Il prefetto di Roma, Giuseppe Pecoraro, ha in mano, in queste ore, il pallino del possibile scioglimento del comune per infiltrazione della criminalità organizzata. Un dossier difficile, sul quale pesa anche un’ombra che arriva direttamente dall’inchiesta: è un incontro avvenuto il 18 marzo scorso con Salvatore Buzzi, il boss della cooperativa 29 giugno, organizzato direttamente da Gianni Letta. Un filo che parte dai piani più alti della politica, attraversa la Roma barocca dei poteri silenziosi, per sbarcare nel piccolo paese di Castelnuovo di Porto, raccontato nei dettagli dai carabinieri del Ros nelle carte depositate dopo gli arresti della scorsa settimana. Una storia che – chiede Libera – Pecoraro dovrà spiegare molto bene: “Ci stiamo comprando mezza prefettura”, sussurravano gli uomini di Carminati e Buzzi nei mesi scorsi. Non solo: la Commissione d’accesso agli atti dovrà verificare possibili forme di infiltrazione o di condizionamento negli atti del Comune, ma era la stessa prefettura a dover vigilare sulla legalità di ambiti sensibili come la gestione dei campi nomadi, sui cui appalti Buzzi e soci avevano messo le mani.
Il 17 marzo scorso gli investigatori captano una telefonata di Salvatore Buzzi diretta a Massimo Carminati: “Domani c’ho appuntamento co’ Gianni Letta, quindi quanno me ricapita“, annuncia Buzzi al telefono. Un colpo grosso, come lui stesso ammette. L’obiettivo è quello di ottenere rapidamente un appuntamento con il prefetto di Roma Giuseppe Pecoraro, arrivato nella capitale nel 2008, quando ancora governava Silvio Berlusconi, sulla scia della “emergenza” dei campi Rom. Il Ros capisce subito che quell’appuntamento è un passaggio chiave. Non mollano neanche un minuto il capo della cooperativa romana. Il giorno successivo pedinano Buzzi insieme a Carlo Guarany, dirigente della “29 giugno” finito anche lui agli arresti, per capire se quell’incontro fosse reale o una millanteria: “In effetti, il 18 marzo u.s. – scrive il Ros – così come documentato da un servizio di osservazione espletato da militari di questo Reparto, il Buzzi, accompagnato nell’occasione da Carlo Guarany, si recava in largo del Nazareno n. 8, ove insistono gli uffici del Dott. Gianni Letta”. Terminata la riunione, il presidente della cooperativa romana chiama Mario Schina, che gli chiede l’esito dell’incontro con Letta: “Bene. Mi ha mandato dal Prefetto … Io alle sei vedo il Prefetto di Roma”, risponde Buzzi. Missione compiuta, dunque.
Nel pomeriggio i Ros aspettano gli imprenditori davanti all’ingresso della prefettura. L’incontro – scrivono i carabinieri – va in porto. Anche in questo caso è una telefonata di Buzzi a rivelarne l’esito: “Allora, col Prefetto è andata molto bene – racconta a Luca Odevaine – gli abbiamo parlato di questo Cara di Castelnuovo di Porto co … no del Cara (…) e lui mi ha detto: ‘Basta che il Sindaco me dice di si io non c’ho il minimo problema, anzi la cosa è interessante, lasciatemi tutto'”. Uno dei passaggi chiave successivi arriva a maggio, quando le elezioni per il rinnovo del consiglio comunale di Castelnuovo di Porto si stavano avvicinando. In una telefonata del 7 maggio scorso Salvatore Buzzi offre apertamente un sostegno economico per la campagna elettorale al vice sindaco uscente Alfonso Pedicino: “Compagno vice Sindaco, come stai? – esordisce Buzzi – Ti telefonavo per sapere se te serve una mano, finanziariamente, nella cam … assoluta legalità”. “Eh, se fosse possibile”, risponde senza esitare il vice Sindaco. In fondo la “29 giugno” era da sempre un’impresa “d’area”, legata a stretto filo con il Pd. Il finanziamento, secondo il Ros, va in porto, i soldi arrivano nelle casse del sindaco uscente Fabio Stefoni. Una volta rieletto, per Buzzi aumentava la “speranza che ciò accelerasse la definizione dell’iter burocratico per l’apertura del centro di accoglienza”.
Se l’episodio documentato nelle carte dell’inchiesta racconta nei dettagli il modus operandi della cooperativa 29 giugno, rimane da chiarire il ruolo del prefetto di Roma Giuseppe Pecoraro, che nei giorni scorsi ha sostenuto di aver sempre rispettato le regole nella gestione delle emergenze Rom e migranti. Quello che è certo è il suo peso nell’amministrare i “villaggi della solidarietà” creati nel 2008 dal governo Berlusconi. Se gli affidamenti partivano dal comune di Roma, la prefettura aveva il compito di garantire la legalità dei campi Rom della capitale. E oggi quella stessa prefettura si trova a decidere il futuro dello stesso comune. Un nodo politico divenuto decisamente complesso con l’esplosione dell’inchiesta della Procura, su cui punta anche Libera: “Dopo l’indagine Mondo di mezzo e il coinvolgimento di alcune cooperative che operano con i migranti e i rifugiati – scrive Gabriella Stramaccioni, dell’Ufficio di Presidenza di Libera – chiediamo chiarimenti anche alla Prefettura di Roma. Riteniamo che ci sia stato, in questi anni, quantomeno un comportamento opaco da parte di chi aveva il compito di controllare e monitorare queste realtà”.
Giustizia & Impunità
Mafia Capitale, campi rom e incontri con Buzzi: le ombre sulla Prefettura
La Commissione d'accesso agli atti dovrà verificare possibili forme di infiltrazione nell'amministrazione capitolina, ma era lo stesso organo a dover vigilare sulla legalità di ambiti come la gestione dei campi nomadi, sui cui appalti Buzzi e soci avevano messo le mani. Sulla decisione di Pecoraro pesano anche gli incontri avuti con il capo della "29 giugno" cui aveva fatto da tramite Gianni Letta
Il prefetto di Roma, Giuseppe Pecoraro, ha in mano, in queste ore, il pallino del possibile scioglimento del comune per infiltrazione della criminalità organizzata. Un dossier difficile, sul quale pesa anche un’ombra che arriva direttamente dall’inchiesta: è un incontro avvenuto il 18 marzo scorso con Salvatore Buzzi, il boss della cooperativa 29 giugno, organizzato direttamente da Gianni Letta. Un filo che parte dai piani più alti della politica, attraversa la Roma barocca dei poteri silenziosi, per sbarcare nel piccolo paese di Castelnuovo di Porto, raccontato nei dettagli dai carabinieri del Ros nelle carte depositate dopo gli arresti della scorsa settimana. Una storia che – chiede Libera – Pecoraro dovrà spiegare molto bene: “Ci stiamo comprando mezza prefettura”, sussurravano gli uomini di Carminati e Buzzi nei mesi scorsi. Non solo: la Commissione d’accesso agli atti dovrà verificare possibili forme di infiltrazione o di condizionamento negli atti del Comune, ma era la stessa prefettura a dover vigilare sulla legalità di ambiti sensibili come la gestione dei campi nomadi, sui cui appalti Buzzi e soci avevano messo le mani.
Il 17 marzo scorso gli investigatori captano una telefonata di Salvatore Buzzi diretta a Massimo Carminati: “Domani c’ho appuntamento co’ Gianni Letta, quindi quanno me ricapita“, annuncia Buzzi al telefono. Un colpo grosso, come lui stesso ammette. L’obiettivo è quello di ottenere rapidamente un appuntamento con il prefetto di Roma Giuseppe Pecoraro, arrivato nella capitale nel 2008, quando ancora governava Silvio Berlusconi, sulla scia della “emergenza” dei campi Rom. Il Ros capisce subito che quell’appuntamento è un passaggio chiave. Non mollano neanche un minuto il capo della cooperativa romana. Il giorno successivo pedinano Buzzi insieme a Carlo Guarany, dirigente della “29 giugno” finito anche lui agli arresti, per capire se quell’incontro fosse reale o una millanteria: “In effetti, il 18 marzo u.s. – scrive il Ros – così come documentato da un servizio di osservazione espletato da militari di questo Reparto, il Buzzi, accompagnato nell’occasione da Carlo Guarany, si recava in largo del Nazareno n. 8, ove insistono gli uffici del Dott. Gianni Letta”. Terminata la riunione, il presidente della cooperativa romana chiama Mario Schina, che gli chiede l’esito dell’incontro con Letta: “Bene. Mi ha mandato dal Prefetto … Io alle sei vedo il Prefetto di Roma”, risponde Buzzi. Missione compiuta, dunque.
Nel pomeriggio i Ros aspettano gli imprenditori davanti all’ingresso della prefettura. L’incontro – scrivono i carabinieri – va in porto. Anche in questo caso è una telefonata di Buzzi a rivelarne l’esito: “Allora, col Prefetto è andata molto bene – racconta a Luca Odevaine – gli abbiamo parlato di questo Cara di Castelnuovo di Porto co … no del Cara (…) e lui mi ha detto: ‘Basta che il Sindaco me dice di si io non c’ho il minimo problema, anzi la cosa è interessante, lasciatemi tutto'”. Uno dei passaggi chiave successivi arriva a maggio, quando le elezioni per il rinnovo del consiglio comunale di Castelnuovo di Porto si stavano avvicinando. In una telefonata del 7 maggio scorso Salvatore Buzzi offre apertamente un sostegno economico per la campagna elettorale al vice sindaco uscente Alfonso Pedicino: “Compagno vice Sindaco, come stai? – esordisce Buzzi – Ti telefonavo per sapere se te serve una mano, finanziariamente, nella cam … assoluta legalità”. “Eh, se fosse possibile”, risponde senza esitare il vice Sindaco. In fondo la “29 giugno” era da sempre un’impresa “d’area”, legata a stretto filo con il Pd. Il finanziamento, secondo il Ros, va in porto, i soldi arrivano nelle casse del sindaco uscente Fabio Stefoni. Una volta rieletto, per Buzzi aumentava la “speranza che ciò accelerasse la definizione dell’iter burocratico per l’apertura del centro di accoglienza”.
Se l’episodio documentato nelle carte dell’inchiesta racconta nei dettagli il modus operandi della cooperativa 29 giugno, rimane da chiarire il ruolo del prefetto di Roma Giuseppe Pecoraro, che nei giorni scorsi ha sostenuto di aver sempre rispettato le regole nella gestione delle emergenze Rom e migranti. Quello che è certo è il suo peso nell’amministrare i “villaggi della solidarietà” creati nel 2008 dal governo Berlusconi. Se gli affidamenti partivano dal comune di Roma, la prefettura aveva il compito di garantire la legalità dei campi Rom della capitale. E oggi quella stessa prefettura si trova a decidere il futuro dello stesso comune. Un nodo politico divenuto decisamente complesso con l’esplosione dell’inchiesta della Procura, su cui punta anche Libera: “Dopo l’indagine Mondo di mezzo e il coinvolgimento di alcune cooperative che operano con i migranti e i rifugiati – scrive Gabriella Stramaccioni, dell’Ufficio di Presidenza di Libera – chiediamo chiarimenti anche alla Prefettura di Roma. Riteniamo che ci sia stato, in questi anni, quantomeno un comportamento opaco da parte di chi aveva il compito di controllare e monitorare queste realtà”.
Articolo Precedente
Stabilità, 10 milioni al porto di Molfetta. Per cui è indagato il senatore Azzollini
Articolo Successivo
La banca, tanto gentile e tanto onesta pare
Gentile lettore, la pubblicazione dei commenti è sospesa dalle 20 alle 9, i commenti per ogni articolo saranno chiusi dopo 72 ore, il massimo di caratteri consentito per ogni messaggio è di 1.500 e ogni utente può postare al massimo 150 commenti alla settimana. Abbiamo deciso di impostare questi limiti per migliorare la qualità del dibattito. È necessario attenersi Termini e Condizioni di utilizzo del sito (in particolare punti 3 e 5): evitare gli insulti, le accuse senza fondamento e mantenersi in tema con la discussione. I commenti saranno pubblicati dopo essere stati letti e approvati, ad eccezione di quelli pubblicati dagli utenti in white list (vedere il punto 3 della nostra policy). Infine non è consentito accedere al servizio tramite account multipli. Vi preghiamo di segnalare eventuali problemi tecnici al nostro supporto tecnico La Redazione
Mondo
Starmer chiede “pressioni su Putin” e annuncia una “riunione militare” dei Paesi ‘volenterosi’. Meloni: “L’Italia non invierà truppe. Lavoriamo con Ue e Usa”
Mondo
Attacco Usa su larga scala contro lo Yemen controllato dagli Houthi. “È anche un avvertimento all’Iran”
Cronaca
Manifestazione per l’Europa, “Siamo 50mila”. In piazza bandiere Ue, arcobaleno e “Bella ciao”. Dalla difesa comune al riarmo: le parole
Sana'a, 15 mar. (Adnkronos) - Gli attacchi aerei non scoraggeranno i ribelli yemeniti, i quali risponderanno agli Stati Uniti. Lo ha scritto sui social Nasruddin Amer, vice capo dell'ufficio stampa degli Houthi, aggiungendo che "Sana'a rimarrà lo scudo e il sostegno di Gaza e non la abbandonerà, indipendentemente dalle sfide".
"Questa aggressione non passerà senza una risposta e le nostre forze armate yemenite sono pienamente pronte ad affrontare l'escalation con l'escalation", ha affermato l'ufficio politico dei ribelli in una dichiarazione alla televisione Al-Masirah.
In un'altra dichiarazione citata da Ynet, un funzionario Houthi si è rivolto direttamente a Trump e a Netanyahu, che "stanno scavando tombe per i sionisti. Iniziate a preoccuparvi per le vostre teste".
Damasco, 15 mar. (Adnkronos) - L'esplosione avvenuta nella città costiera siriana di Latakia ha ucciso almeno otto persone. Lo ha riferito l'agenzia di stampa statale Sana, secondo cui, tra le vittime della detonazione di un ordigno inesploso, avvenuta in un negozio all'interno di un edificio di quattro piani, ci sono tre bambini e una donna. "Quattordici civili sono rimasti feriti, tra cui quattro bambini", ha aggiunto l'agenzia.
Sana'a, 15 mar. (Adnkronos) - Almeno nove civili sono stati uccisi e nove feriti negli attacchi statunitensi su Sanaa, nello Yemen. Lo ha dichiarato un portavoce del ministero della Salute guidato dagli Houthi su X.
Washington, 15 mar. (Adnkronos) - "Sono lieto di informarvi che il generale Keith Kellogg è stato nominato inviato speciale in Ucraina. Il generale Kellogg, un esperto militare molto stimato, tratterà direttamente con il presidente Zelensky e la leadership ucraina. Li conosce bene e hanno un ottimo rapporto di lavoro. Congratulazioni al generale Kellogg!". Lo ha annunciato su Truth il presidente degli Stati Uniti Donald Trump.
Washington, 15 mar. (Adnkronos) - "Oggi ho ordinato all'esercito degli Stati Uniti di lanciare un'azione militare decisa e potente contro i terroristi Houthi nello Yemen. Hanno condotto una campagna implacabile di pirateria, violenza e terrorismo contro navi, aerei e droni americani e di altri paesi". Lo ha annunciato il presidente americano Donald Trump su Truth. Senza risparmiare una stoccata all'ex inquilino della Casa Bianca, il tycoon aggiunge nel suo post che "la risposta di Joe Biden è stata pateticamente debole, quindi gli Houthi sfrenati hanno continuato ad andare avanti".
"È passato più di un anno - prosegue Trump - da quando una nave commerciale battente bandiera statunitense ha navigato in sicurezza attraverso il Canale di Suez, il Mar Rosso o il Golfo di Aden. L'ultima nave da guerra americana ad attraversare il Mar Rosso, quattro mesi fa, è stata attaccata dagli Houthi più di una decina di volte. Finanziati dall'Iran, i criminali Houthi hanno lanciato missili contro gli aerei statunitensi e hanno preso di mira le nostre truppe e i nostri alleati. Questi assalti implacabili sono costati agli Stati Uniti e all'economia mondiale molti miliardi di dollari, mettendo allo stesso tempo a rischio vite innocenti".
"L'attacco degli Houthi alle navi americane non sarà tollerato - conclude Trump - Utilizzeremo una forza letale schiacciante finché non avremo raggiunto il nostro obiettivo. Gli Houthi hanno soffocato le spedizioni in una delle più importanti vie marittime del mondo, bloccando vaste fasce del commercio globale e attaccando il principio fondamentale della libertà di navigazione da cui dipendono il commercio e gli scambi internazionali. I nostri coraggiosi Warfighters stanno in questo momento portando avanti attacchi aerei contro le basi, i leader e le difese missilistiche dei terroristi per proteggere le risorse navali, aeree e di spedizione americane e per ripristinare la libertà di navigazione. Nessuna forza terroristica impedirà alle navi commerciali e navali americane di navigare liberamente sulle vie d'acqua del mondo".
Whasington, 15 mar. (Adnkronos) - Funzionari statunitensi hanno affermato che gli attacchi aerei contro l'arsenale degli Houthi, gran parte del quale è sepolto in profondità nel sottosuolo, potrebbero durare diversi giorni, intensificandosi in portata e scala a seconda della reazione dei militanti. Lo scrive il New York Times. Le agenzie di intelligence statunitensi hanno lottato in passato per identificare e localizzare i sistemi d'arma degli Houthi, che i ribelli producono in fabbriche sotterranee e contrabbandano dall'Iran.
Washington, 15 mar. (Adnkronos) - Funzionari statunitensi hanno detto al New York Times che il bombardamento su larga scala contro decine di obiettivi nello Yemen controllato dagli Houthi - l'azione militare più significativa del secondo mandato di Donald Trump - ha anche lo scopo di inviare un segnale di avvertimento all'Iran. Il presidente americano - scrive il quotidiano Usa- vuole mediare un accordo con Teheran per impedirgli di acquisire un'arma nucleare, ma ha lasciato aperta la possibilità di un'azione militare se gli iraniani respingono i negoziati.