Non è solo il problema del salvataggio di Silvio Berlusconi. Il caso nato intorno alla possibile purificazione giudiziaria dell’ex premier dalla condanna definitiva per frode fiscale e successiva incandidabilità ex legge Severino ha portato sulle prime pagine l’articolo 19bis della delega fiscale, una norma che di fatto sana la “modica quantità” di frode fiscale, in compagnia di un altro codicillo che fa la stessa cosa per le fatture false. E che magari, senza il clamore del “Salva-Silvio” sarebbe passata inosservata, a beneficio di evasori e frodatori. Con “un effetto dirompente” sui processi in corso per frode fiscale, false fatturazioni e altri reati, si legge in un documento interno della Procura di Milano, di cui scrive oggi La Stampa, confezionato negli uffici del procuratore Francesco Greco, capo del pool reati finanziari e già consulente governativo in materia. Il documento, peraltro, vergato tra il 29 e il 30 dicembre, offre l’ennesima conferma di come la norma “salva-Berlusconi-ma non solo” sia spuntata a sopresa dopo il consiglio dei ministri del 24 dicembre. In Procura, infatti, era stato letto molto attentamente il testo inviato venti giorni prima, per un parere preventivo, da Franco Gallo, ex presidente della Corte costituzionale e presidente della Commissione del Tesoro che ha studiato l’intera delega fiscale.
Non solo Gallo conferma di aver anche lui appreso del 19bis solo dopo il consiglio dei ministri natalizio, ma chiarisce: “Quella norma la ritengo radicalmente errata, tenicamente e in termini di politica legislativa, perché porta con se la soglia di una non punibilità per i reati di dichiarazione fraudolenta mediante artificio”, dice oggi al Corriere della Sera. “E questo non è accettabile, non solo perché tocca Berlusconi. La frode di per sé richiede una punizione”. Una presa di posizione autorevole quanto lapalissiana. L’ormai famigerato 19 bis recita: “Per i reati previsti dal presente decreto (che all’articolo 4 include la “dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici”, il reato esatto per cui è stato condannato il leader di Forza Italia,ndr), la punibilità è comunque esclusa quando l’importo delle imposte sui redditi evase non è superiore al tre per cento del reddito imponibile dichiarato o l’importo dell’imposta sul valore aggiunto evasa non è superiore al tre per cento dell’imposta sul valore aggiunto dichiarata. Per tali fatti sono raddoppiate le sanzioni previste dal decreto legislativo n. 471 del 1997.”
Gallo, ex presidente Consulta: “Norma errata, la frode richiede in sé una punizione”
Un provvedimento che il governo continua a difendere nell’ottica di allentare la morsa sui “piccoli” furbi e concentrare gli sforzi sui “bravi a evadere”. O almeno così la spiegava ieri, sempre sul Corriere, il portavoce del ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan. Lo stesso presidente del consiglio non ha mai detto chiaramente di voler cambiare il 19bis, ma solo di volerne rinviare la discussione in Parlamento dopo l’elezione del nuovo presidente della Repubblica e dopo che Berlusconi avrà terminato di espiare la sua pena in quel di Cesano Boscone. Tanto che, secondo quanto riporta oggi Repubblica, il governo è intenzionato a rimettere mano soltanto alle soglie, abbasandole dal 3 all’1,5-1,8%. Mentre al momento non pare aver successo l’idea, avanzata da più parti, di restituire la piena punibilità a reati che vanno al di là della semplice evasione, come appunto la frode fiscale e le false fatturazioni. Eppure contro la parziale depenalizzazione si era pronunciato tra gli altri, davanti alla Commissione Finanze della Camera, anche il comandante generale della Guardia di Finanza Saverio Capolupo: “Si stima opportuno confermare gli attuali presidi sanzionatori riguardanti l’utilizzo e l’emissione di fatture per operazioni inesistenti nonché la dichiarazione fraudolenta”.
Del resto, la riforma del falso in bilancio, tanto per fare un esempio, è stata approvata in consiglio dei ministri il 29 agosto, ma a oggi il relativo ddl langue in Parlamento (è attualmente in commissione giustizia al Senato). Anche in questo campo è confermata la filosofia del governo Renzi di salvare i “piccoli” falsificatori, con limiti diversi per piccole e grandi imprese. Stesso tema che si era posto con l’autoriciclaggio, poi approvato, con l’esclusione della punibilità dei beni acquistati sì con profitti di un reato, ma per “godimento personale”. Comprensibile l’intenzione di non ingolfare i tribunali, ma quando le soglie di non punibilità sono espresse in termini percentuali e non assoluti, gli importi tollerati possono diventare altissimi, e crescono al crescere della ricchezza del contribuente, privato o impresa che sia. Lo dimostra proprio il caso di Berlusconi, condannato per una frode da 7 milioni di euro (quel che è rimasto di una cifra assai più consistente per effetto della prescrizione): poca roba rispetto all’imponibile di Mediaset ma, come si suol dire, non certo bruscolini.
Delrio: “Lo spirito del provvedimento non deve cambiare: vanno depenalizzati gli errori fiscali”
La questione si è posta anche nel consiglio dei ministri incriminato, stando a quanto raconta oggi al Messaggero il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Graziano Delrio: “Il tema è stato dibattuto ampiamente. C’è chi parlava del 3 per cento, chi di una soglia economica di 150 mila euro, su questo ogni tecnico ha la sua teoria”. Delrio, braccio destro del premier a Palazzo Chigi, conferma la difesa della norma: “Lo spirito del provvedimento non deve cambiare. Dobbiamo aumentare le pene sui casi più gravi, ma vanno depenalizzati gli errori fiscali che non costituiscono frode e che introducono un blocco nel rapporto tra fisco e cittadini. Il punto è che se tutto è penale poi si finisce che nulla è penale”. Per la verità la norma in questione alleggerisce il pugno proprio sulle frodi, non sui semplici errori.
Negli Stati Uniti, Paese indubbiamente attento alle esigenze delle imprese e alle libertà economiche, la soglia di punibilità penale dell’evasione fiscale scatta per tutti sopra i 10mila dollari, mentre in Germania si va sul penale anche nascondendo all’erario un solo euro. “Si legalizza un’area di illecito tributario immune, di crimine consentito”, afferma Lucrezia Ricchiuti, senatrice del Partito democratico e componente della commissione Finanze. “E come se non bastasse, l’ambito non è neppure uguale per tutti, ma cresce al crescere della ricchezza detenuta; in pratica la legge del Nazareno ci dice che più sei ricco e più puoi evadere. Un simile livello di sfregio alla dignità delle persone oneste, neanche sotto il Berlusca triumfans si era mai visto”. Soprattutto in epoca di tagli, in un Paese in cui l’evasione fiscale sottrae alle casse pubbliche circa 180 miliardi di euro l’anno.