L’Inter cambia. E a far più rumore del divorzio da Walter Mazzarri è il nome del nuovo allenatore. Che non è un inedito, perché Erick Thohir ha scelto Roberto Mancini, già sulla panchina nerazzurra dal 2004 al 2008. Il ribaltone nei pensieri del presidente si è consumato nella notte. Dopo settimane di difesa a oltranza, il magnate indonesiano ha deciso di seguire la ‘linea Moratti’ che già due settimane fa aveva caldeggiato l’esonero del tecnico toscano. La scelta per il suo sostituito riporta alla Pinetina il Mancio, non uno qualunque in casa della Beneamata. Nei suoi quattro anni alla guida dell’Inter l’allenatore jesino ha vinto tre scudetti, due Supercoppe italiane e due Coppe Italia. Ora ci resterà per altri due anni e mezzo, come da accordo raggiunto con Thohir. Sarà una partenza con il botto: il calendario mette di fronte subito Milan e Roma. Proprio per questo si pensava che Mazzarri fosse riuscito a spostare un po’ più in là la fine del suo rapporto con l’Inter, nonostante l’ennesimo risultato inaspettato, quel 2-2 casalingo con il Verona arrivato anche ‘per colpa della pioggia’. Sembrava un azzardo troppo grande cambiare alla vigilia di due sfide così delicate, invece la dirigenza ha deciso per un operazione shock capace di liberare l’ambiente da una figura ormai mal digerita. Nelle ultime settimane San Siro lo aveva sonoramente contestato, dai fischi alla lettura delle formazioni (tanto da costringere lo speaker a non nominarlo più) fino al laser verde spesso puntato verso di lui.
Un rapporto mai decollato perché i risultati hanno sempre dato torto alla filosofia e al gioco dell’ex allenatore di Napoli e Sampdoria. Lo scorso anno l’Inter ha chiuso al quinto posto centrando il ritorno in Europa con un bottino di 15 vittorie, altrettanti pareggi e 8 sconfitte ma senza mai convincere fino in fondo. Un solo clamoroso lampo: il 7-0 al Sassuolo, la più larga vittoria esterna nella storia dell’Inter, quasi bissata in questa stagione ma tra le mura di San Siro. E come nel 2013/14 sembrava la svolta definitiva verso il bel gioco e una squadra capace di divertire. Invece la storia si è ripetuta: l’Inter ha iniziato una lenta involuzione che ha spinto Thohir a cambiare. Il 4-1 subito in casa dal Cagliari, il 3-0 incassato a Firenze, le vittorie di rigore contro Cesena e Sampdoria e il capitombolo di Parma sono le sanguinose ferite che hanno sancito il divorzio. Inter incapace di reagire – e con un nugolo d’infortunati che non ha aiutato Mazzarri – e due partite-chiave davanti. In caso di doppio ko i nerazzurri rischiano di scivolare nella parte destra della classifica, lontanissimi dalla Champions League che non è solo un risultato sportivo da inseguire ma anche un’esigenza economica per le casse del club. Difficile immaginarla già ora, un’Inter così in alto, mentre galleggia in nona posizione con 16 punti, frutto di 4 vittorie, 4 pareggi e tre sconfitte. Ma soprattutto non esprime un’idea di gioco all’altezza del terzo posto.
Ecco allora la decisione di richiamare Roberto Mancini. Per dare una scossa, a giocatori e tifosi, e presentarsi con entusiasmo ai due big match di fine novembre. Si erano salutati (non cordialmente) a fine stagione 2007/08, dopo il terzo scudetto vinto dallo jesino in nerazzurro. Un freddo comunicato della società richiamava tra le motivazioni dell’esonero le dimissioni date in diretta tv e poi ritirate subito dopo l’eliminazione dalla Champions League per mano del Liverpool. Poi la lunga esperienza inglese sulla panchina del Manchester City, dove il Mancio è riuscito a vincere una Premier ma non ha mai convinto in campo europeo. Lo scorso anno l’avventura turca con il Galatasaray, dove più che per il secondo posto in campionato alle spalle del Fenerbahce verrà ricordato per l’insperata qualificazione agli ottavi di finale di Champions ai danni della Juventus. Un risultato che è stato anche un po’ l’ultima ‘gioia’ dei tifosi nerazzurri, a secco di vittorie dalla Coppa Italia 2010/11. Ora, come nel 2004, il Mancio dovrà essere di nuovo l’uomo capace di sbloccare la Beneamata.