E’ il 20 febbraio 2013. “Glie dici alla tua rete di scrutatori de rispettamme?”, domanda Michele Baldi, capogruppo della Lista Zingaretti alla Regione Lazio, non indagato. “Cento per cento, stai tranquillo, certo che sì… “, risponde Luca Gramazio, consigliere di Forza Italia iscritto nel registro degli indagati con l’accusa di associazione mafiosa. L’intercettazione ha destato l’attenzione degli inquirenti che hanno svelato l’intreccio tra il potere romano e la Mafia Capitale perché solo pochi giorni prima lo stesso Gramazio aveva spiegato a un conoscente: “Finite le operazioni di voto i … le urne vanno in alcune … in alcune sedi (…) non si tratta della classica operazione di … di controllo delle schede … inc … quello c’abbiamo ancora il tempo per fa’ degli inserimenti“. Dichiarazioni che fanno pensare agli inquirenti della Procura di Roma che Gramazio e la “cupola” volessero truccare l’esito del voto.
E’ il 2 febbraio 2013, mancano 22 giorni alle elezioni: il 24 e il 25 successivi si sarebbe votato per rinnovare il consiglio regionale del Lazio spazzato via dallo scandalo Fiorito. Gramazio, candidato alla Pisana con l’allora Popolo delle Libertà, telefona a Simone Foglio, eletto poi nelle liste del Pdl nell’VIII municipio di Roma ed estraneo all’inchiesta, e in attesa che questi risponda parla con una persona presente nella stanza: “Finite le operazioni di voto i … le urne vanno in alcune … in alcune sedi dove vengono .. .inc … nate, contate, tutto, non si tratta della classica operazione di … di controllo delle schede … inc … quello c’abbiamo ancora il tempo per fa’ degli inserimenti“. La persona in attesa al telefono risponde, ma Gramazio, rivolto alla terza persona, aggiunge: “… ce provo, se stiamo in tempo la metto“. Le parole di Gramazio sono prese sul serio al punto che i pm ipotizzano l’utilizzo per fini illeciti delle schede elettorali che normalmente vengono stampate in maggior numero rispetto al numero degli elettori e scrivono alla Prefettura per avere l’elenco delle tipografie romane incaricate dalla Zecca di Stato di stamparle.
La richiesta di Baldi emerge da una richiesta di decreto di intercettazione in via d’urgenza inoltrata il 23 febbraio dai carabinieri del Ros. A un capo del telefono il 2o febbraio c’è il solito Gramazio, all’altro c’è Michele Baldi, capogruppo della lista Zingaretti in Regione, che non compare nella lista degli indagati. “Oh, ma io mi aspettavo che tu mi mandassi un po’ de voti, visto che so’ stato ‘a fortuna tua – esordisce Baldi – tu lo sai che io so stato a fortuna tua o no? … “. In virtù di questo presunto credito, Baldi avanza la sua richiesta: “Io a te! non a papà (il senatore Domenico Gramazio, ndr), a te! … te posso chiedere un favore da … leale?”. Alla risposta affermativa di Gramazio (“certo che sì”) il capogruppo di Zingaretti continuava: “Glie dici alla tua rete di scrutatori de rispettamme?”. Inequivocabile la risposta dell’esponente Pdl: “Cento per cento, stai tranquillo, certo che sì… “. Michele proseguiva: “ma, ehmmm … tu che sei un uomo d’onore … perché veramente so che invece le voci non … e quindi insomma ecco, se tu me fai rispettare te ne sono grato”. E il futuro capogruppo di Forza Italia, eletto con oltre 18 mila voti, tornava ad assicurare: “Assolutamente sì“. Una conversazione ritenuta importante dagli inquirenti, al punto da rubricarla sotto il titolo “Emergenze investigative” nella richiesta inoltrata alla Procura: “Dal momento che Luca Gramazio si sposterà in continuazione tra i seggi elettorali per seguire l’esito delle consultazioni elettorali, ed allo scopo pertanto di monitorarlo nei suoi movimenti e negli incontri che effettuerà nel corso delle operazioni di scrutinio, si richiede l’emissione di un decreto di intercettazione in via d’urgenza”.
Il cursus honorum di Baldi è un monumento alla trasversalità politica. Così gli inquirenti lo descrivono nell’ordinanza di custodia cautelare che ha portato in carcere 37 persone: “Eletto nel consiglio regionale del Lazio il 26/02/2013, ha militato prima in Alleanza Nazionale, poi in Forza Italia, fondando la civica “Movimento per Roma”. Approdato infine nel centrosinistra, primo nella lista che porta il nome di Zingaretti, eletto e capogruppo della stessa in consiglio regionale”. Nel frattempo si è anche presentato alle elezioni comunali nel 2008 con la lista “Per Roma Baldi sindaco” che conquistava lo 0,8% e alle Regionali del 2010 con la lista “Movimento per Roma e per il Lazio, presidente Baldi”. Una corsa segnata da un inconveniente: agli inizi di marzo circa 1.400 firme false, alcune anche corrispondenti a persone decedute, a sostegno della presentazione della lista elettorale collegata a Baldi vennero scoperte dalla Digos di Latina. Il capogruppo Pd compare anche in un altro capitolo dell’inchiesta su Mafia Capitale. Baldi viene tirato in ballo da Giovanni Quarzo, indagato per associazione mafiosa, che domanda a Fabrizio Testa se Baldi fosse in grado di “controllare” Cosimo Dinoi nel gruppo misto durante le manovre che portarono Quarzo a diventare presidente della Commissione Trasparenza del Comune di Roma.
Ora la posizione di Gramazio junior si aggrava: accusato di associazione di tipo mafioso, corruzione aggravata e illecito finanziamento, il consigliere regionale di FI compare anche nel capitolo che riguarda i reati “in materia elettorale al fine di incidere sul risultato delle elezioni”. La memoria corre ad un fatto strano che accadde proprio nei giorni delle ultime Regionali, quando una nota urgente inviata dagli inquirenti al pm Paolo Ielo segnalava il pericolo che le schede regolarmente compilate dagli elettori venissero sostituite con altre evidentemente preconfezionate. Il 24 febbraio gli scrutatori del seggio 608 di Roma si accorsero che mancava uno scatolone con 550 schede e chiesero che venissero sostituite.
Giustizia & Impunità
Mafia Roma, l’uomo di Zingaretti a Gramazio indagato: ‘Rispettami alle urne’
Il 20 febbraio 2013, a pochi giorni dal voto, Michele Baldi, capogruppo alla Regione Lazio nella lista del governatore e non indagato, chiese al consigliere di Forza Italia accusato di brogli elettorali: "Glie dici alla tua rete di scrutatori de rispettamme?". Pochi giorni prima l'esponente del centrodestra era stato intercettato mentre parlava di "inserimenti" nelle urne
E’ il 20 febbraio 2013. “Glie dici alla tua rete di scrutatori de rispettamme?”, domanda Michele Baldi, capogruppo della Lista Zingaretti alla Regione Lazio, non indagato. “Cento per cento, stai tranquillo, certo che sì… “, risponde Luca Gramazio, consigliere di Forza Italia iscritto nel registro degli indagati con l’accusa di associazione mafiosa. L’intercettazione ha destato l’attenzione degli inquirenti che hanno svelato l’intreccio tra il potere romano e la Mafia Capitale perché solo pochi giorni prima lo stesso Gramazio aveva spiegato a un conoscente: “Finite le operazioni di voto i … le urne vanno in alcune … in alcune sedi (…) non si tratta della classica operazione di … di controllo delle schede … inc … quello c’abbiamo ancora il tempo per fa’ degli inserimenti“. Dichiarazioni che fanno pensare agli inquirenti della Procura di Roma che Gramazio e la “cupola” volessero truccare l’esito del voto.
E’ il 2 febbraio 2013, mancano 22 giorni alle elezioni: il 24 e il 25 successivi si sarebbe votato per rinnovare il consiglio regionale del Lazio spazzato via dallo scandalo Fiorito. Gramazio, candidato alla Pisana con l’allora Popolo delle Libertà, telefona a Simone Foglio, eletto poi nelle liste del Pdl nell’VIII municipio di Roma ed estraneo all’inchiesta, e in attesa che questi risponda parla con una persona presente nella stanza: “Finite le operazioni di voto i … le urne vanno in alcune … in alcune sedi dove vengono .. .inc … nate, contate, tutto, non si tratta della classica operazione di … di controllo delle schede … inc … quello c’abbiamo ancora il tempo per fa’ degli inserimenti“. La persona in attesa al telefono risponde, ma Gramazio, rivolto alla terza persona, aggiunge: “… ce provo, se stiamo in tempo la metto“. Le parole di Gramazio sono prese sul serio al punto che i pm ipotizzano l’utilizzo per fini illeciti delle schede elettorali che normalmente vengono stampate in maggior numero rispetto al numero degli elettori e scrivono alla Prefettura per avere l’elenco delle tipografie romane incaricate dalla Zecca di Stato di stamparle.
La richiesta di Baldi emerge da una richiesta di decreto di intercettazione in via d’urgenza inoltrata il 23 febbraio dai carabinieri del Ros. A un capo del telefono il 2o febbraio c’è il solito Gramazio, all’altro c’è Michele Baldi, capogruppo della lista Zingaretti in Regione, che non compare nella lista degli indagati. “Oh, ma io mi aspettavo che tu mi mandassi un po’ de voti, visto che so’ stato ‘a fortuna tua – esordisce Baldi – tu lo sai che io so stato a fortuna tua o no? … “. In virtù di questo presunto credito, Baldi avanza la sua richiesta: “Io a te! non a papà (il senatore Domenico Gramazio, ndr), a te! … te posso chiedere un favore da … leale?”. Alla risposta affermativa di Gramazio (“certo che sì”) il capogruppo di Zingaretti continuava: “Glie dici alla tua rete di scrutatori de rispettamme?”. Inequivocabile la risposta dell’esponente Pdl: “Cento per cento, stai tranquillo, certo che sì… “. Michele proseguiva: “ma, ehmmm … tu che sei un uomo d’onore … perché veramente so che invece le voci non … e quindi insomma ecco, se tu me fai rispettare te ne sono grato”. E il futuro capogruppo di Forza Italia, eletto con oltre 18 mila voti, tornava ad assicurare: “Assolutamente sì“. Una conversazione ritenuta importante dagli inquirenti, al punto da rubricarla sotto il titolo “Emergenze investigative” nella richiesta inoltrata alla Procura: “Dal momento che Luca Gramazio si sposterà in continuazione tra i seggi elettorali per seguire l’esito delle consultazioni elettorali, ed allo scopo pertanto di monitorarlo nei suoi movimenti e negli incontri che effettuerà nel corso delle operazioni di scrutinio, si richiede l’emissione di un decreto di intercettazione in via d’urgenza”.
Il cursus honorum di Baldi è un monumento alla trasversalità politica. Così gli inquirenti lo descrivono nell’ordinanza di custodia cautelare che ha portato in carcere 37 persone: “Eletto nel consiglio regionale del Lazio il 26/02/2013, ha militato prima in Alleanza Nazionale, poi in Forza Italia, fondando la civica “Movimento per Roma”. Approdato infine nel centrosinistra, primo nella lista che porta il nome di Zingaretti, eletto e capogruppo della stessa in consiglio regionale”. Nel frattempo si è anche presentato alle elezioni comunali nel 2008 con la lista “Per Roma Baldi sindaco” che conquistava lo 0,8% e alle Regionali del 2010 con la lista “Movimento per Roma e per il Lazio, presidente Baldi”. Una corsa segnata da un inconveniente: agli inizi di marzo circa 1.400 firme false, alcune anche corrispondenti a persone decedute, a sostegno della presentazione della lista elettorale collegata a Baldi vennero scoperte dalla Digos di Latina. Il capogruppo Pd compare anche in un altro capitolo dell’inchiesta su Mafia Capitale. Baldi viene tirato in ballo da Giovanni Quarzo, indagato per associazione mafiosa, che domanda a Fabrizio Testa se Baldi fosse in grado di “controllare” Cosimo Dinoi nel gruppo misto durante le manovre che portarono Quarzo a diventare presidente della Commissione Trasparenza del Comune di Roma.
Ora la posizione di Gramazio junior si aggrava: accusato di associazione di tipo mafioso, corruzione aggravata e illecito finanziamento, il consigliere regionale di FI compare anche nel capitolo che riguarda i reati “in materia elettorale al fine di incidere sul risultato delle elezioni”. La memoria corre ad un fatto strano che accadde proprio nei giorni delle ultime Regionali, quando una nota urgente inviata dagli inquirenti al pm Paolo Ielo segnalava il pericolo che le schede regolarmente compilate dagli elettori venissero sostituite con altre evidentemente preconfezionate. Il 24 febbraio gli scrutatori del seggio 608 di Roma si accorsero che mancava uno scatolone con 550 schede e chiesero che venissero sostituite.
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Politica
La Camera respinge la sfiducia a Santanchè: “Sulle dimissioni rifletterò”. Conte: “Siete responsabili di un disastro morale”. Schlein: “Meloni ancora in fuga”
Economia & Lobby
A Milano indagine per evasione fiscale su Twitter-X. Mancati pagamenti Iva per 12,5 milioni
Cronaca
Francesco, condizioni critiche ma stazionarie: “Nuova tac di controllo”. Ha visto il cardinale Parolin. Buenos Aires in ansia per il ‘suo’ Papa
(Adnkronos) - L'indagine su Twitter International Uk vede due indagati - si tratta di due ex amministratori (un irlandese e un indiano) - che si sono succeduti negli ultimi anni alla guida del social poi rilevato da Elon Musk a fine 2022. L'indagine nasce da un controllo fiscale della Gdf, concluso ad aprile 2024, proprio sulla piattaforma americana, che oggi si chiama 'X', sulla scia delle stesse verifiche fatte su Meta. Il fascicolo è affidato dal pm Giovanni Polizzi, già protagonista di altre indagini sui colossi del web.
Il punto centrale del fascicolo affidato a Polizzi, lo stesso che si è occupato dell'inchiesta su Meta, è l'idea che debbano essere tassate come transazioni commerciali le iscrizioni gratuite alle piattaforme online in cambio della cessione dei propri dati personali, che hanno un valore economico, visto che consentono la profilazione degli utenti.
Solo lo scorso dicembre la procura di Milano ha notificato l'avviso di conclusione delle indagini preliminari nei confronti dei rappresentanti legali della società di diritto irlandese Meta, titolare dei social Facebook e Instagram. L'inchiesta - ancora aperta - ipotizza per il colosso l'omessa dichiarazione e mancato pagamento - tra il 2015 e il 2021 - dell'Iva per un totale di oltre 877 milioni di euro.
Washington, 25 feb. (Adnkronos) - La Casa Bianca attribuisce il grosso livido sulla mano destra di Donald Trump, che era visibile durante l'incontro di ieri con il presidente francese Emmanuel Macron, alle strette di mano del presidente americano.
"Il presidente Trump è un uomo del popolo", ha affermato la portavoce della Casa Bianca Karoline Leavitt, aggiungendo: "Il suo impegno è incrollabile e lo dimostra ogni singolo giorno. Il presidente Trump ha lividi sulla mano perché lavora costantemente e stringe mani tutto il giorno, tutti i giorni".
Roma, 25 feb. (Adnkronos) - Sono due i momenti della replica di Daniela Santanchè sottolineati dalle opposizioni, che oggi hanno votato compatte la mozione di sfiducia alla ministra del Turismo. Il primo quello sull''intemerata' del tacco 12 e il glamour, della sinistra che odia la ricchezza. Un tentativo di 'buttarla in caciara' e uscire dal merito, grave, della vicenda, dicono le opposizioni. L'altro passaggio è meno di colore e più inquietante, sostengono, ed è quando la ministra ha detto che alla prossima udienza valuterà le dimissioni "ma lo farò da sola - ha scandito- con me stessa, senza nessuna costrizione e forzatura". Una sottolineatura che, secondo le opposizioni, è un chiaro messaggio a Giorgia Meloni. E fa crescere l'interrogativo: perché la premier Meloni si fa trattare in questo modo? E' la domanda dei parlamentari di minoranza in Transatlantico.
Giuseppe Conte intervenendo in aula nelle dichiarazioni di voto ha dato una sua versione: "Ci sono solo due plausibili spiegazioni. La prima è che lei, Santanchè, ricatta Meloni. Può darsi che all'opposizione abbiate condiviso segreti che oggi mettono in imbarazzo la presidente del Consiglio e allora comprenderemmo perché ogni giorno Meloni dice che non è ricattabile... La seconda è che Fdi dopo aver avuto come motto 'legge e ordine', oggi che siete al potere si sentite casta intoccabile. Il caso Delmastro è l'esempio di questa vostra convinzione di essere al di sopra della legge".
Anche Elly Schlein si rivolge alla premier Meloni: "Cosa le impedisce di far dimettere Santanchè? Come è possibile accettare in silenzio, dopo che Santanchè ha detto che del pressing di Fdi se ne frega, che lei e solo lei decide se dimettersi come se non esistesse una presidente del Consiglio?". E insiste: "Meloni è stata campionessa mondiale di richieste di dimissioni e oggi ha disertato quest'aula, come fa non vergognarsi della sua incoerenza, come fa a non rendersi conto di quanto sia vigliacco il suo atteggiamento di continua fuga da quest'aula e dalla realtà? Dove si è nascosta la premier? Forse sta registrando un altro video, un contributo da inviare a una convention fra motoseghe e saluti nazisti?".
Conte ribatte anche al passaggio 'tacco 12' della ministra: "Lei ha detto che odiamo la ricchezza, ma non dica baggianate, siete voi che avete fatto la guerra ai poveri, che odiate i poveri. Noi odiamo o meglio ancora contrastiamo, la disonestà". Una questione, quella dei tacchi e delle borsette, che fa sbottare Schlein: "Lei viene qui a difendere le borsette, chi difende gli italiani dalla bollette? Noi non siamo qui per fare un processo ma per porre una gigantesca questione di opportunità politica: davanti ad accuse così gravi, per non ledere le istituzioni, avrebbe dovuto dimettersi".
La segretaria del Pd si rivolge quindi alla maggioranza: "Speriamo in un sussulto della maggioranza e dei singoli parlamentari. Se oggi salvate Santanchè dimostrate che a voi interessa difendere i vostri più che difendere l'onore delle istituzioni. Questa non è difesa nazionale, è difesa tribale". Per Elisabetta Piccolotti che interviene a nome di Avs, "il problema non è la ricchezza della ministra, il problema è che quando si è ricchi e non si pagano" gli stipendi ai lavoratori e si umiliano "le persone più povere".
Anche Iv, Più Europa e Azione che non avevano sottoscritto la mozione di sfiducia, hanno comunque dichiarato il voto a favore in aula. "Noi sappiamo che la mozione di sfiducia non sarà approvata, ma chiunque si è accorto che la ministra Santanchè non è sfiduciata da coloro che hanno presentato questa mozione ma dalla sua stessa maggioranza, dalla premier Meloni", dice Davide Faraone di Iv. Per Azione Antonio D'Alessio spiega: "Le mozioni di sfiducia non ci piacciono" e "la ministra non è colpevole fino a prova contraria" ma "è il quadro complessivo che finisce con il restituirci una politica rispetto alla quale scivolano via situazioni che non consentono una azione della ministra libera di condizionamenti". Linea simile a Riccardo Magi di Più Europa: "Per noi Santanché dovrebbe dimettersi" non per le questioni giudiziarie, ma "perché ha inanellato una serie di fallimenti da ministro". Intanto in serata l'aula ha respinto la sfiducia con 206 voti.
Londra, 25 feb. (Adnkronos/Afp) - Il primo ministro britannico Keir Starmer ha confermato che ospiterà colloqui sull'Ucraina con gli alleati nel fine settimana, dopo essere tornato dall'incontro con il presidente degli Stati Uniti Donald Trump alla Casa Bianca. "Ospiterò diversi paesi questo fine settimana per continuare a discutere di come procedere insieme come alleati alla luce della situazione che ci troviamo ad affrontare", ha detto ai giornalisti.
Tel Aviv, 25 feb. (Adnkronos) - Le Idf e lo Shin Bet hanno sventato un piano terroristico che prevedeva l'uso di una bomba da 100 kg a Kabatiya, in Cisgiordania. Lo ha reso noto l'Idf, aggiungendo che nel corso dell'operazione, i soldati hanno perquisito decine di siti, arrestato 15 terroristi, localizzato armi e smantellato esplosivi.
Washington, 25 feb. (Adnkronos) - "Sono stata rapita dai terroristi di Hamas il 7 ottobre dal Nova Festival insieme al mio compagno, Avinatan Or. Siamo stati presi con la forza, separati e siamo entrati nell'inferno sulla terra". Lo ha detto l'ostaggio liberato Noa Argamani al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, aggiungendo che "non abbiamo più tempo! Sono qui oggi, il che è un miracolo, ma ci sono ancora 63 ostaggi che stanno vivendo questo incubo, senza sapere se vivranno o moriranno. Non c'è bisogno che vi racconti di Kfir e Ariel Bibas e della loro madre Shiri. Una madre e i suoi bambini che sono stati brutalmente assassinati in prigionia".
Roma, 25 feb (Adnkronos) - Ha da poco preso il via alla Camera la 'chiama' dei deputati per il voto alla mozione di sfiducia nei confronti della ministra del Turismo Daniela Santanchè.