La protesta dei 5 Stelle non fa arretrare il governo sui giochi. E così, secondo quanto trapela da Palazzo Madama, il cosiddetto “emendamento Sisal” è rimasto al suo posto. “Il governo Renzi gioca d’azzardo e si appresta a sostenere il Superenalotto (e la multinazionale Sisal che lo gestisce), per evitarne il declino”, era stata la denuncia dei gruppi parlamentari del Movimento 5 Stelle secondo i quali “il governo è pronto a tutto anche a costo di ridurre le entrate per lo Stato. Lo fa mettendo al riparo il Ministro: non sarà responsabile per danno erariale” .

Il riferimento è all’emendamento 3.4102 alla legge di Stabilità dove si prevede che “il ministero dell’Economia e delle Finanze possa ridurre il prelievo, aumentare il payout (e quindi l’appetibilità), i premi, gli importi giocabili e la frequenza delle estrazioni per i concorsi che abbiano registrato un calo (di raccolta e gettito erariale, ndr) di almeno il 15% annuo nell’ultimo triennio”. Un chiaro identikit del Superenalotto, secondo i pentastellati che sottolineano come le entrate del gioco di casa Sisal siano in calo dall’inizio del 2012 e ritengono l’emendamento una “norma ad societatem” dato che mette “in preventivo una riduzione del gettito e solleva preventivamente il Ministro da responsabilità per danno erariale!. Si prefigurerebbe oltretutto un aiuto di Stato impugnabile in tutti i tribunali europei”, era stata la denuncia che chiedeva la cancellazione immediata della norma bollando come “inaccettabile un sostegno alla filiera del gioco d’azzardo, che impoverisce le famiglie e finanzia la politica”.

La difficile situazione della società del Superenalotto, del resto, non è un mistero. Sisal, che fa capo ai fondi Apax, Clessidra e Permira, anche se le azioni sono integralmente in pegno a un pool di banche tra cui le italiane Imi (Intesa Sanpaolo), Unicredit e Bpm, la scorsa estate era pronta a sbarcare in Borsa per raccogliere risorse fresche, salvo poi fare bruscamente dietrofront. Colpa dell’andamento del mercato, era stata la motivazione ufficiale, anche i dati di partenza parlavano chiaro: la situazione dei conti aggiornati al 31 marzo del 2014 evidenziava un patrimonio netto negativo per 50,5 milioni di euro, schiacciato da un indebitamento complessivo lordo pari a 1,69 miliardi di euro. Non a caso una fetta consistente del denaro incassato con l’operazione sarebbe dovuta servire proprio al ridurre l’esposizione di soci e istituti di credito che, visto l’esito dell’operazione, hanno dovuto fare buon viso a cattivo gioco.

Sempre a proposito di giochi e politica, gli stessi parlamentari a 5 Stelle si sono chiesti “cosa ci faceva Antonio Porsia, re delle slot machines, in questi giorni in Senato?”. Porsia, hanno precisato, “negli ultimi tre giorni è stato visto più volte di fronte alla Commissione Bilancio di Palazzo Madama. Ricordiamo chi è: già collaboratore di Tiziano Treu è l’amministratore unico dell’Hbg Gaming uno dei colossi del gioco d’azzardo specializzato in Bingo e slot machines”. Nel maggio 2013 il Movimento 5 Stelle aveva denunciato in Parlamento “che l’Hbg, aveva finanziato con 15.000 euro l’ex premier Letta e la sua fondazione Vedrò. L’Hbg di Porsia – attaccano i senatori pentastellati – è una delle concessionarie di slot che furono coinvolte nello scandalo dei 98 miliardi di euro mai corrisposti allo Stato ed che ha goduto in questi anni dei vari condoni votati da Pd , Forza Italia, Ncd. Guarda caso – è stata la conclusione – anche in questa Finanziaria non c’è traccia di un deciso aumento della tassazione per i concessionari del gioco d’azzardo, una delle piaghe sociali del nostro Paese”.

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