Collaboratori di giustizia “premiati” come avviene con i pentiti di mafia, pene più alte sì ma soprattutto un “utile e necessario intervento sulla prescrizione”, intercettazioni più facili e anche agenti provocatori. Ecco come Giuseppe Pignatone, procuratore capo di Roma, e Raffaele Cantone, presidente dell’Anticorruzione, vorrebbero contrastare il reato che costa all’Italia almeno 60 miliardi l’anno. L’inchiesta Mafia Capitale, con la sue storie di criminalità e bustarelle bipartisan, amplia l’eco di queste dichiarazioni che arrivano a poche ore dal Cdm previsto in cui il premier Matteo Renzi è intenzionao ad annunciare l’innalzamento delle pene e l’allungamento della prescrizione.
Pignatone: “Sistemi premiali con i collaboratori di giustizia, forse qualche provvedimento legislativo anche in questo campo è necessario
L’ex capo dei pm di Palermo e Reggio Calabria in commissione Antimafia dice poche essenziali parole: “Non mi permetto di parlare delle misure annunciate dal presidente del Consiglio. Dico solo che, insieme alle iniziative sulla prescrizione, sarebbe estremamente utile qualche forma di sistema premiale. Se con la mafia grandi risultati sono stati ottenuti anche grazie ai sistemi premiali, con i collaboratori di giustizia, forse qualche provvedimento legislativo anche in questo campo è necessario; se lasciamo tutto intatto è più difficile”. Per Pignatone, inoltre, “insieme alle norme sull’aumento delle pene bisogna pensare anche a quelle processuali. C’è un disegno di legge sulle misure cautelari. Si dice di non ricorrere alle misure cautelari e poi si aumentano le pene: è difficile conciliare le due cose”.
Cantone: “Utile e necessario intervento sulla prescrizione e intercettazioni più facili da attivare”
Idem sentire dell’ex pm anti camorra: “Oltre ad aumentare le pene, sarebbe utile e necessario un intervento sulla prescrizione. Nel 2005 – aggiunge Cantone con riferimento alla ex Cirielli – è stata approvata sulla prescrizione una delle leggi peggiori, che se ha reso imprescrittibili i reati di mafia, ha però inciso pesantemente sui reati dei colletti bianchi”. Contro la corruzione Cantone rilancia anche l’idea dei cosiddetti agenti provocatori, cioè soggetti infiltrati su mandato dell’autorità giudiziaria; e come Pignatone ritiene sarebbe utile anche la previsione di “sconti di pena per chi collabora” con i magistrati. Inoltre “una delle norme antimafia che sarebbe più utile estendere, è quella che disciplina i meccanismi per attivare le intercettazioni, che andrebbe immediatamente applicata anche ai reati di corruzione: obiettivamente è meno garantista, ma in questa situazione serve uno strumento più forte, benché sempre democratico”.
Nuovo codice di comportamento allo studio e sostenuto da 151 parlamentari
Anche deputati e senatori cercano di fare la loro parte con la proposta di adottare nell’ordinamento parlamentare italiano un codice di condotta dei deputati sul modello di quelli adottati da altri paesi europei ed anche dal Parlamento europeo. Il deputato Pd Michele Nicoletti ci crede: “La lotta alla corruzione si deve condurre su diversi livelli: quello legislativo e quello politico ma anche attraverso codici di comportamento e stili di vita sobri e rigorosi che contribuiscano a far ritrovare il senso della dignità e dell’onore del servizio pubblico. In un quadro drammatico come quello che sta vivendo l’Italia serve utilizzare tutto quanto può contribuire ad un rafforzamento dell’etica civile”. Una bozza del codice è già in cantiere e, al momento, già sostenuto da 151 deputati la sostengono.
Intanto a Padova si è discusso della legge Severino in un convegno a due anni dalla sua entrata in vigore. Una norma molto criticata dai giuristi. “Nessun reato è stato combattuto con efficacia grazie all’inasprimento delle pene” dice Silvio Riondato, docente di diritto penale all’Università di Padova. “Una legge che non ha chiarito a quale principio si ispira – argomenta il giurista Francesco Carlo Palazzo -, se quello etico sociale o quello più prettamente economicista, permangano ambiguità che nemmeno la Cassazione ha potuto sciogliere”.
Robledo: “Quello che conta è l’effettività della pena. La prescrizione? Meglio congelarla”
Critico anche il procuratore aggiunto Alfredo Robledo, per anni responsabile del Dipartimento per i reati contro la Pubblica amministrazione della Procura di Milano: “La legge ha dato adito a forti incertezze interpretative in particolare nell’introduzione di fattispecie di reato, come l’induzione, impalpabili e difficilmente verificabili. Come operatori del diritto ci troviamo di fronte a molte difficoltà nell’applicare norme troppo astratte ed indefinite. In realtà si sarebbe dovuto eliminare il reato di concussione e ricondurre tutto alla fattispecie della corruzione, ma così non è stato”. Anche il reato di corruzione tra privati, introdotto dall’Italia in fortissimo ritardo e grazie alle pressioni internazionali, è risultato alla fine “un frutto minuscolo”.
Su aumento della pena e prescrizione Robledo ha un’idea diversa da Cantone: “L’aumento delle pene non è mai servita a nulla, quello che conta è l’effettività della pena. Sul problema della prescrizione non penso si tratti di allungarne i termini, piuttosto di congelarne il conteggio ad un certo punto, ad esempio all’inizio del processo. Allungandone i tempi non si risolve il problema perché continueranno i comportamenti tesi ad arrivare alla prescrizione”.
Ha collaborato Gianni Belloni