Altro che le fantomatiche multe non pagate dal sindaco Marino, che probabilmente non costituivano altro che un diversivo escogitato in vista della bufera che si avvicinava! Gli arresti di oggi confermano l’esistenza di una sistema di riciclaggio, usura e corruzione bipartisan solidamente installata nei punti chiave del governo capitolino. Sembra che le bande abbiano abbandonato la Magliana e si siano riversate sul Campidoglio.
L’inchiesta condotta dal procuratore capo Pignatone ha ravvisato l’esistenza di vari reati, innanzitutto l’associazione mafiosa per l’ex sindaco ma anche estorsione, usura, corruzione, turbativa d’asta, false fatturazioni, trasferimento fraudolento di valori, riciclaggio per gli altri 37 arrestati. Ricordiamo che il delitto di associazione mafiosa è definito nei seguenti termini dal comma 3 dell’art. 416bis del Codice penale: “L’associazione è di tipo mafioso quando coloro che ne fanno parte si avvalgono della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva per commettere delitti, per acquisire in modo diretto o indiretto la gestione o comunque il controllo di attività economiche, di concessioni, di autorizzazioni, appalti e servizi pubblici o per realizzare profitti o vantaggi ingiusti per sé o per altri”.
L’ipotesi di reato formulata da Pignatone contempla quindi l’esistenza di un vero e proprio “vincolo associativo” fra gli imputati. Lo stesso procuratore ha sottolineato il ruolo della cricca di Alemanno: “alcuni uomini vicini all’ex sindaco Alemanno sono componenti a pieno titolo dell’organizzazione mafiosa e protagonisti di episodi di corruzione. Con la nuova amministrazione il rapporto è cambiato ma Carminati e Buzzi erano tranquilli chiunque vincesse le elezioni”.
Il fatto che Carminati e Buzzi potessero stare tranquilli in ogni caso indica evidentemente l’esistenza di una vasta rete di complicità che coinvolge buona parte del Partito Democratico, alcuni esponenti importanti del quale sono in effetti finiti nella rete degli inquirenti.
Ma siamo solo all’inizio. Anche perché, come affermato da Pignatone proprio nel corso del suo intervento alla recente Conferenza programmatica del Pd: “La magistratura penale persegue fatti illeciti, reati, e se un reato non sussiste secondo le norme vigenti non deve neanche iniziare le indagini o le deve concludere con l’archiviazione. Questo però non significa che tutto quello che non è reato sia legittimo o rispondente a criteri di buona amministrazione e, ancora meno, che sia eticamente apprezzabile. In questo senso non si può richiedere al giudice penale, come spesso è avvenuto e continua ad avvenire, di affrontare e risolvere tutti i problemi della nostra società addossandogli così una forma di supplenza che non gli compete e che non ha gli strumenti per soddisfare, rispetto ad altri organi e istituzioni”.
Parole chiare che rinviano alla responsabilità della cittadinanza. Quest’ultima pare distratta dalle odiose e strumentali campagne contro i richiedenti asilo e i rom, sicuramente orchestrate anche per distogliere l’attenzione dai veri problemi della nostra città e del nostro Paese. E’ invece giunto il momento di dedicarsi ai problemi reali riprendendo in mano il governo della città mediante strutture di base, fondate sulla partecipazione democratica, che denuncino ogni episodio di corruzione, affermando al tempo stesso i diritti inderogabili della città.
Il problema non riguarda peraltro solo Roma, ma l’intera Italia. Quante opere pubbliche, fra quelle finanziate da decreti governativi non rispondono certo all’interesse del Paese ma a quello delle cricche che lo stanno devastando? Per combattere la corruzione, oggi il principale problema nazionale, occorrono certamente le misure richieste da Pignatone nel citato intervento e cioè: “Modifica della prescrizione e del falso in bilancio, introduzione dell’autoriciclaggio, eventuale revisione della disciplina della corruzione e del trattamento penale delle violazioni tributarie; soprattutto, una maggiore celerità ed efficienza delle procedure; su tutto questo aspettiamo le decisioni del legislatore”. Nonché “prevedere, come per i collaboratori di giustizia nei processi di mafia, meccanismi premiali per il corruttore o per il corrotto che entro un certo periodo di tempo, anche dopo l’inizio delle indagini, denunzi l’avvenuta consumazione del reato fornendo elementi per la punizione della sua controparte”.
Pare tuttavia che il governo Renzi sia troppo impegnato a stravolgere la Costituzione e demolire i residui diritti dei lavoratori per dedicarsi a queste inezie. E che neanche il fatto che il suo partito sia pesantemente coinvolto nel malaffare riesca a scuoterlo dal suo forse intenzionale torpore in materia.
Fabio Marcelli
Giurista internazionale
Cronaca - 2 Dicembre 2014
Alemanno indagato: smantelliamo la mafia bipartisan che sta saccheggiando Roma e l’Italia
Altro che le fantomatiche multe non pagate dal sindaco Marino, che probabilmente non costituivano altro che un diversivo escogitato in vista della bufera che si avvicinava! Gli arresti di oggi confermano l’esistenza di una sistema di riciclaggio, usura e corruzione bipartisan solidamente installata nei punti chiave del governo capitolino. Sembra che le bande abbiano abbandonato la Magliana e si siano riversate sul Campidoglio.
L’inchiesta condotta dal procuratore capo Pignatone ha ravvisato l’esistenza di vari reati, innanzitutto l’associazione mafiosa per l’ex sindaco ma anche estorsione, usura, corruzione, turbativa d’asta, false fatturazioni, trasferimento fraudolento di valori, riciclaggio per gli altri 37 arrestati. Ricordiamo che il delitto di associazione mafiosa è definito nei seguenti termini dal comma 3 dell’art. 416bis del Codice penale: “L’associazione è di tipo mafioso quando coloro che ne fanno parte si avvalgono della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva per commettere delitti, per acquisire in modo diretto o indiretto la gestione o comunque il controllo di attività economiche, di concessioni, di autorizzazioni, appalti e servizi pubblici o per realizzare profitti o vantaggi ingiusti per sé o per altri”.
L’ipotesi di reato formulata da Pignatone contempla quindi l’esistenza di un vero e proprio “vincolo associativo” fra gli imputati. Lo stesso procuratore ha sottolineato il ruolo della cricca di Alemanno: “alcuni uomini vicini all’ex sindaco Alemanno sono componenti a pieno titolo dell’organizzazione mafiosa e protagonisti di episodi di corruzione. Con la nuova amministrazione il rapporto è cambiato ma Carminati e Buzzi erano tranquilli chiunque vincesse le elezioni”.
Il fatto che Carminati e Buzzi potessero stare tranquilli in ogni caso indica evidentemente l’esistenza di una vasta rete di complicità che coinvolge buona parte del Partito Democratico, alcuni esponenti importanti del quale sono in effetti finiti nella rete degli inquirenti.
Ma siamo solo all’inizio. Anche perché, come affermato da Pignatone proprio nel corso del suo intervento alla recente Conferenza programmatica del Pd: “La magistratura penale persegue fatti illeciti, reati, e se un reato non sussiste secondo le norme vigenti non deve neanche iniziare le indagini o le deve concludere con l’archiviazione. Questo però non significa che tutto quello che non è reato sia legittimo o rispondente a criteri di buona amministrazione e, ancora meno, che sia eticamente apprezzabile. In questo senso non si può richiedere al giudice penale, come spesso è avvenuto e continua ad avvenire, di affrontare e risolvere tutti i problemi della nostra società addossandogli così una forma di supplenza che non gli compete e che non ha gli strumenti per soddisfare, rispetto ad altri organi e istituzioni”.
Parole chiare che rinviano alla responsabilità della cittadinanza. Quest’ultima pare distratta dalle odiose e strumentali campagne contro i richiedenti asilo e i rom, sicuramente orchestrate anche per distogliere l’attenzione dai veri problemi della nostra città e del nostro Paese. E’ invece giunto il momento di dedicarsi ai problemi reali riprendendo in mano il governo della città mediante strutture di base, fondate sulla partecipazione democratica, che denuncino ogni episodio di corruzione, affermando al tempo stesso i diritti inderogabili della città.
Il problema non riguarda peraltro solo Roma, ma l’intera Italia. Quante opere pubbliche, fra quelle finanziate da decreti governativi non rispondono certo all’interesse del Paese ma a quello delle cricche che lo stanno devastando? Per combattere la corruzione, oggi il principale problema nazionale, occorrono certamente le misure richieste da Pignatone nel citato intervento e cioè: “Modifica della prescrizione e del falso in bilancio, introduzione dell’autoriciclaggio, eventuale revisione della disciplina della corruzione e del trattamento penale delle violazioni tributarie; soprattutto, una maggiore celerità ed efficienza delle procedure; su tutto questo aspettiamo le decisioni del legislatore”. Nonché “prevedere, come per i collaboratori di giustizia nei processi di mafia, meccanismi premiali per il corruttore o per il corrotto che entro un certo periodo di tempo, anche dopo l’inizio delle indagini, denunzi l’avvenuta consumazione del reato fornendo elementi per la punizione della sua controparte”.
Pare tuttavia che il governo Renzi sia troppo impegnato a stravolgere la Costituzione e demolire i residui diritti dei lavoratori per dedicarsi a queste inezie. E che neanche il fatto che il suo partito sia pesantemente coinvolto nel malaffare riesca a scuoterlo dal suo forse intenzionale torpore in materia.
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Roma, 20 feb. (Adnkronos) - "Tweet invecchiati male: un sottosegretario alla giustizia che attacca i magistrati che lo condannano. E la Meloni sta con lui. Dalla Repubblica delle Banane è tutto". Lo scrive Matteo Renzi sui social postando un tweet di Andrea Delmastro del 2015 in cui scriveva: "Renzi contro la magistratura. Esiste qualcosa che non sappia di berlusconismo con 20 anni di ritardo? #figliodiberlusconi".
Roma, 20 feb. (Adnkronos) - “Lo scontro tra i ministri Lollobrigida e Piantedosi sulla vicenda Bari conferma l’arroganza e lo scarso senso dello Stato di questa destra. Un esponente come Lollobrigida avrebbe preteso, fuori da ogni regola e ignorando il lavoro della Commissione di accesso, di imporre al Ministro dell’Interno lo scioglimento del Comune di Bari. Fin dall’inizio la destra si è comportata in questo modo, ma tutto ha dimostrato l’infondatezza di queste accuse e manovre, il lavoro importante contro le mafie svolto da sindaco De Caro e presidente Emiliano. Non può essere che un ministro come Lollobrigida si comporti in questo modo. Chiameremo il Governo a risponderne”. Così il capogruppo Pd in commissione Antimafia Walter Verini.
Roma, 20 feb. (Adnkronos) - "Il sottosegretario alla giustizia Delmastro, condannato a otto mesi di carcere per rivelazione di segreto d’ufficio e un anno di interdizione dai pubblici uffici, ha dichiarato di non volersi dimettere. È senza vergogna. Se ne vada e lo faccia il prima possibile. Le istituzioni sono una cosa seria, non la proprietà privata di qualcuno”. Così sui social Antonio Misiani della segreteria del Partito Democratico.
Milano, 20 feb. (Adnkronos) - I carabinieri hanno raccolto tutte le dichiarazioni rese dagli staff e direttamente dagli imprenditori contattati dal gruppo di truffatori che usando il nome del ministro della Difesa Guido Crosetto hanno tentato raggiri milionari. La banda ha contattato almeno una decina delle famiglie più note e ricche in Italia, tra cui Massimo Moratti (l'unica vittima che ha denunciato il raggiro subito), Marco Tronchetti Provera, esponenti delle famiglie Beretta, Del Vecchio, Caprotti e Della Valle, lo stilista Giorgio Armani.
Una volta sentiti dai militari non tutte le persone che hanno risposto alle telefonate del finto ministro o del sedicente generale hanno deciso di sporgere denuncia. La procura di Milano che indaga sulle truffe sta proseguendo il lavoro sul fronte internazionale, per capire i movimenti bancari del denaro recuperato, mentre restano due gli indagati stranieri per associazione per delinquere finalizzata.
Roma, 20 feb. (Adnkronos) - "Delmastro è sottosegretario alla Giustizia, la sua condanna è grave già solo per questo. In più questa condanna arriva perché ha usato i suoi attuali poteri di sottosegretario per manganellare l'opposizione in Parlamento rivelando informazioni che non potevano essere rivelate. C'è un evidente e gigantesco problema politico. Non può restare al suo posto, è inaccettabile". Così Anna Ascani, Vicepresidente della Camera e deputata dem, intervenendo a Metropolis.
Roma, 20 feb. (Adnkronos) - “Senza disciplina. Senza onore. Doveva dimettersi ben prima, a prescindere dalla condanna. Ogni minuto di permanenza in carica di Delmastro è un insulto alle istituzioni”. Così sui social Peppe Provenzano della segreteria del Partito Democratico.
Roma, 20 feb. (Adnkronos) - Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha ricevuto nel pomeriggio al Quirinale, in separate udienze, per la presentazione delle Lettere Credenziali, i nuovi Ambasciatori: S.E. Vladimir Karapetyan, Repubblica di Armenia; S.E. Roberto Balzaretti, Confederazione Svizzera; S.E. Francella Maureen Strickland, Stato Indipendente di Samoa; S.E. Amb. Matthew Wilson, Barbados; S.E. Augusto Artur António da Silva, Repubblica della Guinea Bissau; S.E. Noah Touray, Repubblica del Gambia; S.E. Richard Brown, Giamaica. Era presente il Vice Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, Edmondo Cirielli. Si legge in una nota del Quirinale.