In Italia quasi cinque milioni di persone soffrono di cuore. Ma tutti ricevono cure adeguate? E a che punto sono le nuove terapie? E quali sono i centri di eccellenza?
Chiediamo ai nostri lettori di raccontare le loro esperienze, alcune saranno pubblicate sul Fatto del Lunedì, altre troveranno spazio sul sito.
Un viaggio insieme con il premio Nobel Luc Montaigner per valutare le ultime ricerche, spesso finite nel dimenticatoio per mancanza di fondi.
Un’inchiesta inedita: “Le donne discriminate anche nella cura del cuore”.
Perché secondo gli ultimi studi spesso le donne che soffrono di cardiopatie non ricevono trattamenti uguali a quelli degli uomini. Le donne muoiono di più a causa delle malattie al cuore che per un tumore. Il motivo? I sintomi di un attacco cardiaco nella donna sono diversi e più vaghi di quelli degli uomini, e spesso vengono sottovalutati dai medici: respiro affannoso, un senso di malessere generale, sudorazione, diarrea, nausea e vertigini. Un quadro clinico scambiato per un attacco di panico o di ansia. Nel sesso maschile, invece, l’infarto si manifesta con un dolore costrittivo al torace, che si può estendere al collo, alle braccia e al dorso, e un senso di oppressione epigastrica. I numeri ne sono la prova. Secondo l’ultima indagine Istat (pubblicata il 3 dicembre), nel 2012 in Italia le prime due cause di morte nelle femmine sono state le malattie cerebrovascolari (37.304 casi) e le malattie ischemiche del cuore (37.140 casi). Seguono i decessi per altre malattie al cuore (28.050), per i disturbi ipertensivi (20.367), demenza e Alzheimer (18.226) e solo al settimo posto le femmine vengono stroncate da un tumore maligno al seno (12.004).
Alla base c’è un pregiudizio di genere insito nella maggior parte dei medici e nel senso comune delle persone, secondo cui il rischio di avere le coronarie otturate è più frequente negli uomini e che le donne fino alla menopausa sono protette dagli ormoni e hanno il sangue più fluidificato. La paziente quindi trascura i segnali e il medico non interviene subito in maniera adeguata, consigliandole di rivolgersi al neurologo o allo psichiatra, anzichè effettuare un’angioplastica entro 24 ore dall’episodio.
Il prossimo numero del Fatto del Lunedì si occuperà del nostro cuore.
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