Una settimana dopo la sentenza che ha dato ragione ai precari della scuola, condannando Roma a stabilizzarli tutti, dalla Corte di giustizia dell’Unione europea arriva una nuova tegola per il governo Renzi. Il tribunale del Lussemburgo ha infatti condannato l’Italia a sanzioni per inadempienza alle direttive comunitarie sui rifiuti. Oltre a una somma forfettaria di 40 milioni di euro, la Corte ha deciso che Roma, fino al momento in cui avrà dato piena esecuzione a una precedente sentenza del 2007, dovrà pagare una penalità di 42,8 milioni di euro per ogni semestre di ritardo nell’attuazione delle misure necessarie. Sette anni fa la Corte aveva dichiarato che l’Italia era venuta meno “in modo generale e persistente agli obblighi relativi alla gestione dei rifiuti stabiliti dalle direttive relative ai rifiuti, ai rifiuti pericolosi e alle discariche di rifiuti”. E da allora a oggi nulla è cambiato. Anche se il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti ha replicato dicendo che la multa “è riferita al passato” e l’Italia si muoverà “per non pagare nemmeno un euro” in quanto nel frattempo “si è sostanzialmente messa in regola”.
I giudici non sono d’accordo. Anzi, scrivono che “l’obbligo di recuperare i rifiuti o di smaltirli senza pericolo per l’uomo o per l’ambiente nonché quello, per il detentore, di consegnarli ad un raccoglitore che effettui le operazioni di smaltimento o di recupero di rifiuti o di provvedere egli stesso (…) sono stati violati in modo persistente“. L’Italia “non si è assicurata che il regime di autorizzazione istituito fosse effettivamente applicato e rispettato. Essa non ha assicurato la cessazione effettiva delle operazioni realizzate in assenza di autorizzazione“. E “non ha neppure provveduto ad una catalogazione e un’identificazione esaustive di ciascuno dei rifiuti pericolosi sversati nelle discariche. Infine, essa continua a violare l’obbligo di garantire che per determinate discariche sia adottato un piano di riassetto o un provvedimento definitivo di chiusura”.
“Un numero importante di discariche abusive si registra ancora in quasi tutte le regioni italiane”
In particolare, 218 discariche ubicate in 18 delle 20 regioni italiane non erano conformi alla direttiva rifiuti e 16 discariche su 218 contenevano rifiuti pericolosi. Infine, l’Italia non aveva dimostrato che 5 discariche fossero state oggetto di riassetto o di chiusura ai sensi della direttiva discariche. Nel corso della causa arrivata a sentenza martedì, la Commissione “ha affermato che, secondo le informazioni più recenti, 198 discariche non erano ancora conformi alla direttiva rifiuti e che, di esse, 14 non erano conformi neppure alla direttiva rifiuti pericolosi”. Inoltre, ci sarebbero ancora due discariche non conformi alla direttiva discariche del 1999.
La Corte del Lussemburgo, che ha il compito di assicurare “il rispetto del diritto nell’interpretazione e nell’applicazione dei trattati”, nella sentenza ricorda innanzitutto che la mera chiusura di una discarica o la copertura dei rifiuti con terra e detriti non è sufficiente per adempiere agli obblighi derivanti dalla direttiva rifiuti. Pertanto “i provvedimenti di chiusura e di messa in sicurezza delle discariche non sono sufficienti per conformarsi alla direttiva”. Oltre a questo, “gli Stati membri sono tenuti a verificare se sia necessario bonificare le vecchie discariche abusive e, all’occorrenza, sono tenuti a bonificarle. Il sequestro della discarica e l’avvio di un procedimento penale contro il gestore non costituiscono misure sufficienti”.
L’Italia “non si è assicurata che il regime di autorizzazione istituito fosse effettivamente applicato”
La Corte rileva poi che, alla scadenza del tempo concesso all’Italia per adeguarsi alle norme Ue, “lavori di bonifica erano ancora in corso o non erano stati iniziati in certi siti; riguardo ad altri siti, non è stato fornito alcun elemento utile a determinare la data in cui detti lavori sarebbero stati eseguiti”. La conclusione dei giudici è che l’Italia “non ha adottato tutte le misure necessarie a dare esecuzione alla sentenza del 2007 e che è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza del diritto dell’Unione”.
“Il sequestro della discarica e l’avvio di un procedimento penale contro il gestore non sono sufficienti”
Per di più “l’inadempimento dura da oltre sette anni e, dopo la scadenza del termine impartito, le operazioni sono state compiute con grande lentezza; un numero importante di discariche abusive si registra ancora in quasi tutte le regioni italiane”. Di qui la decisione di “infliggere una penalità decrescente, il cui importo sarà ridotto progressivamente in ragione del numero di siti che saranno messi a norma conformemente alla sentenza”: dai 42,8 milioni di multa semestrale saranno sottratti 200mila euro per ogni discarica messa a norma e 400mila euro per ogni sito con rifiuti pericolosi messo a norma. “L’imposizione su base semestrale consentirà di valutare l’avanzamento dell’esecuzione degli obblighi da parte dell’Italia”.
Secondo Galletti “la sentenza sanziona una situazione che risale a sette anni fa” ma nel frattempo “siamo passati da 4.866 discariche abusive contestate a 218 nell’aprile 2013. Una cifra che a oggi si è ulteriormente ridotta a 45 discariche. Con la legge di stabilità 2014 sono stati stanziati 60 milioni di euro per un programma straordinario che consentirà di bonificare 30 delle 45 discariche rimaste, anche attraverso accordi di programma sottoscritti in questi giorni con Abruzzo, Veneto, Puglia e Sicilia”. Mentre “le restanti 15 discariche abusive saranno bonificate con un ulteriore impegno di 60 milioni di euro”. “Andremo in Europa – ha concluso Galletti – con la forza delle cose fatte, lavorando in stretta collaborazione con le istituzioni Ue, per non pagare nemmeno un euro di quella multa figlia di un vecchio e pericoloso modo di gestire i rifiuti con cui vogliamo una volta per tutte chiudere i conti”.
Sempre martedì il tribunale della Ue ha anche respinto il ricorso presentato dall’Italia contro la decisione della Commissione europea di tagliare di 70,9 milioni di euro i fondi comunitari destinati a Roma “a causa di irregolarità nei controlli afferenti il regime delle quote latte riscontrate in Abruzzo, Lazio, Marche, Puglia, Sardegna, Calabria, Friuli Venezia Giulia e Valle D’Aosta, nelle campagne 2004/2005, 2005/2006 e 2006/2007″. L’Italia ha ora due mesi per appellarsi alla sentenza.
Ambiente & Veleni
Rifiuti, Corte di giustizia Ue multa Italia: 42,8 milioni ogni 6 mesi di inadempienza
La condanna è arrivata perché Roma non si è adeguata alla direttiva europea sullo smaltimento e il recupero. "Violato in modo persistente l'obbligo di recuperare i rifiuti o di smaltirli senza pericolo per l’uomo o per l’ambiente"
Una settimana dopo la sentenza che ha dato ragione ai precari della scuola, condannando Roma a stabilizzarli tutti, dalla Corte di giustizia dell’Unione europea arriva una nuova tegola per il governo Renzi. Il tribunale del Lussemburgo ha infatti condannato l’Italia a sanzioni per inadempienza alle direttive comunitarie sui rifiuti. Oltre a una somma forfettaria di 40 milioni di euro, la Corte ha deciso che Roma, fino al momento in cui avrà dato piena esecuzione a una precedente sentenza del 2007, dovrà pagare una penalità di 42,8 milioni di euro per ogni semestre di ritardo nell’attuazione delle misure necessarie. Sette anni fa la Corte aveva dichiarato che l’Italia era venuta meno “in modo generale e persistente agli obblighi relativi alla gestione dei rifiuti stabiliti dalle direttive relative ai rifiuti, ai rifiuti pericolosi e alle discariche di rifiuti”. E da allora a oggi nulla è cambiato. Anche se il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti ha replicato dicendo che la multa “è riferita al passato” e l’Italia si muoverà “per non pagare nemmeno un euro” in quanto nel frattempo “si è sostanzialmente messa in regola”.
I giudici non sono d’accordo. Anzi, scrivono che “l’obbligo di recuperare i rifiuti o di smaltirli senza pericolo per l’uomo o per l’ambiente nonché quello, per il detentore, di consegnarli ad un raccoglitore che effettui le operazioni di smaltimento o di recupero di rifiuti o di provvedere egli stesso (…) sono stati violati in modo persistente“. L’Italia “non si è assicurata che il regime di autorizzazione istituito fosse effettivamente applicato e rispettato. Essa non ha assicurato la cessazione effettiva delle operazioni realizzate in assenza di autorizzazione“. E “non ha neppure provveduto ad una catalogazione e un’identificazione esaustive di ciascuno dei rifiuti pericolosi sversati nelle discariche. Infine, essa continua a violare l’obbligo di garantire che per determinate discariche sia adottato un piano di riassetto o un provvedimento definitivo di chiusura”.
In particolare, 218 discariche ubicate in 18 delle 20 regioni italiane non erano conformi alla direttiva rifiuti e 16 discariche su 218 contenevano rifiuti pericolosi. Infine, l’Italia non aveva dimostrato che 5 discariche fossero state oggetto di riassetto o di chiusura ai sensi della direttiva discariche. Nel corso della causa arrivata a sentenza martedì, la Commissione “ha affermato che, secondo le informazioni più recenti, 198 discariche non erano ancora conformi alla direttiva rifiuti e che, di esse, 14 non erano conformi neppure alla direttiva rifiuti pericolosi”. Inoltre, ci sarebbero ancora due discariche non conformi alla direttiva discariche del 1999.
La Corte del Lussemburgo, che ha il compito di assicurare “il rispetto del diritto nell’interpretazione e nell’applicazione dei trattati”, nella sentenza ricorda innanzitutto che la mera chiusura di una discarica o la copertura dei rifiuti con terra e detriti non è sufficiente per adempiere agli obblighi derivanti dalla direttiva rifiuti. Pertanto “i provvedimenti di chiusura e di messa in sicurezza delle discariche non sono sufficienti per conformarsi alla direttiva”. Oltre a questo, “gli Stati membri sono tenuti a verificare se sia necessario bonificare le vecchie discariche abusive e, all’occorrenza, sono tenuti a bonificarle. Il sequestro della discarica e l’avvio di un procedimento penale contro il gestore non costituiscono misure sufficienti”.
La Corte rileva poi che, alla scadenza del tempo concesso all’Italia per adeguarsi alle norme Ue, “lavori di bonifica erano ancora in corso o non erano stati iniziati in certi siti; riguardo ad altri siti, non è stato fornito alcun elemento utile a determinare la data in cui detti lavori sarebbero stati eseguiti”. La conclusione dei giudici è che l’Italia “non ha adottato tutte le misure necessarie a dare esecuzione alla sentenza del 2007 e che è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza del diritto dell’Unione”.
Per di più “l’inadempimento dura da oltre sette anni e, dopo la scadenza del termine impartito, le operazioni sono state compiute con grande lentezza; un numero importante di discariche abusive si registra ancora in quasi tutte le regioni italiane”. Di qui la decisione di “infliggere una penalità decrescente, il cui importo sarà ridotto progressivamente in ragione del numero di siti che saranno messi a norma conformemente alla sentenza”: dai 42,8 milioni di multa semestrale saranno sottratti 200mila euro per ogni discarica messa a norma e 400mila euro per ogni sito con rifiuti pericolosi messo a norma. “L’imposizione su base semestrale consentirà di valutare l’avanzamento dell’esecuzione degli obblighi da parte dell’Italia”.
Secondo Galletti “la sentenza sanziona una situazione che risale a sette anni fa” ma nel frattempo “siamo passati da 4.866 discariche abusive contestate a 218 nell’aprile 2013. Una cifra che a oggi si è ulteriormente ridotta a 45 discariche. Con la legge di stabilità 2014 sono stati stanziati 60 milioni di euro per un programma straordinario che consentirà di bonificare 30 delle 45 discariche rimaste, anche attraverso accordi di programma sottoscritti in questi giorni con Abruzzo, Veneto, Puglia e Sicilia”. Mentre “le restanti 15 discariche abusive saranno bonificate con un ulteriore impegno di 60 milioni di euro”. “Andremo in Europa – ha concluso Galletti – con la forza delle cose fatte, lavorando in stretta collaborazione con le istituzioni Ue, per non pagare nemmeno un euro di quella multa figlia di un vecchio e pericoloso modo di gestire i rifiuti con cui vogliamo una volta per tutte chiudere i conti”.
Sempre martedì il tribunale della Ue ha anche respinto il ricorso presentato dall’Italia contro la decisione della Commissione europea di tagliare di 70,9 milioni di euro i fondi comunitari destinati a Roma “a causa di irregolarità nei controlli afferenti il regime delle quote latte riscontrate in Abruzzo, Lazio, Marche, Puglia, Sardegna, Calabria, Friuli Venezia Giulia e Valle D’Aosta, nelle campagne 2004/2005, 2005/2006 e 2006/2007″. L’Italia ha ora due mesi per appellarsi alla sentenza.
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(Adnkronos) - Stefano Conti è un uomo libero. L'Adnkronos può rivelare che al processo a Panama City sono cadute tutte le accuse. Raggiunto al telefono, Andrea Di Giuseppe, il parlamentare di Fratelli d'Italia eletto nella Circoscrizione Centro e Nord America, festeggia il risultato raggiunto dopo oltre due anni: "Dieci minuti fa ho parlato con il padre, si è commosso alla notizia che Stefano era finalmente stato prosciolto. Ha passato oltre 400 giorni in una delle peggiori galere del mondo, un luogo che non si riesce neanche a immaginare, e senza nessuna condanna, ma solo per una carcerazione preventiva in attesa di un processo che sembrava non arrivare mai. Ma insieme alla Farnesina e all'ambasciata, ho fatto di tutto per fargli ridurre la misura cautelare e farlo stare in una condizione meno disumana. L'anno scorso siamo riusciti a fargli avere i domiciliari, oggi la notizia più bella. Una grande vittoria per il nostro Paese".
Stefano Conti è un trader brianzolo di 40 anni, che per oltre due anni è stato accusato di tratta di esseri umani a scopo sessuale. Rischiava una condanna fino a 30 anni di reclusione, nonostante le presunte vittime avessero ritrattato le accuse, sostenendo di aver subito pressioni dalla polizia panamense.
Conti ha anche pubblicato un libro intitolato 'Ora parlo io: 423 giorni nell'inferno di Panama', in cui racconta la sua esperienza nel carcere panamense e ribadisce la sua innocenza. Il libro è uscito a dicembre scorso, in attesa dell'inizio del processo.
Andrea Di Giuseppe ha partecipato alle udienze preliminari, "non per influire sul merito della vicenda", spiega all'Adnkronos, ma per fargli avere il giusto processo che qualunque essere umano merita. Ho coinvolto la comunità italiana, ho parlato con i politici panamensi, sono stato accanto a lui davanti al giudice, per far capire al sistema giudiziario che quell'uomo non era solo, ma aveva accanto a sé il suo Paese”.
Conti "rimarrà ancora a Panama fino al 4 aprile, per motivi burocratici, ma appena avrà tutti i documenti in ordine potrà tornare in Italia", aggiunge il deputato italiano. Che non ha finito quella che è diventata una sorta di missione. "Dopo aver aiutato a liberare i due italiani in Venezuela, e dopo il più famoso caso di Chico Forti, il prossimo per cui mi impegnerò è l'ingegner Maurizio Cocco, rinchiuso in Costa d’Avorio da oltre due anni. Ne sentirete parlare presto". Sì perché gli italiani rinchiusi all'estero sono circa duemila, "e molti di questi sono in stato di carcerazione preventiva. Dei conti di Montecristo dimenticati da tutti. Ma ora il nostro governo, grazie anche all'azione dei sottosegretari agli Esteri Silli e Cirielli, e ovviamente all'attivismo della premier Meloni, sta finalmente affrontando questi casi. Non sono più dei fantasmi, ma dei nostri connazionali che devono poter avere tutta l'assistenza legale, politica e umana che possiamo dargli. È solo l'inizio. L'Italia sta contando e pesando di più nel mondo", conclude Di Giuseppe. (Di Giorgio Rutelli)
(Adnkronos) - Stefano Conti è un uomo libero. L'Adnkronos può rivelare che al processo a Panama City sono cadute tutte le accuse. Raggiunto al telefono, Andrea Di Giuseppe, il parlamentare di Fratelli d'Italia eletto nella Circoscrizione Centro e Nord America, festeggia il risultato raggiunto dopo oltre due anni: "Dieci minuti fa ho parlato con il padre, si è commosso alla notizia che Stefano era finalmente stato prosciolto. Ha passato oltre 400 giorni in una delle peggiori galere del mondo, un luogo che non si riesce neanche a immaginare, e senza nessuna condanna, ma solo per una carcerazione preventiva in attesa di un processo che sembrava non arrivare mai. Ma insieme alla Farnesina e all'ambasciata, ho fatto di tutto per fargli ridurre la misura cautelare e farlo stare in una condizione meno disumana. L'anno scorso siamo riusciti a fargli avere i domiciliari, oggi la notizia più bella. Una grande vittoria per il nostro Paese".
Stefano Conti è un trader brianzolo di 40 anni, che per oltre due anni è stato accusato di tratta di esseri umani a scopo sessuale. Rischiava una condanna fino a 30 anni di reclusione, nonostante le presunte vittime avessero ritrattato le accuse, sostenendo di aver subito pressioni dalla polizia panamense.
Conti ha anche pubblicato un libro intitolato 'Ora parlo io: 423 giorni nell'inferno di Panama', in cui racconta la sua esperienza nel carcere panamense e ribadisce la sua innocenza. Il libro è uscito a dicembre scorso, in attesa dell'inizio del processo.
Andrea Di Giuseppe ha partecipato alle udienze preliminari, "non per influire sul merito della vicenda", spiega all'Adnkronos, ma per fargli avere il giusto processo che qualunque essere umano merita. Ho coinvolto la comunità italiana, ho parlato con i politici panamensi, sono stato accanto a lui davanti al giudice, per far capire al sistema giudiziario che quell'uomo non era solo, ma aveva accanto a sé il suo Paese”.
Conti "rimarrà ancora a Panama fino al 4 aprile, per motivi burocratici, ma appena avrà tutti i documenti in ordine potrà tornare in Italia", aggiunge il deputato italiano. Che non ha finito quella che è diventata una sorta di missione. "Dopo aver aiutato a liberare i due italiani in Venezuela, e dopo il più famoso caso di Chico Forti, il prossimo per cui mi impegnerò è l'ingegner Maurizio Cocco, rinchiuso in Costa d’Avorio da oltre due anni. Ne sentirete parlare presto". Sì perché gli italiani rinchiusi all'estero sono circa duemila, "e molti di questi sono in stato di carcerazione preventiva. Dei conti di Montecristo dimenticati da tutti. Ma ora il nostro governo, grazie anche all'azione dei sottosegretari agli Esteri Silli e Cirielli, e ovviamente all'attivismo della premier Meloni, sta finalmente affrontando questi casi. Non sono più dei fantasmi, ma dei nostri connazionali che devono poter avere tutta l'assistenza legale, politica e umana che possiamo dargli. È solo l'inizio. L'Italia sta contando e pesando di più nel mondo", conclude Di Giuseppe. (Di Giorgio Rutelli)
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Più che le conclusioni del Consiglio europeo sembrano un bollettino di guerra, con i nostri governanti che, in un clima di ubriacatura collettiva, programmano una spesa straordinaria di miliardi su miliardi per armi, missili e munizioni. E la premier Meloni cosa dice? 'Riarmo non è la parola adatta' per questo piano. Si preoccupa della forma e di come ingannare i cittadini. Ma i cittadini non sono stupidi! Giorgia Meloni come lo vuoi chiamare questo folle programma che, anziché offrire soluzioni ai bisogni concreti di famiglie e imprese, affossa l’Europa della giustizia e della civiltà giuridica per progettare l’Europa della guerra?". Lo scrive Giuseppe Conte sui social.
"I fatti sono chiari: dopo 2 anni e mezzo di spese, disastri e fallimenti in Ucraina anziché chiedere scusa agli italiani, Meloni ha chiesto a Von der Leyen di investire cifre folli in armi e spese militari dopo aver firmato sulla nostra testa a Bruxelles vincoli e tagli sugli investimenti che ci servono davvero su sanità, energia, carovita, industria e lavoro. Potremmo trovarci a spendere oltre 30 miliardi aggiuntivi sulle armi mentre ne mettiamo 3 scarsi sul carobollette".
"Stiamo vivendo pagine davvero buie per l’Europa. I nostri governanti, dopo avere fallito con la strategia dell’escalation militare con la Russia, non hanno la dignità di ravvedersi, anzi rilanciano la propaganda bellica. La conclusione è che il blu di una bandiera di pace scolora nel verde militare. Dai 209 miliardi che noi abbiamo riportato in Italia dall'Europa per aziende, lavoro, infrastrutture, scuole e asili nido, passiamo a montagne di soldi destinati alle armi".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Much appreciated". Lo scrive Elon Musk su X commentando un post in cui si riporta la posizione della Lega e di Matteo Salvini sul ddl Spazio e Starlink. Anche il referente in Italia del patron di Tesla, Andrea Stroppa, ringrazia via social Salvini: "Grazie al vice PdC Matteo Salvini per aver preso posizione pubblicamente".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - Gianfranco Librandi, presidente del movimento politico “L’Italia c’è”, ha smentito categoricamente le recenti affermazioni giornalistiche riguardanti una presunta “coalizione di volenterosi” per il finanziamento di Forza Italia. Librandi ha dichiarato: “Sono tutte fantasie del giornalista. Smentisco assolutamente di aver parlato di una coalizione di volenterosi che dovrebbero contribuire al finanziamento del partito”.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Il vergognoso oltraggio del Museo della Shoah di Roma è l'ennesimo episodio di un sentimento antisemita che purtroppo sta riaffiorando. È gravissima l'offesa alla comunità ebraica ed è gravissima l'offesa alla centralità della persona umana e all'amicizia tra i popoli. Compito di ognuno deve essere quello di prendere decisamente le distanze da questi vergognosi atti, purtroppo sempre più frequenti in ambienti della sinistra radicale infiltrata da estremisti islamici , che offendono la memoria storica e le vittime della Shoah. Esprimo la mia più sentita solidarietà all'intera Comunità ebraica con l'auspicio che tali autentici delinquenti razzisti antisemiti siano immediatamente assicurati alla giustizia ". Lo ha dichiarato Edmondo Cirielli, Vice Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Meloni ha perso un'occasione rispetto a due mesi fa quando si diceva che sarà il ponte tra l'America di Trump e l'Europa e invece Trump parla con Macron, con Starmer e lo farà con Merz. Meloni è rimasta un po' spiazzata. Le consiglio di non essere timida in Europa perchè se pensa di sistemare i dazi un tete a tete con Trump, quello la disintegra. Meloni deve stare con l'Europa e Schlein quando le dice di non stare nel mezzo tra America e Europa è perchè nel mezzo c'è l'Oceano e si affoga". Lo dice Matteo Renzi a Diritto e Rovescio su Rete4.