Le condizioni in cui lavorano gli operai impegnati nella costruzione degli impianti di Qatar 2022 non è responsabilità della Fifa, ma delle imprese. Sepp Blatter lo dice senza giri di parole durante una visita in Sri Lanka. I lavoratori, secondo il numero uno dell’organismo che governa il calcio mondiale, sono impiegati di aziende provenienti da Francia, Germania e altri Paesi europei, “quindi la responsabilità è loro, non della Fifa”. Una dichiarazione stonata alla luce delle conferme governative giunte di recente che parlano di 964 lavoratori provenienti da Nepal, Bangladesh e India morti nel 2012 e 2013 durante il loro impiego nello stato del Golfo per la costruzione di stadi e infrastrutture legate alla Coppa del Mondo. Poche settimane fa un report di Amnesty International aveva sottolineato le condizioni di lavoro inaccettabili e gli abusi nel settore dell’edilizia qatariota. Feriti durante incidenti sul lavoro, operai privi di assicurazione e passaporto, condizioni disumane sui cantieri e turni di lavoro sfiancanti nonostante il caldo estremo e i salari bassi sono una realtà in Qatar. Tanto che anche le autorità, dopo le tardive ammissioni, hanno promesso riforme sociali dal 2015.

“I lavoratori avranno condizioni migliori grazie ai Mondiali – aveva detto Blatter – E questa situazione non riguarda solo il Qatar. La Fifa assicura che farà di tutto affinché gli operai possano lavorare nelle giuste condizioni”. Poi la puntualizzazione. Che attende dati di fatto dopo l’inchiesta a puntate pubblicata da The Guardian lo scorso luglio che documentava paghe da 1 euro l’ora e l’esistenza di baraccopoli nelle quali gli operai sono costretti a dormire tra un turno e l’altro. Oltre a stipendi arretrati anche di tredici mesi. Una situazione per la quale aveva promesso un intervento diretto il vice presidente della Fifa Jim Boyce.

Un Mondiale tormentato fin dalla sua nascita, poiché sull’edizione nel Golfo Persico non si sono ancora diradate le accuse di corruzione per l’assegnazione. Durante l’indagine condotta dal procuratore Michael Garcia erano emerse mazzette per cinque milioni di euro distribuite dal capo della federazione asiatica, Mohammed Bin Hammam, oltre a favori e pressioni per orientare i voti per il Qatar. Ma il rapporto finale della commissione etica interna, redatto dal giudice Hans Eckert, afferma che “non c’è stata alcuna irregolarità”. La scorsa settimana la Lega tedesca ha chiesto di poter visionare l’intera inchiesta di Garcia, minacciando addirittura una scissione come extrema ratio. Intanto in Qatar si continua a lavorare.

Twitter: @AndreaTundo1

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