell’ente che si occupa della gestione degli alloggi popolari hanno convinto la ragazza a uscire. Salto indietro di due settimane. Via Giambellino. Questa volta a scivolare dentro un’abitazione sfitta sono state due rom. Gli altri condomini se ne sono accorti ed è partita una sassaiola. A quel punto le occupanti non hanno potuto far altro che chiamare la polizia per evitare il linciaggio. Fermi immagine delle periferie di Milano, che in attesa di Expo, è costretta a gestire la polveriera delle occupazioni abusive nelle case popolari.
Dall’inizio del 2014 – calcola il Corriere della Sera – se ne contano 1.278: 732 sono riuscite, 546 sono state sventate. Solo a settembre sono state 78. Mentre 39 tentativi sono andati a vuoto. Gli sgomberi in flagranza sono stati 23. Stesso numero per quelli programmati con la Questura. Una situazione che è stata al centro della riunione del comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica, convocato in Prefettura, tra Comune ( che gestisce 29mila abitazioni), Regione, Aler (che possiede 40mila case), i vertici delle forze dell’ordine e il procuratore capo Edmondo Bruti Liberati. Il piano d’azione contro le occupazioni partirà il 18 novembre. Punterà più sulla prevenzione, che sulla repressione. Verrà intensificata la vigilanza nei quartieri a rischio, specialmente di notte. Poi c’è la questione sgomberi. Di sicuro aumenteranno, ma è difficile accontentare le richieste del governatore Roberto Maroni che ne pretendeva 200 in pochi mesi. Perché, come ha spiegato il prefetto Francesco Paolo Tronca, le occupazioni non vanno gestite solo sul piano dell’ordine pubblico, ma anche su quello sociale. Specialmente in vista di Expo 2015, che tra pochi mesi concentrerà i riflettori di tutto il mondo ai piedi della Madonnina, dove lo scontro tra istituzioni e comitati di lotta per la casa è già altissimo.
In ogni zona popolare di Milano sono infatti attivi gruppi, legati a centri sociali o nati spontaneamente, che oltre a proporre iniziative per la qualificazione del quartiere, danno un aiuto alle famiglie senza casa e si oppongono agli sgomberi. Al Giambellino, ad esempio, ci sono i ragazzi della “Base di solidarietà popolare Giambellino”, al Ticinese lo spazio sociale “Cuore in Gola”, più a nord il comitato abitanti San Siro-Asia. La loro presenza si fa sentire soprattutto durante gli sgomberi di alloggi di proprietà Aler o del Comune. Spesso, quando gli ispettori dell’ente, accompagnati dalla polizia, arrivano a notificarne uno, trovano ad aspettarli un muro di militanti che cerca di impedire l’allontanamento degli abusivi. Come è successo giovedì 13 novembre, quando alcuni ragazzi del centro sociale Corvaccio si sono opposti allo sgombero di due famiglie in via Salomone, zona Mecenate. “Noi difendiamo chi occupa per necessità perché da anni aspetta un alloggio, non difendiamo l’illegalità”, racconta un ragazzo del comitato San Siro. Accanto a loro, però, iniziano a prendere vita anche comitati di inquilini che si mobilitano contro le occupazioni. Come quello di via Odazio, zona Giambellino. Tra gli schieramenti la tensione è sempre alta: l’11 novembre con un blitz una ventina di incappucciati ha distrutto la sede del Pd a Corvetto, mentre era in corso una riunione del Sunia-Cgil, il sindacato degli inquilini. Tutto questo va in scena in una città dove “23mila famiglie sono iscritte alla graduatoria per avere una casa popolare, e 8mila appartamenti di proprietà del Comune e Aler sono sfitti”, spiega Massimo Pasquini, presidente dell’Unione Inquilini.
Ma quello delle occupazioni abusive è solo la punta dell’iceberg di quello che avviene in alcuni alloggi che sembrano sfuggire al controllo dell’Aler. E dove, a farla da padrone, sarebbero i clan. “Il quartiere Sarca-Testi è il centro di tutto – ha raccontato a ottobre a Il Fatto Quotidiano un ex funzionario dell’Aler – Qui rom e calabresi controllano tutto, dal racket allo spaccio”. E qui, quando c’è da chiedere voti, la politica pare essere sempre di casa. “Nel 2010 fece campagna elettorale un noto politico lombardo che entrò nella giunta Formigoni. Un voto, 50 euro”.
Roma, un appartamento popolare costa dai 30 ai 50mila euro sul mercato nero. Già, perché se per i diseredati le case popolari sono l’ultima spiaggia, per la malavita non sono altro che un business. Roma è l’esempio più calzante. “Qui il mercato nero degli alloggi pubblici è gestito dalla criminalità locale e dai clan rom”, denuncia Pasquini dell’Unione Inquilini, “specialmente nella fase di compravendita”. Un grosso affare, visto che sulla piazza ci sarebbero “tra le mille e millecinquecento case” che sfuggono al controllo delle istituzioni. Prezzo medio per accaparrarsene una: dai 30 ai 50mila euro, in una città dove l’emergenza abitativa morde sempre più forte. Lo dimostra il numero di famiglie iscritte nell’ultima graduatoria del 2012 ancora in attesa di un tetto: 30mila. E lo dimostra il numero di quelle che hanno scelto di occupare: 5mila, a fronte di una media di 300 sgomberi all’anno. E proprio nel marzo scorso, una maxi operazione della magistratura capitolina ha inferto un duro colpo al Comitato popolare di lotta per la casa: 40 persone indagate, 14 persone accusate di associazione a delinquere, tre palazzi sgomberati e perquisizioni. L’accusa: gestire il racket delle occupazioni nella Capitale. Oltre ad avere minacciato ed estorto soldi agli stessi occupanti, costretti – secondo gli inquirenti – a fare lavori gratis per l’esclusivo profitto del Comitato di Lotta per la casa.
“Chi occupa è solo l’ultimo tassello di una catena di problemi che ha il suo inizio con la politica: perché gli alloggi pubblici sfitti, che in Italia sono 40mila, non vengono assegnati?” chiede Pasquini, che precisa: “L’Unione Inquilini è contraria alle occupazioni di stabili pubblici, ma Ater a Roma e Aler a Milano dovrebbero prendersi le proprie responsabilità, non si può gridare alla legalità solo alla fine”. E la situazione potrebbe aggravarsi ulteriormente secondo il presidente dell’Unione Inquilini, visto che il decreto Lupi (o Piano casa) prevede la vendita all’asta delle case popolari con 45 giorni di diritto di prelazione “mettendo così a rischio la permanenza per quanti non possono acquistarle”. Contro il provvedimento è previsto a Roma, il 21 novembre, un presidio sotto la sede della Regione Lazio. “Per chiedere al presidente Nicola Zingaretti di impegnarsi presso il governo per la cancellazione dal decreto”.
Napoli, rubinetti d’oro e marmi pregiati nelle case occupate dai boss. Scendiamo ancora lungo lo Stivale. Fermiamoci a Napoli. Qui è sufficiente un’immagine. Nell’aprile scorso la polizia ha effettuato un’operazione nelle case occupate abusivamente da esponenti del gruppo camorristico Lucarelli-Barretta, al Lotto G di Scampia. Edifici fatiscenti fuori, ma lussuosi dentro. Perché quando gli agenti sono entrati hanno scoperto marmi pregiati e rifiniture in oro. E in un alloggio dell’Iacp, preso con la forza dagli uomini del gruppo Vanella Grassi che hanno “ripopolato” il quartiere con i propri affiliati per aver un maggior controllo del territorio, gli uomini del commissariato Scampia si sono imbattuti in arredi di lusso stile Luigi XVI, stucchi, rubinetti dorati e vasche con le iniziali del titolare incise nel marmo. Mentre a marzo, nel popoloso rione Salicelle di Afragola (Napoli), i carabinieri hanno sequestrato preventivamente 189 appartamenti popolari che erano stati occupati a discapito di chi aspettava di vederseli assegnare. E la politica che fa? Qui la lotta all’abusivismo si combatte con le sanatorie a favore di chi ha occupato. A settembre, infatti, la Regione Campania guidata da Stefano Caldoro ha concesso un’ultima chance per regolarizzarsi a chi ha occupato prima del 31 dicembre 2010. Nel 2012 sanatoria simile, ma in questo caso veniva graziato chi si era impossessato di un alloggio nel 2009. C’è da chiedersi a chi servono allora i bandi di assegnazione con graduatoria. Cartoline dalle periferie d’Italia, e dal suo patrimonio di 40mila alloggi pubblici sfitti.