Nella metà dei casi, la donna muore strangolata o a causa delle percosse. Una su tre viene uccisa dopo aver scelto di lasciare il proprio partner. Ma il segnale nuovo del rapporto della banca dati Eures è il forte aumento dei matricidi, compiuti “anche per effetto del perdurare della crisi”, ovvero per ragioni di denaro o per un’esasperazione dei rapporti in seguito a convivenze imposte da necessità. Sono infatti 23 le madri uccise nell’ultimo anno, pari al 18,9% dei femminicidi familiari. Dando uno sguardo generale al fenomeno, sono stati 179 i femminicidi nel 2013. Rispetto alle 157 vittime del 2012, l’anno scorso le donne uccise sono aumentate del 14%. Un anno nero, con la più elevata percentuale di donne tra le vittime di omicidio mai registrata in Italia, in pratica una ogni due giorni. In 7 casi su 10 i femminicidi si sono consumati all’interno del contesto familiare, una costante nell’interno periodo tra il 2000 e il 2013 (70,5%). “Inadeguata – secondo Eures – la risposta istituzionale alla richiesta d’aiuto delle donne “, visto che nel 2013 più della metà delle future vittime (il 51,9%) aveva segnalato o denunciato le violenze subite.
Più casi al sud, raddoppiano al centro
Per dieci anni quasi la metà dei femminicidi è avvenuta al nord. Ma dal 2013 c’è stata un’inversione di tendenza e il meridione ha visto una crescita del 27% degli omicidi di donne (75 casi), mentre al centro Italia le vittime sono raddoppiare, dalle 22 del 2012 a 44 dello scorso anno. Il nord, dove nel 2013 sono state uccide 60 donne, rimane il territorio dove si verificano più omicidi in famiglia, 8 su 10. La maglia nera spetta al Lazio e alla Campania, con 20 vittime ciascuno; solo a Roma sono state 11. Ma è l’Umbria a registrare l’indice più alto di mortalità con 12,9 femminicidi per milione di donne residenti.
Aumentano i matricidi “per effetto della crisi”
Resta la mano del partner quella dietro il 66% degli omicidi di donne. Dal 2000 sono 333 le compagne o mogli uccise perché “colpevoli di decidere“, come le definisce il dossier, ovvero le donne che avevano scelto di lasciare il loro compagno ma non sono riuscite a scappare in tempo dalla furia del partner. Ma il segnale nuovo che il report collega alla crisi economica è il forte aumento dei matricidi, spesso compiuti per ragioni di denaro. Le madri uccise nell’ultimo anno corrispondono al 18,9% dei femminicidi familiari, a fronte del 15,2% rilevato nel 2012 e del 12,7% censito nell’intero periodo tra il 2000 e il 2013 (215 matricidi).
Uno su tre “a mani nude”. Tra moventi anche disagio economico
A “mani nude”, per percosse, strangolamento o soffocamento: così nel 2013 è stata uccisa una donna su tre. Il rapporto Eures, oltre a rilevare questo dato, lo mette in relazione ad un “più alto grado di violenza e rancore”. Di poco inferiore la percentuale dei femminicidi con armi da fuoco (49 casi, pari al 27%) e da taglio (45 vittime). Collegato alla modalità di esecuzione è il movente. Quello passionale continua ad essere il più frequente (504 casi tra il 2000 e il 2013, il 31,7% del totale). Sembra quindi che il femminicidio sia spesso una “reazione dell’uomo alla decisione della donna di interrompere un legame“, sottolinea il dossier, aggiungendo che la sfera del “conflitto quotidiano” e dei litigi anche banali è invece alla base del 20,8% dei femminicidi familiari. A questi possono essere aggiunti gli omicidi scaturiti da questioni di interesse o denaro (16%), prevalentemente matricidi.