Adiós Uber. Dopo New Delhi tocca alla Spagna. Il tribunale mercantile numero 2 di Madrid ha messo al bando a titolo cautelativo l’app che mette in contatto attraverso smartphone passeggeri e autisti in tutto il Paese. La decisione arriva dopo il ricorso presentato lo scorso 7 ottobre dall’Associazione madrilena di Taxi (Atm). La sentenza ordina “l’interruzione in tutto il territorio nazionale del servizio di trasporti con il nome di UberPop” sia sul sito web della società che attraverso la sua applicazione mobile. Richiede, inoltre, ai principali operatori di telecomunicazione di “sospendere la trasmissione, hosting di dati, accesso alle reti o la fornitura di qualsiasi altro equivalente” relativo a Uber, e che i gestori dei pagamenti elettronici sospendano qualsiasi transazione economica avviata tramite l’applicazione della società statunitense. Insomma da oggi a Madrid Uber è fuorilegge.
L’accusa è quella che la società americana ha ricevuto già in altri Paesi: infrange i regolamenti relativi alle licenze di trasporto e le tariffe di un settore disciplinato, facendo concorrenza sleale. Un giudizio che già lo scorso giugno i tassisti di Madrid, ma anche quelli di Londra, Berlino, Milano e Parigi, avevano portato in piazza a gran voce manifestando contro la società californiana. “È una decisione molto importante – spiega a ilfattoquotidiano.it Luis Monsoriu, membro della Federazione sindacale dei tassisti di Valencia, che già prima dei colleghi di Madrid erano scesi in piazza – che farà giurisprudenza in Spagna, così come in Europa. Tanto più che Uber è una società che ha sede in un paradiso fiscale e non paga le tasse nei Paesi in cui opera. Finalmente si dimostra che noi tassisti avevamo ragione quando dicevamo che era un’applicazione fraudolenta non solo per i taxi ma anche per la società in generale, visto che non rispetta le regole del trasporto né qui né nel resto d’Europa. Si tratta semplicemente di proibire quello che è già illegale”, conclude il tassista.
La guerra però continua. E Uber, nonostante la decisione del tribunale, ha già diramato un comunicato dove fa sapere che la sua applicazione sarà ancora operativa in tutto il Paese iberico. “Si tratta di un provvedimento giurisdizionale inusuale”, un’ordinanza che “non è coerente con l’ampio riconoscimento politico in Spagna e nell’Unione europea sui benefici della condivisione delle risorse e dell’economia collaborativa, soprattutto in un periodo di elevata disoccupazione e di una ripresa economica fragile”.
Già sul piede di guerra, il colosso americano ha annunciato che valuterà l’ipotesi di fare appello e assicura che continuerà ad offrire il suo servizio “in conformità con la legge spagnola”. Ma i problemi per Uber non finiscono qui: la società con sede a San Francisco attiva a Madrid da poco tempo, aveva già inaugurato il suo servizio a Valencia lo scorso ottobre e a Barcellona in aprile. A breve dovrà fare i conti proprio con una denuncia simile al tribunale di Barcellona. L’Associazione professionale Elite Taxi, uno dei collettivi spagnoli più agguerriti contro Uber, ha accusato l’app di frode per aver promosso il servizio come “economia collaborativa, quando in realtà è economia sommersa”, dicono i loro legali. E questo mentre il governo regionale catalano sta lavorando a una nuova serie di regole che sostanzialmente potrebbero impedire a Uber di proseguire le sue attività.
Il servizio, disponibile in più di 250 città in 50 Paesi di tutto il mondo e in continua crescita, ha subito negli ultimi tempi parecchie battute d’arresto: oltre al discusso caso indiano, anche la Thailandia e il Brasile hanno deciso di bandire l’app UberPop. Prima ancora Belgio, Paesi Bassi, Germania e Nevada. E giorno 12 dicembre sarà un tribunale francese a pronunciarsi sull’uso dell’ applicazione.
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