Milano è la mia città. Qui passo l’intera mia giornata, divisa tra lavoro e impegno politico e sociale. Da ieri, però, mi chiedo cosa pensi di me la gente che incontro per la strada. È una sensazione che non ho mai provato prima. Prima, in effetti, la cosa non mi riguardava, oppure niente, nella cronaca, mi dava adito a paranoie del genere. Da quando però s’è venuto a sapere che la Curia di Milano aveva intenzione di attivare una sorta di schedatura – chiedendo ai professori di religione di fare da delatori – delle attività a favore degli omosessuali che venivano fatte nelle scuole milanesi, oppure progetti e ricerche sempre riguardanti l’universo Lgbt, mi chiedo quale sia mai il giudizio del fioraio che incontro per la via, del panettiere, del vigile urbano, del giudice o semplicemente del passante che assieme a me sta attraversando la strada.
Questo è stato il risultato della bella trovata avuta dalla Curia ambrosia: dare la sensazione a noi omosessuali milanesi di essere spiati e che lo si faccia per poi giudicarci, analizzarci come cavie particolari o “bestie rare”, ed emettere infine una sentenza, un verdetto inappellabile o una bolla papale.
Nel pomeriggio di ieri, poi, ecco arrivare le scuse dei preti: “Ci siamo sbagliati… Non intendevamo questo… Un collaboratore ha scritto male… Ci scusiamo”. E la polemica sarebbe dovuta rientrare. Per alcuni, forse, ma non per la sottoscritta.
Il dirigente a capo dei seimilacentodue insegnanti di religione presenti nell’Archidiocesi di Milano, ha sostenuto infatti un errore nel come l’iniziativa era stata posta agli insegnanti, sbaglio commesso da un presunto “collaboratore”. Secondo lo stesso dirigente – che s’è profuso in scuse profonde e rimarcate – l’intenzione era semplicemente quella di una “raccolta dati”, per informarsi sulle attività in corso nelle scuole e ottenere dettagli e ragguagli sulle stesse. Perché mai svolgere questo monitoraggio? La cosa non è stata spiegata. Non è stato nemmeno sostenuto che la presunta schedatura sarebbe servita per migliorare il lavoro degli stessi insegnanti di religione, magari dandogli nuovi elementi attraverso i quali arricchirsi e quindi accrescere la propria offerta normativa.
Naturalmente i maligni ritengono che la Chiesa volesse accaparrarsi quella massa di dati per poi avviare quel tipo di operazione che la storia dice essergli molto consona, ovvero “la messa all’indice”, considerando questa volta come vittime quegli istituti scolastici nei quali l’informazione laica sull’omosessualità è svolta con rigore, precisione e agnosticismo religioso. Forse contro quelli sarebbe poi scattata la “fatwa cattolica”, con l’ordine passato agli insegnanti di religione, lì competenti, di dimostrarsi particolarmente incisivi nell’attività di “conversione” e ben determinati nel raccontare il contrario e sbugiardare la cosiddetta “teoria del gender”, secondo una definizione molto cara all’oltranzismo cattolico.
Ma forse nelle intenzioni della Curia di Milano non c’era nulla di tutto questo. Forse s’è trattato davvero di un banalissimo errore ma permettetemi di sottolineare, carissimi prelati, l’assoluto smarrimento se non letteralmente lo “stordimento” in cui avete fatto precipitare i sentimenti della comunità omosessuale della nostra città. Ogni giorno la cronaca ce ne offre una. Qualche settimana fa era stato il Signor Prefetto a voler muoverci guerra, ordinando al sindaco Pisapia di cancellare le trascrizioni all’Anagrafe di Milano dei matrimoni omosessuali contratti all’estero. Poi sua eminenza, il cardinal Bagnasco se l’era presa con le famiglie omogenitoriali – quindi anche con la mia – definendoci “cavallo di troia” contro i sacri principi sanciti per il nucleo cattolico. E adesso ecco arrivare la tegola da parte della Curia meneghina, con la speranza di attenuarla con scuse subito a seguire.
Ma non hanno funzionato. Una brutta sensazione oramai s’è instillata in tutti noi: il timore che in un momento storico molto importante per le realtà Lgbt italiane, il prossimo varo di una legge sulle unioni civili, da parte dei poteri ecclesiastici ci sia una repentina levata di scudi. Che si sia in procinto di realizzar trincee e dentro quelle approntare eserciti, già al lavoro nell’affilar armi e caricar cannoni. Insomma che ci si prepari per la guerra e che al progresso per questo Paese si preferisca un Medioevo oscurantista e privo di diritti. Spero di essere in errore, naturalmente, e spero che quello che ora ho in corpo sia solo una brutta e sbagliata sensazione; spero che questa terribile situazione da “razzismo sociale” strisciante sia solo una mia paranoia e spero di tornare presto ad incrociare lo sguardo del solito milanese, progressista e al passo coi tempi; e non gli occhi di qualcuno che mi considera una sbagliata, da commiserare o, peggio ancora, da correggere.