Il sindaco Gigi Riserbato era stato arrestato il 20 dicembre e nei suoi confronti era stata applicata la misura cautelare degli arresti domiciliari. Ieri sera il Tribunale del Riesame di Bari ha rigettato la richiesta di revoca della misura presentata dai suoi legali, gli avvocati Alvisi e Malcangi, confermando l’impianto accusatorio del pm Michele Ruggiero convalidato dall’ordinanza del gip Francesco Messina. L’ipotesi per cui il sindaco è agli arresti domiciliari riguarda l’esistenza di un “sistema Trani”, per cui i capi d’imputazione contestati sono quelli della associazione a delinquere finalizzata a commettere diversi tipi di reato quali, la turbativa d’asta, la corruzione, la concussione ed il voto di scambio. L’indagine della Procura di Trani aveva portato a diversi arresti tra pubblici amministratori e funzionari pubblici, che sono tuttora agli arresti domiciliari o sono colpiti da provvedimenti interdittivi.
L’inchiesta della Procura di Trani, altro non è che lo sguardo attraverso il microscopio rigoroso del diritto e delle tecniche investigative realizzate dalle forze dell’ordine, di ciò che però balza chiaro anche ad occhio nudo a tutti i cittadini. L’esistenza del “sistema” si evidenziava plasticamente nella collocazione sistematica di persone di stretta fiducia nei punti chiave della governance cittadina, anche e soprattutto dalla specifica competenza personale dei soggetti. L’unico vincolo doveva essere parentale o di stretta appartenenza ai tre “cerchi magici” che facevano capo alla cosiddetta punta dell’Iceberg. Quello individuato dai magistrati è un fenomeno inquietante poiché appunto ha la caratteristica di essere sistemico e quindi riconducibile a quella “corruzione ambientale” che fu scoperta all’epoca di Mani Pulite.
La scoperta di una sorta di “asta di vendita delle gare d’appalto” funzionante dalle più piccole alle milionarie, ci lascia intuire che il meccanismo della corruzione si è evoluto dall’epoca di Tangentopoli raggiungendo livelli di modernità applicativa impensabili. Aprire una sorta di asta illegale e parallela delle gare d’appalto, per ricavarne vantaggi maggiori costituiti non solo da tangenti in denaro ma anche da posti di lavoro. Consultare le possibili ditte partecipanti e pilotare verso i migliori offerenti (del vantaggio illegittimo) l’aggiudicazione dell’appalto predisponendo commissioni, e le stesse valutazioni dei punteggi sembrava ormai non solo consuetudine, ma addirittura pratica legittima. Lo si intuisce dalla ingenue dichiarazioni “politiche” dei protagonisti del sistema: “Questo è il sistema… è necessario foraggiare… io cerco solo posti di lavoro per la gente…”.
Ormai la prassi era così consolidata che anche per le piccole cose dal rilascio del certificato all’aggiudicazione di una gara, la mediazione sistemica della politica corrotta era totalmente invasiva. Prova ne sia che il Comune di Trani sembra deserto da quando ci sono stati gli arresti: perché mancano consiglieri, e faccendieri che riescono a piazzare come piaceri ciò che sono semplici diritti dei cittadini. Le condizioni perché un sistema attecchisca sono però tutte nella predisposizione di un apparato burocratico controllato… e nulla può sfuggire al comando, altrimenti il sistema può incepparsi. Allora diventano strategici alcuni settori: l’informazione in primis (la trasparenza nuoce al sistema), il protocollo (la cronologia nuoce perché le priorità le determina solo il sistema), l’asservimento dei dirigenti che devono essere scelti dal sistema e non giungere per caso o addirittura per merito, ed infine l’uso delle partecipate come luoghi tipici ad unico uso e consumo del sistema. L’evidenza della onnipresenza del sistema Trani poi, ha avuto la sua eccezionalità nelle nomine parentali e qui, ritroviamo diverse similitudini con i meccanismi romani di Mafia Capitale.
Le campagne elettorali di diverso tipo, poi, diventavano per il sistema il luogo topico per piazzare i pacchetti di voto posseduti, per aprire altrettante aste ed offrire pacchetti segmentati ed opzionabili, ai migliori offerenti in cambio di denaro, posti di lavoro o altre utilità. Ma erano le partite d’allenamento di una squadra che poi sfoderava la sua capacità di controllo sistemico nel momento in cui aveva necessità di rilevare il posto di comando dell’azienda città. E come in una azienda che produce profitti ai proprietari, l’interesse collettivo, pubblico, era un dettaglio marginale, da trattare in qualche convegno o inaugurazione di circostanza. L’obiettivo dei sistemisti è vincere non servire, trasformando tutto ciò che serve davvero in superfluo da affrontare con sciatteria mentre ciò che è anche inutile e superfluo può diventare prioritario perché nutre il sistema. Quindi si affronta con superficialità e negligenza il tema ambientale (il mare, l’inquinamento, la gestione della discarica) e ci si concentra sulle gare con più circolazione di fondi anche se non prioritarie (gestione immobili, tributi, esternalizzazioni varie).
Insomma quando interesse pubblico e bene comune (manutenzione delle strade, sicurezza, scuole ed ambiente) non sono al centro dell’azione dei pubblici amministratori, ci si scorda dei tempi per le gare della refezione, si trascura la programmazione, i piani della costa non vengono realizzati, insomma tutto sembra rinviabile poiché non serve al sistema che deve agire solo per garantirsi la propria auto riproduzione rispetto a scossoni sempre possibili. E’ l’avidità il suo vero motore propulsore non l’equilibrio e l’efficienza. E’ la fretta che detta il timing del sistema non il calendario della vita civica. E’ l’emergenza che lo nutre non la normalità.