Da “eia-eia-eia-alalà” a “eia-eia-eia… annamo a magnà”, il passo è breve. Ma prima di mangiarsi Roma, la politica, il Comune, le municipalizzate tutte, gli appalti e le forniture, finanche quelle per gli odiati centri di accoglienza di “negri” e “zingari”, i fascio mafiosi pensavano alla panza. Ristoranti, wine bar, club, la mazzetta saltella sulle bollicine di un prosecco. Non c’è ancora una guida Michelin di “Mafia Capitale” per i locali frequentati dai Carminati boys, né una guida poliglotta vi accompagnerà per le strade del terrore, quelle dove si “corca” di botte chi non rispetta i tempi dei cravattari o dove si toglie dalla faccia della terra un “infame”. E allora iniziamolo noi il tour del male. Da dove? Da via Veneto.
Café de Paris, porte sbarrate, fioriere piene di cicche, foto della dolce vita sbiadite. Qui una volta stazionavano i paparazzi alla ricerca di uno scatto, poi arrivò la ‘ndrangheta, quella degli Alvaro di Sinopoli e comprò tutto. Dopo il sequestro il Café venne affidato a una società, le cose non andarono bene e fu il fallimento. Ma Gianni Alemanno, l’ex sindaco nero oggi accusato di associazione mafiosa, nel 2008 fa in tempo a festeggiare i fratelli Lampada di Milano. Tartine e champagne nel tempio della dolce vita, con Gianni, allora ministro dell’Agricoltura, che omaggia “i noti industriali calabresi trapiantati a Milano”. Con lui Franco Morelli, un amico consigliere regionale in Calabria. Anche allora Gianni non sapeva e neppure immaginava, sta di fatto che quattro anni dopo quel festino, Giulio Lampada finì in galera per associazione mafiosa, trascinando nel fango anche l’amico Morelli, condannato a 4 anni e costretto a lasciare ogni ambizione politica.
I Nar e le nomine “Dar Bruttone”
Dalla via che ha affascinato Fellini a Piazza Tuscolo, luogo da sempre col cuore nero. Qui, nel 1947, fu fondata la prima sezione del Msi, oggi è il regno di Domenico e Luca Gramazio. Padre e figlio. Ex senatore il primo, capogruppo del Pdl alla Regione Lazio, il secondo. A pochi passi c’è il ristorante “Dar Bruttone”. Se magna. E tra una amatriciana, un rosso della casa e una “romanella” finale, si piazzano amici. È qui che il 23 luglio 2013, i Gramazio padre e figlio incontrano l’ex Nar Massimo Carminati, il re di Roma, il big boss di “Mafia Capitale”, grazie al lavoro fatto da Fabrizio Testa, fedelissimo di Gianni Alemanno. È qui che si decide la nomina di Giovanni Quarzo a capo della Commissione trasparenza del Comune di Roma. Un organismo che controlla appalti e bandi di gara. “Mo’ te sto a guardà sta cosa per la commissione trasparenza”, dice Carminati a Luca Gramazio. Il gruppo è solido, i vecchi camerati non mollano, anche se sono un po’ preoccupati per una strana rapina avvenuta nei locali della ex sezione nera. Carminati ne è certo: hanno messo delle microspie. E allora consiglia: “Fateglie fa ‘na bonifica, guardate dentro tutte le placche, fate smontare le plastiche”.
“Me li sto a comprà tutti”. Chi se ne frega se al Campidoglio le cose sono cambiate, se adesso c’è un sindaco che si chiama Ignazio Marino e il centrosinistra è maggioranza. Lui, Salvatore Buzzi, un passato da ex detenuto e un presente da potente lobbista delle coop sociali, ha le idee chiarissime e il portafogli a disposizione. E allora può brindare al ristorante “Rinaldo all’Acquedotto” sull’Appia. Mille e passa coperti, terrazze mozzafiato, una “grapperia” per i buongustai. Buzzi ha rapporti con tutti, con il capo della segreteria di Marino, Mattia Stella, e con Mirko Coratti, presidente dell’assemblea capitolina. “Me li sto a comprà tutti, semo diventati grossi”.
“Se vincono bene, se perdono…”
Dalle rovine dell’Appia alla sguaiata modernità di Ostia. Cambiano i commensali e pure il ristorante, questa volta è “il Pescatore”. Siamo nel maggio 2013 in piena campagna elettorale. Franco Panzironi, potente capo dell’Ama, la municipalizzata dei rifiuti urbani, ha organizzato una cena per Alemanno. C’è una gara in ballo e imprenditori voraci in attesa di vincerla. Buzzi è invitato. “Ce vado – dice a un imprenditore del settore – mi porto pure mia moglie e suggelliamo, poi se vincono bene, se perdono sa semo presi…”. L’imprenditore completa il pensiero: “…sa semo presi ‘ander…” e quello che segue.
“Abbiamo fatto dieci processi assieme”
È a mare che i vecchi camerati degli anni di piombo hanno trovato il loro buen retiro. Sono quelli che da ragazzini si ritrovavano all’Eur, nei pressi del ristorante panoramico “Il Fungo”, un luogo che suscita qualche nostalgia nell’ex terrorista nero Carminati: “Tutti amici da una vita… eh… non ho capito… poi… uno ha preso la sua strada… loro lo possono di’… sono amico di Mancini, ma con Mancini abbiamo fatto dieci processi quando eravamo ragazzini… stavamo al Fungo insieme… cioè… ma.. con tante altre persone… che magari hanno fatto carriera… che in questo momento magari non sono indagate… non hanno problemi che… per cui ho fatto cioè… ci sta che ne so… Fabio Panetta è il vice di Draghi alla Bce è amico mio… eravamo amici da quando eravamo ragazzini… cioè che vuol di’… ma poi lui… ognuno fa la vita sua… ognuno fa la sua strada”.
Ed è sulla spiaggia di Castelfusano che Lorenzo Alibrandi ha messo su un chiosco e uno stabilimento balneare. Lui è il fratello di Alessandro, un “camerata” dei Nar che negli anni Ottanta venne ucciso in uno scontro con la polizia. C’è uno di San Giovanni, un certo Danilo, che va in spiaggia e fa il prepotente. Interviene Carminati. Poche parole: “Lo sapevi che il fratello di quello era un compagno mio che è morto… cane, pezzo di merda”.
Quelli di Mafia Capitale hanno una loro diplomazia della paura. E a Roma si spara. Quartiere Camilluccia, afosa giornata di luglio. Silvio Fanella è nel suo appartamento di via Gandolfi. Il commando che ammazzerà l’ex cassiere del gruppo di Gennaro Mokbel, è venuto da Milano. Tra di loro un ex dei Nar, la stessa sigla dell’eversione nera di Masssimo Carminati. Dalla Roma bene alla periferia. Anagnina, Tuscolana, il regno dei Casamonica. Droga, estorsioni e usura. Un controllo del territorio ferreo. Regole rigide e botte da orbi per chi non rispetta i tempi dei pagamenti imposti dai cravattari.
da il Fatto Quotidiano del 4 dicembre 2014