Consiglieri uscenti e lautamente compensati, compresi naturalmente gli indagati per l’inchiesta “Spese pazze“. Il cambio della guardia in Regione Emilia Romagna costerà alle casse pubbliche circa un milione e mezzo di euro. È la somma delle indennità di fine mandato per i consiglieri non rieletti, i quali secondo una legge di 20 anni fa hanno diritto a una buonuscita che va dai 30 ai 60mila euro. In campagna elettorale erano tutti d’accordo: “Congeliamo la liquidazione ai consiglieri indagati”. L’aveva proposto in diretta durante il confronto su SkyTg24 la candidata M5s Giulia Gibertoni e nessuno si era tirato indietro. Lo stesso presidente Stefano Bonaccini, oggi alla guida della Regione, aveva detto che “era una proposta che si poteva valutare”. D’accordo il leghista Alan Fabbri e anche il candidato Ncd-Udc Alessandro Rondoni. Ora, a urne chiuse da un pezzo e con la giunta Pd appena insediata, il Movimento 5 stelle è tornato alla carica e ha chiesto formalmente a Bonaccini di passare ai fatti, sospendendo il bonus per gli ormai ex eletti di viale Aldo Moro.
Si tratta di un importo calcolato secondo i parametri di una legge regionale del 2010 (che modifica quella del 1995). Oggi ammonta a un dodicesimo (unico caso in Italia senza trattenute fiscali) dello stipendio lordo, da moltiplicare per gli anni del mandato (fino a un massimo di dieci). Tradotto: circa 6000 euro per ogni anno trascorso nell’ente. Una bella somma, di cui beneficeranno tutti, indagati per le spese pazze compresi. Qualche esempio: a Marco Monari, l’ex capogruppo del Pd su cui pesa l’accusa di peculato per cene e trasferte in alberghi di lusso a spese della Regione, come “trattamento di fine mandato” spettano 60mila euro. Stessi soldi che andrebbero a Luigi Villani, ex capogruppo di Forza Italia coinvolto nell’inchiesta Public Money.
Un bonus da cancellare, secondo i consiglieri 5 stelle, che in questi giorni hanno depositato una risoluzione per impegnare “l’ufficio di presidenza dell’Assemblea legislativa a valutare attentamente la possibilità di operare un congelamento totale o parziale delle indennità di fine mandato ai consiglieri regionali della scorsa legislatura non rieletti in quella corrente, con particolare riguardo a tutti coloro dei quali sia nota la posizione in iter di giudizio penale o erariale”. In altre parole, la risoluzione prevede che l’Ufficio di presidenza predisponga una proposta di legge regionale per annullare, con effetto immediato, tutti i pagamenti. In questo caso, il risparmio sfiorerebbe il milione e mezzo di euro.
Una proposta definita “di assoluto buonsenso”. Un “concreto segnale di responsabilità, sobrietà e moderazione rivolto a tutti i nostri concittadini e una vera inversione di tendenza rispetto a quanto fatto emergere dalle inchieste della magistratura”. Anche perché la legge che prima prevedeva i vitalizi risale al 1995, ed è “è figlia di altri tempi, ormai irriguardosa nei confronti dei cittadini emiliano-romagnoli costretti a fare i conti con ben altra situazione diffusa di disagi economici”. Nella risoluzione si ricorda poi come la Regione Lombardia abbia già abrogato quello che “a tutti gli effetti si può ritenere un privilegio”.
Per il momento, Bonaccini si è limitato ad assicurare che sul piano dei risparmi ci sarà una sforbiciata sulle indennità degli assessori. Lo ha detto lunedì 5 gennaio, al termine della prima riunione di giunta, dove, ha spiegato, è stato fatto “un check up delle priorità da affrontare nei primi cento giorni”. Bonaccini ha poi parlato, più genericamente, di “un ulteriore intervento sui costi dell’Assemblea legislativa”, perché si vuole “impostare la sobrietà come pilastro della legislatura”.