Non mi sono mai piaciuti gli anniversari legati alla musica. Né le commemorazioni. Men che meno da che esistono i social. Un giorno tutti sembrano diventare fan di qualcuno, postano video, spendono parole, e il giorno dopo si torna immancabilmente a occuparsi della solita musica, intendendo con questo la solita musica scadente. Mi ci metto anche io, sia chiaro. Per questo ieri, che ricorreva il ventitreesimo anniversario della morte di Freddie Mercury, mi sono guardato bene dallo stare troppo su Facebook. Occhio non vede eccetera eccetera.
![Freddie-Mercury640](http://st.ilfattoquotidiano.it/wp-content/uploads/2014/09/Freddie-Mercury640-630x328.jpg)
Però Freddie Mercury e i suoi Queen non meritano certo di non essere ricordati. Sarebbe non solo ingeneroso non ricordare colui che è stato, a ben vedere, uno dei principali nomi del rock del secolo scorso, ma anche profondamente sbagliato, specie in questo periodo in cui i Queen, non i suoi Queen, stanno andando in giro in una versione decisamente meno prestigiosa. Siccome però non intendo scatenare polemiche intorno ai Queen, mi limito a scrivere alcuni ricordi miei personali legati al quartetto che, insieme ai Beatles, ai Pink Floyd e pochi altri ensemble, ha segnato indelebilmente la fine dello scorso millennio. Lo faccio sicuro che ognuno di voi avrà i suoi, e li scrivo con affetto.
Parto dalla fine.
Da che sono nato, ormai quarantacinque anni fa, parecchi personaggi che avevo amato nel mondo della musica se ne sono andati. Non necessariamente personaggi famosissimi, perché la musica è un medium talmente potente che riesce a creare simbiosi monodirezionali anche con artisti di nicchia, spesso per ragioni che esulano il prodotto artistico. Ma solo in tre casi potrei dire esattamente dove mi trovavo esattamente nel momento in cui ho saputo della morte di un cantante. È successo con John Lennon, in cui un me stesso bambino ha appreso, come tutti, credo, la notizia al telegiornale, in cucina di casa mia. Ricordo perfettamente come tutti gli adulti in casa, mia madre, mio padre e mio fratello più grande, in realtà poco più che un adolescente, fossero rimasti colpiti dall’omicidio del Beatle, nonostante, fino a quel momento, non lo avessi mai sentito nominare in casa mia.
È successo poi con Kurt Cobain, notizia che mi è stata passata da un mio compagno di obiezione di coscienza, mentre svolgevo il mio incarico al dormitorio per senza tetto di Falconara dove passai buona parte del 1994. Così, una notizia a freddo, senza coccole e pacche sulle spalle.
E mi ricordo quando ho saputo, dal televideo, modo quantomai freddo e impersonale, della dipartita di Mercury, a Vasto, a casa dei nonni della mia fidanzata di allora, oggi mia moglie. Notizia, quella, che mi colpì particolarmente, perché i Queen, per me, erano stati qualcosa di più di una semplice band. Erano stati una sorta di porta di ingresso nel mondo del rock, di ingresso tutto mio.
Torno indietro, allora.
Io piccolo, adolescente. Siamo in pieni anni Ottanta, il mondo è qualcosa di non molto delineato che mi si para davanti in tutto il suo confuso splendore. La musica la colonna sonora che mi passa mio fratello Marco, otto anni più grande di me. Lui, appassionato di West Coast e cantautori mi influenza, non potrebbe essere così, ma la televisione irrompe sulla scena e comincia a contaminare il mio mondo sonoro. Da una parte c’è Deejay Television, con il suo pop tutto spalline e tastiere. Tanta roba. Troppa, forse. Dall’altra una delle tante reti private che proprio in quel periodo cominciano a riempire l’etere. Non ricordo il nome, e stranamente neanche i miei genitori. Dico stranamente perché, all’epoca, li costringo a guardare tutte le sere lo stesso canale, che passa alternativamente tre concerti. Uno a serata. Si tratta di un live dalla Germania di Jackson Browne, apprezzato anche da mio fratello. Di un live dei Dire Straits, con una lunghissima versione di Romeo and Juliet, oltre i dieci minuti. E di un concerto dei Queen, in uno stadio. È soprattutto quest’ultimo che mi colpisce. La musica è poderosa. Rock, certo, ma anche classica, con giochi di armonizzazioni al limite del barocchismo, composizioni molto più articolate di quelle cui mi ha abituato la West Coast. Io all’epoca sono al Conservatorio, non posso che rimanerne colpito. Ma soprattutto mi colpisce il cantante, un tipo eccentrico, che veste da Re, con un paio di baffi improbabili, una voce imperiosa e una capacità di concentrare su di se l’attenzione come nessuno tra quanti mi è capitato di vedere (certo non Jackson Browne e Mark Knopfler). Me ne innamoro follemente, al punto che, dopo averci pensato bene, decido di spendere i soldi che mi sono stati dati per comperare una squadra di Subbuteo, la mia passione dell’epoca per l’acquisto di un disco. Live Magic è il mio primo LP, io che fino a quel momento ho comperato giusto qualche 45 giri e che mi sono altrimenti abbeverato alla fonte sonora di mio fratello e mia sorella. Un disco clamorosamente bello, la cui unica pecca è di avere una versione troppo corta di We are the champions, appena accennata. Live magic dei Queen inaugura il mio ingresso nel mondo degli acquirenti di musica. A quel primo LP ne seguiranno circa un migliaio, in vinile, e poi qualche migliaio in cd. In mezzo oltre diecimila cassette audio. Gli MP3 ho smesso di contarli.
Torno all’epoca. Passano gli anni, pochi, in realtà, cinque, ma tanti per un adolescente. Io divento un seguace dell’hardcore, senza più strumenti da studiare, bye bye violoncello. Sono a Vasto e arriva la notizia della morte di Freddie Mercury, per una malattia che ha occupato di forza i media sul volgere della decade precedente. Io sono ormai votato alla causa di Grant Hart e Henry Rollins, pronto a passare, di lì a poco, dalle parti di Seattle. La notizia mi colpisce, ma cerco di elaborare il lutto con la stessa freddezza con cui piangiamo i giocattoli di quando eravamo piccoli che nostra madre ha regalato ai figli di qualche sua amica.
Anni dopo, quando alla passione è subentrata anche la razionalità, i Queen sono tornati a essere quello che dovevano essere, una band che ha fatto la storia del rock, da studiare, per chi si avvicina alla musica, e da godere, per chi ha deciso, consciamente o meno, che la musica è una parte importante della sua vita. Grazie Freddie.
Michele Monina
Scrittore e critico musicale
Cultura - 25 Novembre 2014
Freddie Mercury: tre ricordi
Non mi sono mai piaciuti gli anniversari legati alla musica. Né le commemorazioni. Men che meno da che esistono i social. Un giorno tutti sembrano diventare fan di qualcuno, postano video, spendono parole, e il giorno dopo si torna immancabilmente a occuparsi della solita musica, intendendo con questo la solita musica scadente. Mi ci metto anche io, sia chiaro. Per questo ieri, che ricorreva il ventitreesimo anniversario della morte di Freddie Mercury, mi sono guardato bene dallo stare troppo su Facebook. Occhio non vede eccetera eccetera.
Però Freddie Mercury e i suoi Queen non meritano certo di non essere ricordati. Sarebbe non solo ingeneroso non ricordare colui che è stato, a ben vedere, uno dei principali nomi del rock del secolo scorso, ma anche profondamente sbagliato, specie in questo periodo in cui i Queen, non i suoi Queen, stanno andando in giro in una versione decisamente meno prestigiosa. Siccome però non intendo scatenare polemiche intorno ai Queen, mi limito a scrivere alcuni ricordi miei personali legati al quartetto che, insieme ai Beatles, ai Pink Floyd e pochi altri ensemble, ha segnato indelebilmente la fine dello scorso millennio. Lo faccio sicuro che ognuno di voi avrà i suoi, e li scrivo con affetto.
Parto dalla fine.
Da che sono nato, ormai quarantacinque anni fa, parecchi personaggi che avevo amato nel mondo della musica se ne sono andati. Non necessariamente personaggi famosissimi, perché la musica è un medium talmente potente che riesce a creare simbiosi monodirezionali anche con artisti di nicchia, spesso per ragioni che esulano il prodotto artistico. Ma solo in tre casi potrei dire esattamente dove mi trovavo esattamente nel momento in cui ho saputo della morte di un cantante. È successo con John Lennon, in cui un me stesso bambino ha appreso, come tutti, credo, la notizia al telegiornale, in cucina di casa mia. Ricordo perfettamente come tutti gli adulti in casa, mia madre, mio padre e mio fratello più grande, in realtà poco più che un adolescente, fossero rimasti colpiti dall’omicidio del Beatle, nonostante, fino a quel momento, non lo avessi mai sentito nominare in casa mia.
È successo poi con Kurt Cobain, notizia che mi è stata passata da un mio compagno di obiezione di coscienza, mentre svolgevo il mio incarico al dormitorio per senza tetto di Falconara dove passai buona parte del 1994. Così, una notizia a freddo, senza coccole e pacche sulle spalle.
E mi ricordo quando ho saputo, dal televideo, modo quantomai freddo e impersonale, della dipartita di Mercury, a Vasto, a casa dei nonni della mia fidanzata di allora, oggi mia moglie. Notizia, quella, che mi colpì particolarmente, perché i Queen, per me, erano stati qualcosa di più di una semplice band. Erano stati una sorta di porta di ingresso nel mondo del rock, di ingresso tutto mio.
Torno indietro, allora.
Io piccolo, adolescente. Siamo in pieni anni Ottanta, il mondo è qualcosa di non molto delineato che mi si para davanti in tutto il suo confuso splendore. La musica la colonna sonora che mi passa mio fratello Marco, otto anni più grande di me. Lui, appassionato di West Coast e cantautori mi influenza, non potrebbe essere così, ma la televisione irrompe sulla scena e comincia a contaminare il mio mondo sonoro. Da una parte c’è Deejay Television, con il suo pop tutto spalline e tastiere. Tanta roba. Troppa, forse. Dall’altra una delle tante reti private che proprio in quel periodo cominciano a riempire l’etere. Non ricordo il nome, e stranamente neanche i miei genitori. Dico stranamente perché, all’epoca, li costringo a guardare tutte le sere lo stesso canale, che passa alternativamente tre concerti. Uno a serata. Si tratta di un live dalla Germania di Jackson Browne, apprezzato anche da mio fratello. Di un live dei Dire Straits, con una lunghissima versione di Romeo and Juliet, oltre i dieci minuti. E di un concerto dei Queen, in uno stadio. È soprattutto quest’ultimo che mi colpisce. La musica è poderosa. Rock, certo, ma anche classica, con giochi di armonizzazioni al limite del barocchismo, composizioni molto più articolate di quelle cui mi ha abituato la West Coast. Io all’epoca sono al Conservatorio, non posso che rimanerne colpito. Ma soprattutto mi colpisce il cantante, un tipo eccentrico, che veste da Re, con un paio di baffi improbabili, una voce imperiosa e una capacità di concentrare su di se l’attenzione come nessuno tra quanti mi è capitato di vedere (certo non Jackson Browne e Mark Knopfler). Me ne innamoro follemente, al punto che, dopo averci pensato bene, decido di spendere i soldi che mi sono stati dati per comperare una squadra di Subbuteo, la mia passione dell’epoca per l’acquisto di un disco. Live Magic è il mio primo LP, io che fino a quel momento ho comperato giusto qualche 45 giri e che mi sono altrimenti abbeverato alla fonte sonora di mio fratello e mia sorella. Un disco clamorosamente bello, la cui unica pecca è di avere una versione troppo corta di We are the champions, appena accennata. Live magic dei Queen inaugura il mio ingresso nel mondo degli acquirenti di musica. A quel primo LP ne seguiranno circa un migliaio, in vinile, e poi qualche migliaio in cd. In mezzo oltre diecimila cassette audio. Gli MP3 ho smesso di contarli.
Torno all’epoca. Passano gli anni, pochi, in realtà, cinque, ma tanti per un adolescente. Io divento un seguace dell’hardcore, senza più strumenti da studiare, bye bye violoncello. Sono a Vasto e arriva la notizia della morte di Freddie Mercury, per una malattia che ha occupato di forza i media sul volgere della decade precedente. Io sono ormai votato alla causa di Grant Hart e Henry Rollins, pronto a passare, di lì a poco, dalle parti di Seattle. La notizia mi colpisce, ma cerco di elaborare il lutto con la stessa freddezza con cui piangiamo i giocattoli di quando eravamo piccoli che nostra madre ha regalato ai figli di qualche sua amica.
Anni dopo, quando alla passione è subentrata anche la razionalità, i Queen sono tornati a essere quello che dovevano essere, una band che ha fatto la storia del rock, da studiare, per chi si avvicina alla musica, e da godere, per chi ha deciso, consciamente o meno, che la musica è una parte importante della sua vita. Grazie Freddie.
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"Sono pronto a prendere in considerazione un impegno delle forze britanniche sul terreno insieme ad altri se si raggiungerà un accordo di pace duraturo", ha dichiarato il leader, dopo un incontro di emergenza a Parigi con i suoi omologhi europei. “Ma deve esserci il sostegno degli Stati Uniti, perché una garanzia di sicurezza da parte degli Stati Uniti è l’unico modo per scoraggiare efficacemente la Russia dall’attaccare nuovamente l’Ucraina”, ha aggiunto.
Milano, 17 feb. (Adnkronos) - Luca Tomassini, ex rappresentante legale della Vetrya, che si era aggiudicata l'incarico per lo sviluppo dei servizi digital delle Olimpiadi e Paraolimpiadi Milano-Cortina 2026, si è presentato in procura a Milano e si è riservato di tornare per spiegare alcuni aspetti dell'inchiesta per turbativa d'asta e corruzione. Accompagnato dal difensore Giordano Balossi, l'indagato ha interloquito con i titolari dell'indagine - l'aggiunta Tiziana Siciliano e coi pm Francesco Cajani e Alessandro Gobbis - e si è riservato su un possibile interrogatorio più approfondito. Confronto atteso a breve e comunque prima della scadenza del termine delle indagini che è previsto per metà marzo.
Tel Aviv, 17 feb. (Adnkronos/Afp) - Il ministro della Difesa israeliano Israel Katz ha annunciato di voler creare un'agenzia speciale per la "partenza volontaria" dei residenti di Gaza, dopo l'impegno del primo ministro a rispettare il piano del presidente americano di prendere il controllo del territorio palestinese e di sfollarne gli abitanti.
"Il ministro della Difesa Israel Katz ha tenuto una riunione oggi sulla partenza volontaria dei residenti di Gaza, dopo di che ha deciso di creare un'agenzia speciale per la partenza volontaria dei residenti di Gaza all'interno del Ministero della Difesa", si legge in una nota del ministero.
Almaty, 17 feb. (Adnkronos/Afp) - Sette persone sono rimaste intrappolate in una miniera di rame nel Kazakistan centrale a causa di un crollo. Lo hanno reso noto le autorità locali, aggiungendo che sono in corso le operazioni di soccorso. Secondo quanto riportato dai media kazaki, l'incidente è avvenuto a una profondità di circa 640 metri.
"A causa della rottura dei cavi, al momento non c'è comunicazione con i lavoratori", ha affermato in una nota il gestore della miniera, Kazakhmys. Non è stato specificato quando è avvenuto l'incidente, ma si è verificato presso lo stabilimento "Zhomart" dell'azienda, inaugurato nel 2006 nella regione centrale di Ulytau.
Roma, 17 feb. (Adnkronos) - Giorgia Meloni ha lasciato il vertice di Parigi senza alcuna dichiarazione all'uscita. Per il momento non c'è una valutazione in chiaro da parte della presidente del Consiglio. Ma a Roma, a Montecitorio, le opposizioni incalzano e chiedono alla premier di venire in aula a chiarire in Parlamento cosa sta accadendo e quale è la linea dell'Italia nello sconquasso provocato dalle mosse dell'amministrazione Trump in Europa e sul fronte del conflitto ucraino. Pd, Movimento 5 Stelle e Avs si fanno portatori della richiesta. I 5 Stelle chiedono comunicazioni in aula con un voto.
"La presidente Meloni deve venire in aula a riferire su quanto sta accadendo. Su quella -dice Nicola Fratoianni- che potrebbe diventare la road map per una pace, per un cessate il fuoco, per un accordo in Ucraina. Si annuncia a Riad l'incontro tra la delegazione americana e quella russa. Un incontro in cui l'Europa non esiste e penso che questo sia un problema di cui il Parlamento, tutto il Parlamento, dovrebbe discutere. Non c'è tempo da perdere".
A nome del Pd parla il responsabile Esteri, Peppe Provenzano: "Giorgia Meloni deve venire in Aula, perché siamo alla fine del mondo di ieri", esordisce. "Gli alleati che ci avevano aiutato a liberarci dall'abisso del nazifascismo, oggi spalleggiano gli estremisti di destra, nostalgici del nazismo, in Germania. L'idea di escludere l'Europa dal negoziato per la pace in Ucraina è un attacco diretto al nostro continente". Di fronte a tutto questo, incalzano i dem, la premier "deve dirci da che parte vuole stare". Provenzano richiama "l'improvvida solitaria presenza della premier alla cerimonia giuramento di Trump", modo per sottolineare un "rapporto privilegiato" con la nuova amministrazione. Ma "in pochi giorni si è aperta una voragine nell'Atlantico" E "l'Italia deve scegliere da che parte stare. Il governo deve dirci da che parte vuole stare. Se partecipare al rilancio di un necessario protagonismo dell'Europa o continuare a stare dalla parte di chi vuole picconare la nostra costruzione comune".
E se il Pd conferma la linea del supporto a Kiev insieme alla richiesta di uno sforzo diplomatico europeo, i 5 Stelle rivendicano di sostenere "da tempo che andava trovata una soluzione diplomatica". Fino "a pochi mesi fa la premier Meloni diceva che con Putin era inutile parlare. Mi chiedo se ora direbbe lo stesso anche a Trump. Vogliamo delle comunicazioni del governo sulle novità della situazione ucraina, e le vogliamo con voto. Vorremmo sentire almeno per una volta Giorgia Meloni. La aspettiamo''.
Sul punto è poi tornato anche il capogruppo M5S, Riccardo Ricciardi, quando tutta l'aula si è alzata per una standing ovation in solidarietà al presidente Sergio Mattarella per gli attacchi subiti da parte del governo russo. Ricciardi nel dare solidarietà sottolinea però che il passaggio fatto dal capo dello Stato a Marsiglia, "che sicuramente è stato male interpretato, è un passaggio che noi non avremmo fatto perché dà la leva alla narrazione che da più due anni si sta facendo in Italia e in Europa, che giustifica il continuo invio di armi per continuare una guerra che ora si rendono tutti conto dovrà arrivare a una trattativa".
A stretto giro la replica in aula del capogruppo Fdi, Galeazzo Bignami: "Sono maldestri i tentativi di qualcuno di aprire, anche su questo, una distinzione che non ha ragione d’essere perché ci sarà tempo e modo di poter discutere se la trattiva di pace” sull’Ucraina “si aprirà grazie magari all’invio delle brigate del reddito di cittadinanza o grazie al fatto che qualcuno è stato al fianco di Kiev, grazie alla postura di questo governo, in continuità anche rispetto a quando voi avevate votato a favore dell’invio di armi".
Riad, 7 feb. (Adnkronos/Afp) - La delegazione russa, tra cui il ministro degli Esteri Sergei Lavrov e il consigliere del Cremlino Yuri Ushakov, è arrivata in Arabia Saudita per colloqui di alto livello con funzionari statunitensi. Lo ha riferito la televisione di Stato russa.
Il canale di notizie Rossiya 24 ha mostrato i funzionari sbarcare da un aereo nella capitale saudita Riad. "La cosa principale è iniziare una vera normalizzazione delle relazioni tra noi e Washington", ha detto Ushakov a un giornalista dopo l'atterraggio.
Roma, 17 feb. (Adnkronos) - "La Lega, da sempre sincera sostenitrice della pace, confida che in Europa prevalga il buonsenso, anche grazie all’azione di un governo italiano forte e compatto. Incomprensibili gli attacchi di certa sinistra contro il Presidente Trump, che in poche settimane ha fatto - per la pace e la stabilità dell’intero Occidente - più di Biden in anni interi. Dopo troppi morti è l’ora di voltare pagina: il nemico non è Trump ma chi non vuole mettere fine ai conflitti". Così fonti della Lega.