Immunità penale per il commissario straordinario e per i suoi incaricati nell’attuazione del piano ambientale previsto dall’Autorizzazione integrata ambientale del marzo 2014. E’ uno dei punti contenuti nel decreto Ilva varato a fine anno dal governo e pubblicato ieri in gazzetta ufficiale. All’articolo 2, sesto comma si legge: “Le condotte poste in essere in attuazione del Piano di cui al periodo precedente non possono dare luogo a responsabilità penale o amministrativa del commissario straordinario e dei soggetti da questo funzionalmente delegati, in quanto costituiscono adempimento delle migliori regole preventive in materia ambientale, di tutela della salute e dell’incolumità pubblica e di sicurezza sul lavoro”.

Non solo, nella nuova Ilva che va verso la nazionalizzazione, il commissario e i suoi uomini avranno più tempo per portare a compimento le 94 prescrizioni ambientali indicate nell’Aia. Per il governo, infatti, “il Piano […] si intende attuato se entro il 31 luglio 2015 sono realizzate, almeno nella misura dell’80 per cento, le prescrizioni in scadenza a quella data”. Il governo, tuttavia, non è chiaro nello specificare come si calcoli l’80% in questione, se sul numero delle prescrizioni effettivamente rispettate o sul “peso” specifico di ciascuna di esse. Quanto al 20 per cento restante, l’azienda guadagna altro tempo prezioso: sarà infatti lo stesso esecutivo a determinare la scadenza “con apposito decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, è stabilito il termine ultimo per l’attuazione di tutte le altre prescrizioni”.

E anche qui il governo non chiarisce se “tutte le altre” si riferisca solo ai vincoli in scadenza a luglio 2015 o al corpus complessivo delle 94 prescrizioni, tra cui la discussa copertura del parco minerali, considerato il principale responsabile del sollevamento delle polveri verso il rione Tamburi. Attualmente fissata a luglio 2016 (28 mesi dall’entrata in vigore del testo del marzo 2014), se ricompresa nei nuovi termini la copertura potrebbe slittare ancora senza che l’emissione di polveri inquinanti abbia conseguenze penali sull’amministrazione straordinaria, immune da responsabilità per decisione del governo.

Contro il decreto si è già schierato Alessandro Marescotti, presidente di Peacelink Taranto. “No all’immunità penale del commissario Ilva: è una cosa di una gravità inaudita”, ha dichiarato in una nota. L’immunità penale “fornita dallo Stato all’Ilva – osserva l’ambientalista – priva i cittadini della possibilità di ricorrere alla magistratura per l’inquinamento. Inoltre, non contento di ciò, il governo chiede l’approvazione rapida del ddl 1345 sui reati ambientali. Il testo di legge introduce norme pericolose che verranno usate dagli avvocati dei Riva”. Tali norme, secondo Marescotti, “renderanno più difficile il processo e potrebbero portare, nel peggiore dei casi, ad un’amnistia generale”, contro cui l’associazione ha lanciato una raccolta firme.

Quanto al piano societario e fiscale, il decreto del governo ricalca le anticipazioni sul testo. Grazie alla modifica delle norme della legge Marzano, Ilva accede alla amministrazione straordinaria. Tempi previsti: entro la meta di gennaio. Più lunga invece la procedura per conferire l’azienda alla newco che dovrà risanarla per rimetterla sul mercato. Anche perché per l’affitto o la cessione – che potranno essere gestite con trattativa privata – bisognerà aspettare (articolo 1 comma 4) “una perizia effettuata da primaria istituzione finanziaria con funzione di esperto indipendente, individuata con decreto del ministero dello Sviluppo economico” che quantifichi il valore degli asset da cedere. Porte aperte invece alla riconferma di Piero Gnudi come commissario dell’azienda. Il decreto prevede infatti che l’attuale commissario “può essere nominato commissario straordinario della procedura di amministrazione straordinaria”.

Restano invece tutti sul campo i problemi economici. Se il miliardo e 200 milioni sequestrato ai Riva esiste solo sulla carta (effettivamente recuperati sono solo 164 milioni), la nuova Ilva potrà contare sui finanziamenti del Cipe e su altri 150 milioni che dovrebbero uscire dalle casse di Fintecna attraverso la liquidazione di una obbligazione. Un “tesoretto” che la società conserva dal 1995, cioè da quando l’Ilva venne privatizzata passando dall’Iri ai Riva. Al momento di quella operazione venne attribuito a Fintecna (braccio operativo della privatizzazione) un plafond, pari oggi a circa 150 milioni di euro, per coprire eventuali risarcimenti da cause legali. Quel tesoretto, custodito in titoli, verrebbe ora utilizzato per dare un po’ di respiro alla società e traghettarla verso la nuova newco di Stato.

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