Moggi si può perdonare e l’Inter si è cucita uno scudetto sul petto pur avendo sbagliato come altri. Firmato Andrea Agnelli. Il presidente della Juventus riabilita il dirigente bianconero travolto da Calciopoli durante una conversazione con il giornalista del Financial Times Simon Kuper. Alla Triennale di Milano, lo dice senza giri di parole quando il reporter inglese chiede come mai l’ex dirigente sia stato accolto allo Juventus Stadium: “Moggi? Rappresenta una parte importante della nostra storia. Siamo il Paese del cattolicesimo, quindi possiamo perdonare la gente”. L’affermazione arriva quasi nella coda dell’incontro Il futuro del calcio nel Paese del calcio e subito dopo l’ennesima puntualizzazione sul 2006, una ferita ancora aperta in casa juventina: “E’ un tema delicato. Noi ribadiamo che ci dev’essere un trattamento uguale. Abbiamo sbagliato e pagato. Altri hanno sbagliato come noi e ne sono usciti con uno scudetto in tasca. Non ci si può dimenticare di questo”. Poi ricorda come a Napoli siano in corso due procedimenti penali e “le carte dei tribunali rendono l’idea di quello che si può fare, non ha senso parlare di prescrizione se emergono fatti nuovi”.
Ma è la frase su Moggi, quella più potente. Anche perché prima, rispondendo a una domanda sull’elezione di Tavecchio, Agnelli aveva parlato a lungo dell’Italia come di una nazione in cui “il livello etico è basso” e “mia moglie mi ha chiesto come fosse possibile che la sua candidatura abbia retto, prima ancora di perché è stato eletto”. Moggi però si può perdonare. Sono arrivate altre bordate, dalla governance della Lega Calcio che “crea gravissime difficoltà” a un’Italia “in decadenza dove mancano impianti e una visione comune”. Tutti elementi che hanno trasformato la Serie A in un campionato “di transito, non più la destinazione finale”. I giocatori passano e poi vanno ad affermarsi altrove e la Juventus – che resta la squadra con le fondamenta più solide per affermarsi in campo europeo – deve consolidarsi come la quinta forza europea, perché Bayern, Real Madrid, Barcellona e Manchester United sono irraggiungibili. Ma esistono difficoltà difficili da superare: “Abbiamo come riferimento commerciale il Bayern Monaco, per lo stadio lo Stamford Bridge e per il museo il Barcellona. Ma loro sono in Baviera e a Londra, noi in un contesto economico molto diverso. E questo va considerato”.