‘Adelchi’, Lenz Rifrazioni ci butta in una fiaba terribile dei fratelli Grimm
Foto di Francesco Pititto
Nei lavori dei Lenz Rifrazioni è più il taciuto, il non detto, il talmente elaborato e asciugato che si arriva ad un’essenza, ad una sublimazione prima della parola e poi del gesto. Leggere tra le righe, scardinare frammenti, spaziare all’interno delle righe proiettate dentro le fascinazioni, uditive e visive e sonore, contro quel buio, pericoloso come un vortice, che ammanta ed attrae a cuneo, risucchia come ago nel pagliaio. Anche quest’ultimo “Adelchi”, che arriva dopo “I promessi sposi” dello scorso anno (siamo all’interno della loro rassegna “Natura Dèi Teatri”, alla diciannovesima edizione) soffre e gode delle stesse peculiarità. Come se non ci fosse Storia, o come se la storia riuscisse a passare attraverso altri canali diversi da quelli classici del rapporto tra platea e scena.
Entra attraverso i pori il disturbo, il disagio ma anche l’eleganza e la raffinatezza di un percorso certamente artistico, pienamente sociale, densamente laboratoriale, governato da esigenze sia attoriali ma allo stesso tempo di recupero di alcune patologie psichiche. Che recupero poi è parola errata in questo contesto: si vuole solamente (gigantesco pensiero ed infinito, costante adoperarsi) mettere in condizione alcune persone di esprimersi, attraverso l’universalità del teatro, dei ruoli, nello sdoppiamento del personaggio, tirare fuori quello che, con gli altri, all’esterno, nella quotidianità, è bloccato, disinnescato, fermo immobile, compresso, silenziato. Il teatro può fare. Tutti gli attori sono portatori di varie sensibilità psichiche, di vari disturbi.
Sembra di essere finiti nel buco di Alice, dentro una fiaba terribile dei Fratelli Grimm. Non è tanto il nero che circonda ma questa patina solida e appiccicosa di penombra costante che affatica cuore e retine. C’è uno sforzo, voluto, condiviso, accelerato, nel cercare di mettere a fuoco figure che danzano dietro filtri come tende e separè grigi svolazzanti al passaggio, alla foga della corsa intorno ai paraventi come squali senza preda, di riuscire a concentrarsi su un’oggettistica scarna e scarsa, tentare di vedere quello che non c’è, l’invisibile al timpano ed inudibile alla pupilla. Andare a fondo, scavare. Le opere di Maria Federica Maestri e Francesco Pititto, sono inquietanti, diaboliche, efferate nella loro ferocia espositiva, ora criptiche ed enigmatiche adesso pulite e semplici visioni spampanate come fiori dall’odore acre di fine.
Foto di Francesco Pititto
Attorno al “campo di battaglia” composto da tre differenti “appartamenti”, scene in contemporanea, quadri o blocchi a vista, frazionati da teli trasparenti, filtri che da una parte rendono una prospettiva che disorienta e sbanda, dall’altra, per accumulo, la sbiadisce come telefono senza fili, la sovrappone cambiandone connotati come bolo biascicato, nebuloso, controverso, opaco come birra al frumento. L’agone-agorà a pianta centrale (c’è un qualcosa di messa e rito da catacombe in tutto questo) è recintato da teli bianchi dal quale spuntano e puntano mani e nasi e volti ciechi che premendo dall’esterno formano immagini luciferine che vorrebbero sfondare la parete, intrufolandosi con violenza dentro l’oggetto con forza dantesca infernale.
Due figure mobili creano corse dadaiste e velocità futurista, mentre una siede in posizione dominante regnante su una poltrona-scranno-trono. Uno scoglio e due gioiose quanto tragiche murene segnate da un destino ineluttabile. La tragedia, scritta quasi duecento anni fa, qui si riduce e per sottrazione arriva a quattro personaggi per tre attori: Ermengarda (intensa Carlotta Spaggiari) ripudiata come sposa da Carlo Magno, e Adelchi (buona spalla è Carlo Destro) figlio dell’ultimo Re longobardo, i due fratelli manzoniani, complici accomunati da una sorte segnata lastricata di dolore, pene, sofferenze. Al centro la figura monumentale (incisivo è Franck Berzieri, Carlo Magno e Desiderio) in pigiama celeste d’ordinanza e degenza, con toni di disprezzo e affetto, cupidigia e lussuria, urla e carezze.
I cani abbaiano in lontananza, il loro latrato è sterile e pungente, implorante come quello del Melampo pinocchesco. I Lenz mettono in campo un’altra performance, un’installazione umana di gesti reiterati, di battute in loop, mentre nei video alle spalle lacerano foglie rosse secche autunnali come bulldog in cerca dell’odore giusto da seguire. In questo misto di godimento e vergogna, di perdono e sconfitta, la speranza non ha solidarietà né motivo di cittadinanza; tutto è sporcato e dannato in questa Valle di lacrime, un parto che miscela il piacere dannunziano con il dolore foscoliano fino all’intima sofferenza leopardiana.
Festival “Natura Dèi Teatri”, Lenz Rifrazioni, Parma
Gentile lettore, la pubblicazione dei commenti è sospesa dalle 20 alle 9, i commenti per ogni articolo saranno chiusi dopo 72 ore, il massimo di caratteri consentito per ogni messaggio è di 1.500 e ogni utente può postare al massimo 150 commenti alla settimana. Abbiamo deciso di impostare questi limiti per migliorare la qualità del dibattito. È necessario attenersi Termini e Condizioni di utilizzo del sito (in particolare punti 3 e 5): evitare gli insulti, le accuse senza fondamento e mantenersi in tema con la discussione. I commenti saranno pubblicati dopo essere stati letti e approvati, ad eccezione di quelli pubblicati dagli utenti in white list (vedere il punto 3 della nostra policy). Infine non è consentito accedere al servizio tramite account multipli. Vi preghiamo di segnalare eventuali problemi tecnici al nostro supporto tecnico
La Redazione
Roma, 20 feb. (Adnkronos) - “Lo scontro tra i ministri Lollobrigida e Piantedosi sulla vicenda Bari conferma l’arroganza e lo scarso senso dello Stato di questa destra. Un esponente come Lollobrigida avrebbe preteso, fuori da ogni regola e ignorando il lavoro della Commissione di accesso, di imporre al Ministro dell’Interno lo scioglimento del Comune di Bari. Fin dall’inizio la destra si è comportata in questo modo, ma tutto ha dimostrato l’infondatezza di queste accuse e manovre, il lavoro importante contro le mafie svolto da sindaco De Caro e presidente Emiliano. Non può essere che un ministro come Lollobrigida si comporti in questo modo. Chiameremo il Governo a risponderne”. Così il capogruppo Pd in commissione Antimafia Walter Verini.
Roma, 20 feb. (Adnkronos) - "Il sottosegretario alla giustizia Delmastro, condannato a otto mesi di carcere per rivelazione di segreto d’ufficio e un anno di interdizione dai pubblici uffici, ha dichiarato di non volersi dimettere. È senza vergogna. Se ne vada e lo faccia il prima possibile. Le istituzioni sono una cosa seria, non la proprietà privata di qualcuno”. Così sui social Antonio Misiani della segreteria del Partito Democratico.
Milano, 20 feb. (Adnkronos) - I carabinieri hanno raccolto tutte le dichiarazioni rese dagli staff e direttamente dagli imprenditori contattati dal gruppo di truffatori che usando il nome del ministro della Difesa Guido Crosetto hanno tentato raggiri milionari. La banda ha contattato almeno una decina delle famiglie più note e ricche in Italia, tra cui Massimo Moratti (l'unica vittima che ha denunciato il raggiro subito), Marco Tronchetti Provera, esponenti delle famiglie Beretta, Del Vecchio, Caprotti e Della Valle, lo stilista Giorgio Armani.
Una volta sentiti dai militari non tutte le persone che hanno risposto alle telefonate del finto ministro o del sedicente generale hanno deciso di sporgere denuncia. La procura di Milano che indaga sulle truffe sta proseguendo il lavoro sul fronte internazionale, per capire i movimenti bancari del denaro recuperato, mentre restano due gli indagati stranieri per associazione per delinquere finalizzata.
Roma, 20 feb. (Adnkronos) - "Delmastro è sottosegretario alla Giustizia, la sua condanna è grave già solo per questo. In più questa condanna arriva perché ha usato i suoi attuali poteri di sottosegretario per manganellare l'opposizione in Parlamento rivelando informazioni che non potevano essere rivelate. C'è un evidente e gigantesco problema politico. Non può restare al suo posto, è inaccettabile". Così Anna Ascani, Vicepresidente della Camera e deputata dem, intervenendo a Metropolis.
Roma, 20 feb. (Adnkronos) - “Senza disciplina. Senza onore. Doveva dimettersi ben prima, a prescindere dalla condanna. Ogni minuto di permanenza in carica di Delmastro è un insulto alle istituzioni”. Così sui social Peppe Provenzano della segreteria del Partito Democratico.
Roma, 20 feb. (Adnkronos) - Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha ricevuto nel pomeriggio al Quirinale, in separate udienze, per la presentazione delle Lettere Credenziali, i nuovi Ambasciatori: S.E. Vladimir Karapetyan, Repubblica di Armenia; S.E. Roberto Balzaretti, Confederazione Svizzera; S.E. Francella Maureen Strickland, Stato Indipendente di Samoa; S.E. Amb. Matthew Wilson, Barbados; S.E. Augusto Artur António da Silva, Repubblica della Guinea Bissau; S.E. Noah Touray, Repubblica del Gambia; S.E. Richard Brown, Giamaica. Era presente il Vice Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, Edmondo Cirielli. Si legge in una nota del Quirinale.
Roma, 20 feb. (Adnkronos) - "Shame". Ovvero, 'vergogna'. E' il commento via social di Enrico Letta al post di Donald Trump in cui ha insultato Volodomyr Zelensky.
Tommaso Chimenti
Critico teatrale
Cultura - 18 Dicembre 2014
‘Adelchi’, Lenz Rifrazioni ci butta in una fiaba terribile dei fratelli Grimm
Nei lavori dei Lenz Rifrazioni è più il taciuto, il non detto, il talmente elaborato e asciugato che si arriva ad un’essenza, ad una sublimazione prima della parola e poi del gesto. Leggere tra le righe, scardinare frammenti, spaziare all’interno delle righe proiettate dentro le fascinazioni, uditive e visive e sonore, contro quel buio, pericoloso come un vortice, che ammanta ed attrae a cuneo, risucchia come ago nel pagliaio. Anche quest’ultimo “Adelchi”, che arriva dopo “I promessi sposi” dello scorso anno (siamo all’interno della loro rassegna “Natura Dèi Teatri”, alla diciannovesima edizione) soffre e gode delle stesse peculiarità. Come se non ci fosse Storia, o come se la storia riuscisse a passare attraverso altri canali diversi da quelli classici del rapporto tra platea e scena.
Entra attraverso i pori il disturbo, il disagio ma anche l’eleganza e la raffinatezza di un percorso certamente artistico, pienamente sociale, densamente laboratoriale, governato da esigenze sia attoriali ma allo stesso tempo di recupero di alcune patologie psichiche. Che recupero poi è parola errata in questo contesto: si vuole solamente (gigantesco pensiero ed infinito, costante adoperarsi) mettere in condizione alcune persone di esprimersi, attraverso l’universalità del teatro, dei ruoli, nello sdoppiamento del personaggio, tirare fuori quello che, con gli altri, all’esterno, nella quotidianità, è bloccato, disinnescato, fermo immobile, compresso, silenziato. Il teatro può fare. Tutti gli attori sono portatori di varie sensibilità psichiche, di vari disturbi.
Sembra di essere finiti nel buco di Alice, dentro una fiaba terribile dei Fratelli Grimm. Non è tanto il nero che circonda ma questa patina solida e appiccicosa di penombra costante che affatica cuore e retine. C’è uno sforzo, voluto, condiviso, accelerato, nel cercare di mettere a fuoco figure che danzano dietro filtri come tende e separè grigi svolazzanti al passaggio, alla foga della corsa intorno ai paraventi come squali senza preda, di riuscire a concentrarsi su un’oggettistica scarna e scarsa, tentare di vedere quello che non c’è, l’invisibile al timpano ed inudibile alla pupilla. Andare a fondo, scavare. Le opere di Maria Federica Maestri e Francesco Pititto, sono inquietanti, diaboliche, efferate nella loro ferocia espositiva, ora criptiche ed enigmatiche adesso pulite e semplici visioni spampanate come fiori dall’odore acre di fine.
Attorno al “campo di battaglia” composto da tre differenti “appartamenti”, scene in contemporanea, quadri o blocchi a vista, frazionati da teli trasparenti, filtri che da una parte rendono una prospettiva che disorienta e sbanda, dall’altra, per accumulo, la sbiadisce come telefono senza fili, la sovrappone cambiandone connotati come bolo biascicato, nebuloso, controverso, opaco come birra al frumento. L’agone-agorà a pianta centrale (c’è un qualcosa di messa e rito da catacombe in tutto questo) è recintato da teli bianchi dal quale spuntano e puntano mani e nasi e volti ciechi che premendo dall’esterno formano immagini luciferine che vorrebbero sfondare la parete, intrufolandosi con violenza dentro l’oggetto con forza dantesca infernale.
Due figure mobili creano corse dadaiste e velocità futurista, mentre una siede in posizione dominante regnante su una poltrona-scranno-trono. Uno scoglio e due gioiose quanto tragiche murene segnate da un destino ineluttabile. La tragedia, scritta quasi duecento anni fa, qui si riduce e per sottrazione arriva a quattro personaggi per tre attori: Ermengarda (intensa Carlotta Spaggiari) ripudiata come sposa da Carlo Magno, e Adelchi (buona spalla è Carlo Destro) figlio dell’ultimo Re longobardo, i due fratelli manzoniani, complici accomunati da una sorte segnata lastricata di dolore, pene, sofferenze. Al centro la figura monumentale (incisivo è Franck Berzieri, Carlo Magno e Desiderio) in pigiama celeste d’ordinanza e degenza, con toni di disprezzo e affetto, cupidigia e lussuria, urla e carezze.
I cani abbaiano in lontananza, il loro latrato è sterile e pungente, implorante come quello del Melampo pinocchesco. I Lenz mettono in campo un’altra performance, un’installazione umana di gesti reiterati, di battute in loop, mentre nei video alle spalle lacerano foglie rosse secche autunnali come bulldog in cerca dell’odore giusto da seguire. In questo misto di godimento e vergogna, di perdono e sconfitta, la speranza non ha solidarietà né motivo di cittadinanza; tutto è sporcato e dannato in questa Valle di lacrime, un parto che miscela il piacere dannunziano con il dolore foscoliano fino all’intima sofferenza leopardiana.
Festival “Natura Dèi Teatri”, Lenz Rifrazioni, Parma
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Roma, 20 feb. (Adnkronos) - "Il sottosegretario alla giustizia Delmastro, condannato a otto mesi di carcere per rivelazione di segreto d’ufficio e un anno di interdizione dai pubblici uffici, ha dichiarato di non volersi dimettere. È senza vergogna. Se ne vada e lo faccia il prima possibile. Le istituzioni sono una cosa seria, non la proprietà privata di qualcuno”. Così sui social Antonio Misiani della segreteria del Partito Democratico.
Milano, 20 feb. (Adnkronos) - I carabinieri hanno raccolto tutte le dichiarazioni rese dagli staff e direttamente dagli imprenditori contattati dal gruppo di truffatori che usando il nome del ministro della Difesa Guido Crosetto hanno tentato raggiri milionari. La banda ha contattato almeno una decina delle famiglie più note e ricche in Italia, tra cui Massimo Moratti (l'unica vittima che ha denunciato il raggiro subito), Marco Tronchetti Provera, esponenti delle famiglie Beretta, Del Vecchio, Caprotti e Della Valle, lo stilista Giorgio Armani.
Una volta sentiti dai militari non tutte le persone che hanno risposto alle telefonate del finto ministro o del sedicente generale hanno deciso di sporgere denuncia. La procura di Milano che indaga sulle truffe sta proseguendo il lavoro sul fronte internazionale, per capire i movimenti bancari del denaro recuperato, mentre restano due gli indagati stranieri per associazione per delinquere finalizzata.
Roma, 20 feb. (Adnkronos) - "Delmastro è sottosegretario alla Giustizia, la sua condanna è grave già solo per questo. In più questa condanna arriva perché ha usato i suoi attuali poteri di sottosegretario per manganellare l'opposizione in Parlamento rivelando informazioni che non potevano essere rivelate. C'è un evidente e gigantesco problema politico. Non può restare al suo posto, è inaccettabile". Così Anna Ascani, Vicepresidente della Camera e deputata dem, intervenendo a Metropolis.
Roma, 20 feb. (Adnkronos) - “Senza disciplina. Senza onore. Doveva dimettersi ben prima, a prescindere dalla condanna. Ogni minuto di permanenza in carica di Delmastro è un insulto alle istituzioni”. Così sui social Peppe Provenzano della segreteria del Partito Democratico.
Roma, 20 feb. (Adnkronos) - Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha ricevuto nel pomeriggio al Quirinale, in separate udienze, per la presentazione delle Lettere Credenziali, i nuovi Ambasciatori: S.E. Vladimir Karapetyan, Repubblica di Armenia; S.E. Roberto Balzaretti, Confederazione Svizzera; S.E. Francella Maureen Strickland, Stato Indipendente di Samoa; S.E. Amb. Matthew Wilson, Barbados; S.E. Augusto Artur António da Silva, Repubblica della Guinea Bissau; S.E. Noah Touray, Repubblica del Gambia; S.E. Richard Brown, Giamaica. Era presente il Vice Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, Edmondo Cirielli. Si legge in una nota del Quirinale.
Roma, 20 feb. (Adnkronos) - "Shame". Ovvero, 'vergogna'. E' il commento via social di Enrico Letta al post di Donald Trump in cui ha insultato Volodomyr Zelensky.