Non sono tecnoribelli, ma politicamente precauzionisti. In fase di assestamento di bilancio, l’Assemblea di Roma Capitale ha approvato un ordine del giorno su rischi e pericolosità per la salute umana dei collegamenti Wi-Fi, internet e contenuti digitali in tecnologia wireless. Forse un ripensamento della connettività totale e senza fili nelle scuole romane? In epoca di ipertecnologicizzazione forsennata e di massa, la notizia non sembra strana: potrebbe avere ripercussioni sul piano nazionale.

UN ANTENNA RIPETITORE.

La proposta, seguita alla recente presentazione dei risultati di una ricerca indipendente sui danni alle cellule umane per radiazioni non ionizzanti Wi-Fi, viene dalla consigliera Maria Gemma Azuni (Sel): sotto osservazione gli effetti non termici della scuola digitale, progetto nato nel 2008 dal protocollo Brunetta-Gelmini, seguito dalla forniture di kit distribuiti (dati 2013) in oltre 3.500 scuole italiane, ma soprattutto del più recente decreto Wireless nelle scuole (ancora in fase di conversione legge) che prevede lo stanziamento fino a 15 milioni per “assicurare alle istituzioni scolastiche statali secondarie, prioritariamente di secondo grado, la realizzazione e la fruizione della connettività wireless per l’accesso degli studenti a materiali didattici e a contenuti digitali. Le risorse sono assegnate alle istituzioni scolastiche in proporzione al numero di edifici scolastici”.

Ecco il punto: se infatti l’abbattimento del digital divide può certamente fornire nuove opportunità, non solo ai più giovani studenti, bisogna vigilare affinché non se ne preguidichi integrità pisco-fisica e salubrità: “Numerosi, attendibili e qualificati studi scientifici nazionali ed internazionali – sostiene infatti l’ordine del giorno votato a Roma – attestano la potenziale nocività delle onde elettromagnetiche scaturite da tecnologie di comunicazione senza fili per la salute umana, suggerendo danni al sistema neurologico, immunitario, endocrinologici e persino genotossici-tumorali ma anche effetti che inducono ad aumentare fenomeni di elettrosensibilità nella popolazione.”

Il sindaco Marino e gli assessori della Giunta romana sono stati impegnati “ad intraprendere un’azione di tutela della salute degli studenti presso gli istituti scolastici di ogni ordine e grado sulla potenziale nocività delle onde elettromagnetiche “ e ad “ad improntare una campagna di sensibilizzare sulle tecnologie all’avanguardia che oggi consentono agevolmente di intervenire con efficaci dispositivi, alternativi al wireless, capaci di creare reti locali su cavo all’interno di abitazioni, aule scolastiche, biblioteche”.

L’azione promossa dalla Azuni non è nuova: in Germania già la Cancelliera Merkel aveva sostenuto un ritorno alla connessione via cavo, vista la potenziale pericolosità del web senza fili, disinstallato nel 2006 nelle scuole di Francoforte. E se il Wi-Fi non c’è negli istituti di Israele e Svizzera (Cantone Turgovia), in Italia si segnalano le numerose azioni promosse da gruppi di genitori, studenti e cittadini riunti per tutelare la popoalzione scolastica dalla potenziale pericolosità dei campi elettromagnetici: Associazione Genitori Toscana, Genitori di Portici (Napoli), Genitori di Udine e il caso del Liceo Morgagni di Roma (il consiglio d’istituto bocciò il progetto Wi-Fi) sono solo alcuni esempi delle richiesta cautelativa protesa al Principio di Precauzione

Più eclatanti invece le proteste dei Bambini senza radiazioni, associazione nata nel 1998 sempre a Roma per smontare le antenne di telefonia mobile davanti la Scuola Leopardi, e quella di Bambini Senza Onde, sigla legata alle tristi vicende di inquinamento elettromagnetico (senza eguali in Italia) emessa dalle antenne di Radio Vaticana. Ma queste, rispetto al Wi-Fi, sono tutte altre storie. Anzi: per quanti volessero ripercorrerne le tracce, consiglio di leggere il libro d’inchiesta Bomba Atomica (Editori Riuniti) di Alessio Stramaccioni e Francesca Romana Fragale.

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