Alta tensione a Mosca dopo la condanna del 38enne avvocato e blogger Alexei Navalny. Considerato l’oppositore numero uno di Vladimir Putin, Navalny è stato condannato dal tribunale moscovita a tre anni e mezzo per appropriazione indebita, con pena sospesa. Truffa e riciclaggio di denaro: queste le motivazioni con le quali Alexei Navalny è stato condannato, insieme al fratello Oleg (per quest’ultimo tre anni e mezzo ma senza sospensione condizionale della pena: sarà quindi incarcerato). La condanna si basa su una presunta truffa da 400 mila euro ai danni della filiale russa di un gruppo cosmetico francese. “Lo arrestate, volete fare pressione su di me?”, ha urlato il blogger in aula a proposito della condanna del fratello, invitando poi i sostenitori a scendere in piazza contro un regime “che non solo cerca di distruggere gli avversari, ma anche i loro familiari”.

Appena ha saputo della sentenza e nonostante fosse agli arresti domiciliari da febbraio, è uscito di casa per unirsi ai manifestanti riuniti in protesta contro la decisione dei giudici. “Sono ai domiciliari ma oggi ho troppa voglia di stare con voi”, aveva scritto poco prima il blogger su Twitter. La polizia lo ha fermato in strada: il centro di Mosca è stato blindato e sono state interdette“tutte le manifestazioni non autorizzate”, divieto che non ha fermato i molti sostenitori scesi in piazza Manezhnaya, non lontano dal Cremlino, al grido di slogan come “Il potere siamo noi” e “Non potrete incarcerarci tutti”. Il verdetto, inizialmente previsto per metà gennaio, è stato anticipato a sorpresa a martedì 30 dicembre proprio per scoraggiare le manifestazioni di massa annunciate dai sostenitori del blogger anti-Putin: obiettivo fallito. Non meno di  132 le persone arrestate, secondo quanto riportato dal sito Ovd-Info, un’organizzazione non governativa per la difesa dei diritti dell’uomo e specializzata nel monitoraggio degli arresti in Russia.

Tra i più noti e attivi oppositori di Putin, Alexei Navalny è già stato arrestato diverse volte: nel 2012 è stato incarcerato mentre protestava contro i possibili brogli alle elezioni del 4 dicembre e l’anno successivo è stato condannato a cinque anni di carcere per appropriazione indebita (occasione nella quale venne rilasciato dopo solo un giorno per essere messo ai domiciliari, con l’assoluto divieto di comunicare con l’esterno). 30 dicembre 2014 la nuova condanna.

Blogger attivo su Live Journal, Navalny denuncia da tempo l’illegalità e la corruzione nella gestione di aziende russe controllate dallo stato nei cui consigli di amministrazioni figurano membri governativi. Le sue armi? L’acquisto di piccole quote delle stesse società e la capacità di porre le domande giuste: Navalny, in qualità di piccolo azionista, riesce a trovare informazioni sul modo in cui queste aziende vengono amministrate, rendendole poi pubbliche attraverso il suo blog. Più volte è riuscito ad accusare esponenti del governo di aver intascato in modo illecito grosse somme di denaro e, in alcuni casi, le sue inchieste hanno avuto come esito un processo.

La formazione di Alexei Navalny è passata attraverso una laurea in legge e un master in finanza: “Presto mi sono accorto che i consigli di amministrazione non pagavano i dividendi agli azionisti – ha raccontato al Guardian – Scorrendo la lista dei più ricchi, su Forbes, puoi capire facilmente dove vanno a finire i soldi”. Dopo un primo periodo di militanza nel principale partito dell’opposizione, Yabloko, ha preferito seguire una strada alternativa: la finanza, più che la politica, come “arma” per combattere la corruzione.

La condanna di Navalny è uno “sviluppo inquietante“, ha dichiarato il Dipartimento di Stato americano sostenendo che “l’obiettivo sembra essere quello di punire e dissuadere qualsiasi attivismo politico. Un nuovo esempio di repressione” contro “voci indipendenti”. E sul caso è intervenuta anche l’Europa. “L’Unione europea sottolinea l’importanza che ogni decisione giudiziaria sia libera da interferenze politiche, indipendente, e nel pieno rispetto dello stato di diritto” ha affermato il portavoce dell’Alto rappresentante dell’Ue per gli affari esteri, Federica Mogherini.

 

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