L’Ilva andrà in amministrazione straordinaria a inizio gennaio. Lo ha ufficializzato il presidente del consiglio Matteo Renzi al termine del consiglio dei ministri del 24 dicembre, confermando il decreto ad hoc “salvo intese” che stabilisce l’avvio di una Marzano a misura dell’impianto siderurgico di Taranto “come per l’Alitalia, con risultati spero migliori”. A breve, quindi, è prevista la nomina di “uno o più commissari”, ha precisato ancora Renzi senza però alzare un velo sui nomi dei candidati alla successione di Piero Gnudi. Quanto alla durata della procedura, secondo l’ex rottamatore, “l’investimento pubblico avrà successo se destinato a un tempo limitato, compreso tra un minimo di 18 mesi e un massimo di 36“. Renzi ha poi quantificato in 2 miliardi di euro l’investimento complessivo su Taranto. “I denari tra porto e infrastrutture fuori da Ilva già sbloccati, ammontano a qualcosa come 800 milioni di euro. L’autorizzazione ambientale e il risanamento valgono, stimati in modo superficiale, oltre un miliardo di euro”, ha detto ancora il premier. Non è però chiaro se nel computo della somma ci siano anche gli 1,2 miliardi sequestrati alla famiglia Riva per presunti reati valutari e fiscali, nell’ambito di un’indagine milanese ancora aperta, che saranno assegnati al commissario straordinario dell’Ilva all’interno di una “contabilità speciale”. Quanto agli interventi, oltre all’Ilva, il piano Taranto include la riqualificazione del porto (banchina e terminal container), la Città vecchia, il Museo archeologico nazionale e l’Arsenale della Marina. Trenta milioni saranno invece destinati al centro di ricerca sui tumori infantili dell’ospedale della città. Il premier ha quindi parlato di “una grande scommessa” e di “momenti nella storia di un Paese in cui l’amministrazione deve avere il coraggio di assumersi le sue responsabilità”.
Il tema della responsabilità è stato chiamato in causa anche a proposito delle decisioni prese sul Jobs Act, di cui sono stati varati i primi due decreti attuativi sul contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti e sull’estensione dell’Aspi a 24 mesi – in questo caso con un sì “salvo intese” – incluse le nuove regole per i licenziamenti, con l’indennizzo che per i nuovi contratti sostituirà nella gran parte dei casi il reintegro dell’articolo 18. “C’è un clima politico molto suscettibile e sensibile, anche con un pensiero ideologizzato attento alle virgole, ma noi ci siamo assunti la responsabilità di decidere”, ha detto Renzi. Il riferimento è sia alle componenti politiche di sinistra, che alla destra e in particolare a Ncd, al centro di uno scontro che ha tenuto alta la tensione fino all’ultimo: da un lato chi, da destra, voleva l’opting out, cioè la possibilità di escludere il reintegro per i licenziamenti ingiustificati, dall’altro chi, da sinistra, reclamava più tutele. Il braccio di ferro in corso da settimane è proseguito fino a ridosso della riunione dell’esecutivo facendone slittare l’inizio di oltre due ore. Alla vigilia, Maurizio Sacconi aveva lanciato un avvertimento tirando in ballo la vita stessa del governo. E i ministri del nuovo centrodestra hanno cercato fino all’ultimo di imporsi in Cdm, arrivando anche a ventilare la possibilità di non partecipare alla riunione.
“Dove eravate quando governavate?”, ha ironizzato ex post l’ex sindaco di Firenze. “Se stiamo qui è perché abbiamo fatto delle scelte, quindi buon gioco delle parti e buon Natale. Abbiamo fatto delle scelte sul testo (che esclude l’opting out, ndr) e siamo anche aperti alle proposte di cambiamento che saranno fatte in Commissione e pronti, eventualmente, anche a rivedere i nostri convincimenti”, ha aggiunto parlando di “rivoluzione copernicana“. “Altro che rivoluzione copernicana, il governo Renzi ha cancellato il lavoro a tempo indeterminato, generalizzando la precarizzazione dei rapporti di lavoro in Italia”, è stata la replica a stretto giro del segretario della Cgil, Susanna Camusso che parla di norme “ingiuste, sbagliate e punitive”. Secondo la sindacalista “a leggere le norme viene da chiedersi cosa abbiano mai fatto i lavoratori a Matteo Renzi. Per la prima volta il governo rinuncia alla politica economica appaltando alle imprese la ripresa consentendo la libertà di licenziare sempre e comunque. Invertendo l’onere della prova, che ora ricadrà sulle spalle dei lavoratori, si crea un abominio, addossando alla parte più debole e ricattabile del rapporto di lavoro la dimostrazione dell’ingiustizia del suo licenziamento”. Per questo la Cgil continuerà “ad opporsi in modo forte e deciso a queste norme ingiuste, sbagliate e punitive, nei confronti dei lavoratori e userà tutti gli strumenti a sua disposizione per ripristinare i diritti dei lavoratori”.
LE SPINE DEL CASO ILVA – L’esecutivo, in ogni caso, sembra deciso a tirare dritto. Le misure varate alla vigilia di Natale oltre a toccare temi scottanti come l’Ilva e il Jobs Act, non riguardano certo argomenti secondari. Si va dalle nomine del capo di Stato maggiore della Difesa Claudio Graziano, del prefetto di Napoli Gerarda Pantalone, del presidente dell’Inps Tito Boeri e del consigliere per il terzo settore Vincenzo Manes, all’atteso decreto sulle regole per i reati tributari, passando per il famigerato Milleproroghe che, ha fatto sapere in tempo reale il ministro della pubblica amministrazione Marianna Madia, include la proroga dei contratti dei lavoratori precari delle province. Il caso più spinoso, però, resta quello dell’Ilva che si porta dietro più di un’incognita. Non solo per la posizione degli azionisti, i Riva ma anche i loro soci di minoranza Amenduni, da settimane in attesa dei dettagli del decreto per valutare un’azione legale contro l’esproprio. O quella dei creditori, le banche (esposte per 1,5 miliardi di euro) così come i fornitori (350 milioni). Non va sottovalutato anche il ruolo dell’Europa e il rischio facile che Roma incappi in un braccio di ferro con Bruxelles sull’intervento statale al fianco dell’acciaieria finanziariamente (e non solo) ai minimi termini e su cui gravano, oltre alla bonifica dell’impianto con l’adeguamento alle prescrizioni dell’Aia, anche richieste di danni per oltre 30 miliardi.
I dettagli della ri-nazionalizzazione, in ogni caso, non sono ancora stati svelati, visto che l’esecutivo, come previsto, nell’ambito del decreto per lo Sviluppo dell’area di Taranto, si è “limitato” a dare il via all’amministrazione straordinaria chiudendo il commissariamento ed estendendo le procedure dell’amministrazione straordinaria per le imprese dei servizi pubblici essenziali anche “alle società che gestiscono uno stabilimento industriale di interesse strategico nazionale”. Obiettivo: “garantire la prosecuzione dell’attività produttiva assicurando che le risorse aziendali siano prioritariamente destinate a tale scopo”. Tanto più che la gestione dell’impresa “sarà considerata attività di pubblica utilità e gli interventi previsti dal piano ambientale vengono dichiarati urgenti e indifferibili”. Il dado, quindi, è ormai tratto e non resta che attendere la nomina dei commissari e le loro prime mosse. A partire dall’indicazione del soggetto pubblico candidato a entrare nella società – le ipotesi circolate finora parlano di una newco cui verranno conferite le attività produttive e i dipendenti dell’Ilva, da affiancare alla bad company in amministrazione straordinaria sul modello Parmalat – e l’entità esatta dell’investimento che verrà effettuato con il denaro dei contribuenti.
IL PIANO TARANTO – Molto più definito il piano per Taranto che riguarda “la riqualificazione e la valorizzazione delle emergenze urbane, storiche e culturali, prevedendo un tavolo delle istituzioni coinvolte istituito presso la Presidenza del Consiglio, individuando precise responsabilità e tempistiche, e misure di semplificazione e accelerazione”, come recita una nota dell’esecutivo. L’attuazione degli interventi “è assicurata e disciplinata da uno specifico Contratto Istituzionale di Sviluppo Taranto e da una unica governance istituzionale”, precisa il comunicato che fissa in 30 giorni dall’entrata in vigore della legge il termine per l’istituzione del tavolo stesso che sarà composto da un rappresentante della presidenza del Consiglio e uno per ciascuno dei ministeri dello Sviluppo, dell’Ambiente, delle Infrastrutture, della Difesa e dei Beni culturali, nonché di Regione, Provincia, Comune di Taranto, Comuni dell’area, Autorità Portuale, Commissario straordinario per la bonifica, ambientalizzazione e riqualificazione di Taranto, Commissario straordinario del porto (con poteri estesi a tutte le opere e interventi infrastrutturali per l’ampliamento e l’adeguamento del porto “agli standard competitivi dell’area mediterranea”) e di Invitalia. Procedure accelerate, quindi, sia per il porto che per la città: il via libera formale di enti e ministeri necessario per l’approvazione degli interventi e delle opere previste, sarà considerato come pervenuto una volta scaduti i 30 giorni dalla richiesta.
REATI TRIBUTARI, LA CERTEZZA DEL DIRITTO E CONFERMA DELL’ALLARGAMENTO DELLE MAGLIE PER GLI EVASORI – Abuso del diritto delimitato, riformulazione dei reati tributari, collaborazione fra grandi imprese e fisco e maglie più larghe per chi dichiara il falso. Questi invece gli assi portanti del decreto legislativo sulla certezza del diritto che attua la delega fiscale a lungo atteso dalle imprese. “Dare certezza fiscale è una cosa molto importante”, ha detto Renzi, in conferenza stampa dopo il Cdm, sottolineando che ora con “la chiarezza delle regole e le sanzioni inasprite per chi evade”, sarà possibile ribaltare il rapporto tra fisco e contribuenti e non vedere “più il pubblico come un nemico”, riducendo “allo stesso tempo la pressione burocratica”. Del resto il decreto era il piatto forte perché riscrive la disciplina dell’abuso del diritto che coinciderà ora a tutti gli effetti con l’elusione e dovrà essere contestato dall’amministrazione finanziaria. Ma l’accertamento dovrà essere preceduto da una richiesta di chiarimenti al contribuente che avrà 60 giorni per rispondere. Se nel frattempo dovesse scadere il termine per i controlli scatterà una proroga automatica di 60 giorni per emettere l’avviso. Anche se di per sé, l’abuso del diritto non sarà penalmente perseguibile, ma il reato potrà scattare solo quando si configurerà una frode, per esempio per una simulazione da parte del contribuente, anche se la soglia per far scattare la sanzione penale in caso di dichiarazione infedele, come ventilato nelle scorse settimane, è stata triplicata e portata dagli attuali 50.000 euro a 150.000 euro. Sotto il versante strettamente tributario, l’abuso non sarà più contestabile dal giudice e si “manifesterà” in presenza di tre condizioni: mancanza di una ragione economica delle operazioni, possibilità per il contribuente di ottenere dall’operazione un vantaggio fiscale indebito, il vantaggio dovrà essere la conseguenza principale dell’operazione.
IL RITORNO DEL MILLEPROROGHE, MA “LIGHT” – Il Consiglio dei ministri ha approvato “il Milleproroghe più light della storia degli ultimi anni, con una ventina di proroghe. E’ un provvedimento molto breve, stretto come numero di norme, siamo stati molto rigorosi con noi stessi”, ha infine garantito Renzi. Impossibile verificare immediatamente, visto che il testo non è stato reso disponibile, mentre sono state messi nero su bianco solo “i temi di alcune delle principali proroghe”. Che partono dalla pubblica amministrazione con le assunzioni dei precari delle provincie, il prolungamento dei contratti dirigenziali a termine stipulati dall’Agenzia del farmaco, l’utilizzo delle graduatorie in corso di validità anche per gli idonei dei Beni culturali e il rinnovo dei comandi di personale dei vigili del fuoco. Segue la conferma del divieto di possesso incrociato di tv e giornali. E ancora, la proroga di due anni del termine per la privatizzazione della Croce Rossa Italiana proposta del ministro della Salute Beatrice Lorenzin in quanto “funzionale all’esigenza di rinvenire ed attuare le soluzioni più adeguate anche in relazione al ricollocamento del personale che risultasse in esubero. Nonché ai tempi necessari all’approvazione della Delega Legislativa avente ad oggetto il riordino dell’Ente contenuta nel Ddl Lorenzin attualmente all’esame del Senato”.
Secondo le ultime bozze circolate nei giorni scorsi, inoltre, sarà prorogato di un anno, al 31 dicembre 2015, il termine per l’adeguamento alla normativa antincendio delle attività turistico-alberghiere. Si tratta della sesta proroga. Undicesima conferma, invece del rinnovo annuale delle misure che prevedono lo scioglimento dei Consigli degli enti locali per mancata approvazione del bilancio nei termini prescritti e la conseguente attribuzione al prefetto dei relativi poteri sostitutivi per l’approvazione del bilancio di previsione e per la verifica della salvaguardia degli equilibri di bilancio. Un anno in più anche per la contabilità speciale intestata alle prefetture delle province di Monza, Fermo e Barletta per il completamento degli interventi per gli uffici periferici delle province. Estesa solo fino al 30 giugno 2015, invece, la possibilità di usare le guardie giurate in funzione antipirateria marittima. Mentre slitta di due anni, a fine 2016, il termine dell’applicazione della disciplina sui finanziamenti erogati dalla Banca d’Italia e garantiti mediante cessione o pegno di credito. Quattro, poi, i mesi concessi in più per la determinazione dei criteri generali cui devono uniformarsi gli Organismi di investimento collettivo del risparmio (Oicr) italiani, così come era stato definito dal decreto Competitività.
Prorogato di un anno, invece, il termine per l’adozione del decreto del ministero dello Sviluppo economico per la determinazione della tassazione applicabile ai combustibili impiegati negli impianti cogenerativi (produzione combinata di energia elettrica e calore). Di conseguenza, ai fini dell’individuazione dei quantitativi di combustibile soggetti alle aliquote sulla produzione di energia elettrica, continueranno ad applicarsi i coefficienti individuati dall’Autorità per l’energia elettrica ed il gas, ridotti del 12 per cento. Confermato poi per il 2015 il tetto per le Pubbliche amministrazioni per l’acquisto di beni immobili e arredi. La norma prevede che non si possano effettuare spese di ammontare superiore al 20% “della spesa sostenuta in media negli anni 2010 e 2011″ per l’acquisto di mobili e arredi, se non destinati all’uso scolastico e dei servizi all’infanzia, salvo che l’acquisto sia funzionale alla riduzione delle spese connesse alla conduzione degli immobili”. Termine allungato di 12 mesi anche per il limite alla rideterminazione (in aumento) dei compensi ai componenti degli organi di indirizzo, direzione e controllo, consigli di amministrazione e organi collegiali. Bloccato per un altro anno anche l’adeguamento automatico dei canoni di locazione passiva per gli immobili condotti dalle Pubbliche amministrazioni.
Dulcis in fundo, i concessionari di tratte autostradali già graziati dal ministro Maurizio Lupi con lo Sblocca Italia, avranno sei mesi in più, per sottoporre al ministro dei Trasporti le modifiche del rapporto concessorio per il potenziamento strutturale, tecnologico e ambientale delle infrastrutture autostradali. Cioè per sottoporre il loro piano di investimenti in cambio del rinnovo della concessione senza passare per una gara. Fanno da pendant i tre mesi in più concessi al ministero dei Trasporti per emanare il decreto ministeriale con i criteri e le modalità di pagamento dei canoni annuali di accesso alle strade Anas. Così come la conferma per tutto il 2015 dell’anticipazione del 10% del prezzo nei contratti di appalto pubblici. La norma modifica il dl Fare del 2013, che prevede per i contratti di appalto “la corresponsione in favore dell’appaltatore di un’anticipazione pari al 10 dell’importo contrattuale”. Nel caso di contratti di appalto relativi a lavori di durata pluriennale, l’anticipazione va compensata fino alla concorrenza dell’importo sui pagamenti effettuati nel corso del primo anno contabile. La lentezza nel portare i risultati, poi, non frena figure come quella del commissario liquidatore dell’Agenzia per lo svolgimento dei Giochi olimpici Torino del 2006 il cui incarico attivo dal 2008 è stato allungato di altri due anni. Secondo le originarie disposizioni Domenico Arcidiacono avrebbe però dovuto esaurire i suoi compiti entro tre anni. Chiude il cerchio lo spostamento di un altro anno, il nono, dell’entrata in vigore del divieto di conferimento in discarica dei rifiuti con potere calorifico inferiore a 13.000 KJ/Kg. Dunque questa particolare tipologia di rifiuti, come per esempio sono le guaine bituminose, potrà continuare a essere smaltita in discarica. Il divieto, introdotto nel 2003 e sempre slittato, era stato pensato per limitare il ricorso alla discarica e potenziare il recupero di energia dai rifiuti che non possono essere ulteriormente valorizzati attraverso il riciclaggio.