Il governo ci riprova. Nonostante il mercato immobiliare stagnante
e gli scarsissimi risultati ottenuti con i tentativi del passato, a ridosso delle festività natalizie l’esecutivo ha tentato di nuovo di giocarsi la
carta della dismissione del mattone pubblico. Questa volta la strada, che passa attraverso tre decreti del ministero dell’Economia, è quella di consentire
ad alcuni enti locali, alla
Croce Rossa e all’
Inail di vendere “a trattativa privata” e “anche in blocco” una ventina tra
caserme e palazzi. Dal veneziano
Palazzo Ziani, ex sede dell’associazione provinciale del turismo (Apt), alla vecchia sede del comitato regionale della Cri di via Caradosso, a Milano, fino alla Caserma Mameli, sempre nel capoluogo lombardo, passando per l’ex Pretura di Torino e il Palazzo dell’Intendenza di finanza di Reggio Emilia. L’obiettivo, però, non sembra quello di venderli a privati per incassare soldi freschi con cui rimpinguare le casse pubbliche. Bensì di cederli al
Fondo investimento per le valorizzazioni (Fiv) di
Cdp investimenti sgr, società di gestione che fa capo alla
Cassa depositi e prestiti, il gruppo controllato dal Tesoro che ha in pancia il
risparmio postale degli italiani. O, almeno, questo è l’iter che sta seguendo la Croce Rossa, che nei giorni scorsi ha avviato trattative in tal senso con la Cassa per girarle il palazzo novecentesco dietro la Basilica delle Grazie.
Insomma, si va verso la classica più classica delle
partite di giro con cui un ente pubblico – in questo caso l’ex proprietario – incassa denaro fresco proveniente da un altro ente pubblico. E così l’effetto finale sui conti dello Stato rischia di risultare pari allo zero. A meno che, ovviamente, il compratore non sia a sua volta in grado di rivendere l’immobile a un prezzo migliore di quello strappato al venditore, con il secondo che dovrà però fare i conti con le probabili
perdite di valore del bene rispetto alle cifre di carico originali. Ma c’è un escamotage: la Cdp, formalmente, è
fuori dal perimetro della pubblica amministrazione, per cui il denaro che esce dalle sue casse ed entra in quelle statali non va ad aumentare il debito pubblico. Anzi, in apparenza migliora la salute finanziaria della Penisola. Non per niente
la scorsa estate il presidente della Cassa, Franco Bassanini, ha rivendicato di avere, grazie al ruolo svolto nelle privatizzazioni di diversi gruppi pubblici, “comprato tempo che lo Stato non aveva”.
Non stupisce, dunque, che anche il governo Renzi continui a guardare alla Cassa di via Goito come una specie di bancomat. Sulla scia di quanto fatto dal
predecessore Enrico Letta che, con la manovra finanziaria del 2013, aveva dato il via libera alla cessione di una cinquantina di immobili pubblici di pregio alla Cdp e due isole della laguna veneta per un valore complessivo di oltre 500 milioni. Una mossa quasi obbligata, considerato che a gennaio dello stesso anno
il bando con cui Palazzo Chigi contava di cedere a fondi immobiliari privati terreni e caserme per un valore di 1,32 miliardi di euro, era stato revocato causa assenza di pretendenti. D’altro canto lo stesso ministro
Pier Carlo Padoan, in un’intervista al
Messaggero di metà dicembre, ha ammesso senza problemi che “di fronte a un mercato che tra il 2011 e il 2014 ha registrato transazioni destinate all’investimento per 8,5 miliardi, a un patrimonio totale dei fondi immobiliari di 40 miliardi e a un valore complessivo delle Società di investimento immobiliare quotate di 3,5 miliardi, pensare di immettere sul mercato immobili per centinaia di miliardi
fa sorridere. Sarebbe già un gran risultato riuscire a racimolare un paio di miliardi l’anno”. Di qui, evidentemente, la decisione di trasferire i palazzi al fondo comune Fiv, la cui sottoscrizione è “riservata a
investitori qualificati“. Per ora solo la stessa Cassa depositi, anche se la
legge di Stabilità prevede che il Demanio (agenzia che fa capo al Tesoro) possa vendere immobili sia a trattativa privata sia con “procedura ristretta” a cui “investitori qualificati” con requisiti stabiliti da un decreto
ad hoc “sono invitati a partecipare e, successivamente, a presentare offerte di acquisto”.
Intanto, secondo il sito Toscana24 -Il Sole 24 Ore, l’Associazione nazionale costruttori edili (Ance) ha messo a punto e presentato ad Abi, Anci e alla stessa Cdp un progetto che prevede il conferimento degli attivi immobiliari in sofferenza delle banche a un fondo partecipato dalla Cassa, con l’obiettivo di destinarli all’housing sociale.
Si tratta di un portafoglio che, stando ai risultati degli “esami” della Bce sui bilanci bancari (stress test e asset quality review), vale almeno 40 miliardi di euro. Il piano dell’Ance è basato sulla creazione di un fondo ad hoc per ogni istituto bancario, che dovrebbe poi decidere insieme alla Cassa quali immobili girare al fondo. Restano da capire i dettagli di questa seconda operazione, così come della prima. E, quindi, i vantaggi reali per lo Stato.