L’ondata di sdegno e solidarietà a suon di #jesuischarlie è stata una manifestazione trasversale che ha permesso ai contenuti della rivista colpita dal terribile attentato terroristico di essere diffusi ai quattro venti. E’ la libertà di espressione a riempire senza sosta lo spazio della discussione e ad animare la condivisione di vignette recanti Corani perforati di pallottole, Gesù penetrati analmente dallo Spirito Santo, Maometti (che l’Islam vorrebbe irrappresentabile in immagini) ridicolizzati.
Voglio anch’io unirmi al coro di coloro che ribadiscono la bellezza di questo diritto, ritagliando una posizione che imprescindibilmente estende la solidarietà del caso, senza cadere nel tranello di dover sposare i contenuti dei vignettisti francesi. Che c’è di meglio che farlo con la stessa vena polemica e la stonatura che contraddistinguevano i loro disegni: viva la libertà di espressione, abbasso Charlie Hebdo! Non è questa una magnifica celebrazione di quel diritto che oggi tutti invocano e che Charlie Hebdo difendeva strenuamente, quello di essere fuori dal coro e di poterlo dire senza dover temere niente e nessuno?
A differenza dei loro disegni però, questa posizione non offende nessuno: esprime un disaccordo radicale rispettando la dignità di chi tira in ballo. Proprio quello che i vignettisti ammazzati non facevano. Come tutti i diritti infatti, anche quello della libertà di espressione non dovrebbe essere inteso privo di limiti etici, come un ente assoluto, proprio perché i diritti, se portati all’estremo, non sono più compatibili tra loro e la magnificazione dell’uno va a scapito di un altro. Così, la libertà di deridere una religione si scontra con il diritto al rispetto e all’onorabilità culturale e religiosa. Diritti e responsabilità non dovrebbero venire mai disgiunti proprio perché incarnano quella tensione, quel compromesso che dovrebbe essere alla base della convivenza tra persone e gruppi che trovano identificazione in oggetti diversi.
Ma c’è dell’altro oltre al cattivo gusto. La linea editoriale della rivista era intrisa di un peculiare razzismo di stampo illuminista, una tentazione che va ben oltre la battaglia per la laicità dello Stato. Ciò che a Charlie Hebdo non andava è che la gente credesse in Dio (e lo dico da agnostico), suggerendo come base per la costruzione della cittadinanza la rinuncia dell’ingombrante fardello religioso. Non è questa una politica di esclusione travestita da libero discorso? La sensazione è che qui ci si trovi molto distanti dalla satira irriverente de “il Re è nudo” che mette alla gogna potenti e fanatici. Molte delle vignette di Charlie Hebdo incarnavano proprio i vizi contro cui apparentemente combattevano: volevano includere, in realtà tagliavano fuori. Il messaggio, infatti, era che per appartenere a questa società (quella della République) non devi solamente abbandonare il dogma fondamentalista, ma la tua religione e la tua cultura tout court: spogliati del tuo retrivo e antiquato bagaglio e, voilà, anche tu potrai godere delle gioie infinite che regalano le società libere, dove si ragiona e si pensa scientificamente, dove tutti aderiamo a un minimo comune denominatore (il nostro) e abbandoniamo credenze e usanze che la Storia è destinata a scrollarsi di dosso. E’ un rullo omogeneizzatore, tutto fuorché plurale: in questo senso, la posizione del giornale francese ricalca l’ipocrita pluralismo di stampo liberale, dove l’Altro è assimilato o annientato.
E quindi giù di blasfemie gratuite, di offese non solamente ai fanatici, ma alla fede in sé, a ciò che di più caro hanno milioni di persone. L’Islam era diventato un bersaglio preferito per i vignettisti francesi, sfornando rappresentazioni stereotipate, offensive, reazionarie. Diciamolo chiaramente: se quei disegni fossero stati pubblicati da Libero e Il Giornale, in molti a sinistra oggi penserebbero che quei vili xenofobi in fondo se la sono andata a cercare. La storia e l’autodefinizione del giornale non li condonano: di islamofobia e di razzismo si tratta, siano esse mosse dalla diffidenza per l’Altro o dal coloniale istinto di educarlo.
Chi avrà visto nelle precedenti righe una giustificazione dell’abominevole massacro perpetrato a Parigi pochi giorni fa è nella morsa del paradosso: mossi dall’emotività e sconcertati da una posizione così fuori dal coro, le attribuiranno illegittimamente uno sforzo di comprensione nei confronti di quello che rimane un atto vile e barbaro. Ma l’accusa di giustificazionismo è un abile gioco di prestigio il cui tentativo ultimo è quello di imporre il silenzio. Così, la difesa della libertà di espressione si converte nella sua negazione.
Twitter: @mazzuele
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Samuele Mazzolini
Analista politico
Società - 12 Gennaio 2015
Viva la libertà di espressione: abbasso Charlie Hebdo!
L’ondata di sdegno e solidarietà a suon di #jesuischarlie è stata una manifestazione trasversale che ha permesso ai contenuti della rivista colpita dal terribile attentato terroristico di essere diffusi ai quattro venti. E’ la libertà di espressione a riempire senza sosta lo spazio della discussione e ad animare la condivisione di vignette recanti Corani perforati di pallottole, Gesù penetrati analmente dallo Spirito Santo, Maometti (che l’Islam vorrebbe irrappresentabile in immagini) ridicolizzati.
A differenza dei loro disegni però, questa posizione non offende nessuno: esprime un disaccordo radicale rispettando la dignità di chi tira in ballo. Proprio quello che i vignettisti ammazzati non facevano. Come tutti i diritti infatti, anche quello della libertà di espressione non dovrebbe essere inteso privo di limiti etici, come un ente assoluto, proprio perché i diritti, se portati all’estremo, non sono più compatibili tra loro e la magnificazione dell’uno va a scapito di un altro. Così, la libertà di deridere una religione si scontra con il diritto al rispetto e all’onorabilità culturale e religiosa. Diritti e responsabilità non dovrebbero venire mai disgiunti proprio perché incarnano quella tensione, quel compromesso che dovrebbe essere alla base della convivenza tra persone e gruppi che trovano identificazione in oggetti diversi.
Ma c’è dell’altro oltre al cattivo gusto. La linea editoriale della rivista era intrisa di un peculiare razzismo di stampo illuminista, una tentazione che va ben oltre la battaglia per la laicità dello Stato. Ciò che a Charlie Hebdo non andava è che la gente credesse in Dio (e lo dico da agnostico), suggerendo come base per la costruzione della cittadinanza la rinuncia dell’ingombrante fardello religioso. Non è questa una politica di esclusione travestita da libero discorso? La sensazione è che qui ci si trovi molto distanti dalla satira irriverente de “il Re è nudo” che mette alla gogna potenti e fanatici. Molte delle vignette di Charlie Hebdo incarnavano proprio i vizi contro cui apparentemente combattevano: volevano includere, in realtà tagliavano fuori. Il messaggio, infatti, era che per appartenere a questa società (quella della République) non devi solamente abbandonare il dogma fondamentalista, ma la tua religione e la tua cultura tout court: spogliati del tuo retrivo e antiquato bagaglio e, voilà, anche tu potrai godere delle gioie infinite che regalano le società libere, dove si ragiona e si pensa scientificamente, dove tutti aderiamo a un minimo comune denominatore (il nostro) e abbandoniamo credenze e usanze che la Storia è destinata a scrollarsi di dosso. E’ un rullo omogeneizzatore, tutto fuorché plurale: in questo senso, la posizione del giornale francese ricalca l’ipocrita pluralismo di stampo liberale, dove l’Altro è assimilato o annientato.
E quindi giù di blasfemie gratuite, di offese non solamente ai fanatici, ma alla fede in sé, a ciò che di più caro hanno milioni di persone. L’Islam era diventato un bersaglio preferito per i vignettisti francesi, sfornando rappresentazioni stereotipate, offensive, reazionarie. Diciamolo chiaramente: se quei disegni fossero stati pubblicati da Libero e Il Giornale, in molti a sinistra oggi penserebbero che quei vili xenofobi in fondo se la sono andata a cercare. La storia e l’autodefinizione del giornale non li condonano: di islamofobia e di razzismo si tratta, siano esse mosse dalla diffidenza per l’Altro o dal coloniale istinto di educarlo.
Chi avrà visto nelle precedenti righe una giustificazione dell’abominevole massacro perpetrato a Parigi pochi giorni fa è nella morsa del paradosso: mossi dall’emotività e sconcertati da una posizione così fuori dal coro, le attribuiranno illegittimamente uno sforzo di comprensione nei confronti di quello che rimane un atto vile e barbaro. Ma l’accusa di giustificazionismo è un abile gioco di prestigio il cui tentativo ultimo è quello di imporre il silenzio. Così, la difesa della libertà di espressione si converte nella sua negazione.
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Roma, 19 feb. (Adnkronos) - “Una mostra di fotografie che ritraggono 20 donne. Sono onorata di far parte di questa selezione. Sono tantissime le donne in Italia e nel mondo, che spesso non vengono valorizzate e consultate per le loro capacità. Questa mostra darà effettivamente valore e visibilità a 20 delle nostre eccellenze”.
Sono le parole di Martina Caironi, atleta paralimpica e Legacy specialist in Milano Cortina 2026, intervistata dall’Adnkronos alla presentazione in anteprima della mostra di Fondazione Bracco “Una vita per lo sport. Volti e conquiste delle 100esperte” che gode del patrocinio del Comune di Milano e Fondazione Milano Cortina 2026.
L’esposizione sarà allestita dal 25 febbraio al 25 marzo, in Corso Vittorio Emanuele a Milano e si colloca nell’ambito del progetto ‘100 donne contro gli stereotipi’ (“#100esperte”), ideato dall’Osservatorio di Pavia e dall'associazione Gi.U.Li.A. Giornaliste, con lo sviluppo di Fondazione Bracco e con il supporto della Rappresentanza in Italia della Commissione Europea per valorizzare l’expertise femminile.
Con la sua abilità artistica, il fotografo Gerald Bruneau ha saputo immortalare l’essenza delle donne-atlete: “È stato bello lavorare con questo fotografo - dice Caironi - Ha cercato lo scatto che raffigurasse l'atleta nel gesto tecnico e nella preparazione. È importante questo tipo di rappresentazione nello sport paralimpico ed è importante che venga mostrato, senza timore, lo strumento con cui si fa lo sport, nel mio caso una protesi con una lamina, e il gesto tecnico che l'atleta paralimpico ricerca, studia, prepara”, le sue parole.
Infine, l’atleta sottolinea l’importanza di smontare lo stigma attorno alla parola ‘paralimpico’: “Abbiamo un vocabolario molto ampio e abbiamo una parola per descrivere gli atleti con una disabilità: paralimpici - rimarca - Abbiamo inoltre una parola per spiegare l'evento più importante che viene ogni quattro anni, che è la Paralimpiade. Utilizziamo questi termini senza paura. La vera discriminazione non sta nel dire ‘para’, quello è il termine corretto - avverte - La discriminazione sta nel non considerare gli atleti paralimpici degli di essere raccontati, visti ed elogiati. Questa è la vera discriminazione”, le sue parole.
Roma, 19 feb. (Adnkronos) - “Il governo Meloni sarà ricordato come il governo della fuga perenne, campioni del mondo di scaricabarile con le proprie responsabilità. Infatti dopo l’inquietante liberazione di Almasri, in cui Giorgia Meloni si è data alla latitanza - che continua - con il Parlamento, ora il governo tenta di squagliarsela anche sul caso Paragon". Così la segretaria del Pd, Elly Schlein.
"Sappiamo che giornalisti e attivisti italiani sono stati spiati con il spyware Graphite, utilizzato esclusivamente da organi dello stato. È preciso dovere del governo fare chiarezza e dirci chi spiava queste persone e per quale motivo, risposta che oggi lo stesso governo si è rifiutato di dare alle interrogazioni in Parlamento, in cui peraltro si chiedeva se la Polizia penitenziaria avesse mai acquisito o utilizzato Paragon".
"Prima ancora di rispondere a questa semplice domanda, il sottosegretario Mantovano ha comunicato la classificazione di queste informazioni. Cosa sta nascondendo il governo Meloni? Il Paese si merita risposte e il luogo dove fornirle è il Parlamento".
Roma, 19 feb. (Adnkronos) - "Ma nelle mani di chi siamo? Siamo nelle mani di nessuno. Ieri con un atto gravissimo il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Mantovano ha secretato, oggi lei ministro Nordio viene in aula e spiattella tutto. Ma non vi siete parlati?". Così Davide Faraone al question time alla Camera dopo che il ministro Carlo Nordio ha detto in aula che "nessuna persona è stata mai intercettata dalla polizia penitenziaria" rispondendo alla domanda delle opposizioni a cui il governo ieri aveva spiegato che si poteva rispondere solo nelle "sedi opportune" ovvero il Copasir. "E allora chi aveva in uso Paragon? Quindi sono le procure ministro? Diteci una volta per tutte chi lo ha utilizzato e con quali finalità. Vergogna".
Milano, 19 feb. (Adnkronos) - "La Lombardia crede fortemente nel comparto del florovivaismo. I numeri sono impressionanti e danno il senso e il significato di un settore che è davvero trainante e rappresenta l’anima portante, anche in Lombardia, del settore primario. Tanti complimenti anche a Myplant & Garden, evento che fa onore al sistema fieristico lombardo e porta tanti operatori e tanta qualità in Lombardia". Queste le parole di Alessandro Beduschi, assessore all’agricoltura, sovranità alimentare e foreste di Regione Lombardia durante la conferenza organizzata da Coldiretti dal titolo 'Florovivaismo italiano. Il motore verde del Paese. Presentazione del 1° rapporto sul florovivaismo italiano - Numeri e fatti del settore'. L’incontro si è svolto all’interno di Myplant & Garden, il Salone internazionale del Verde, ospitato nei padiglioni di Fiera Milano Rho dal 19 al 21 febbraio.
"Con Coldiretti stiamo portando avanti tante battaglie. Siamo in contatto con la commissione europea e siamo fiduciosi che si apra una nuova stagione fatta di più realismo e di una valorizzazione del lavoro etico dell’agricoltore, dell’allevatore e del vivaista. Un lavoro che guardi all’ambiente, ma che non sia vincolato a un’ideologia che ha comportato una rinuncia, fortemente manifestata dai nostri agricoltori, al meccanismo fondamentale che è la pac, la politica agricola comune. Quando si mette in discussione la partecipazione degli stessi utenti alla pac vuol dire che il fallimento è certificato. Credo che in Europa, insieme a Coldiretti, riusciremo a toccare tanti temi".
Milano, 19 feb. (Adnkronos) - "Il 4 luglio, il Parlamento italiano ha approvato una legge e quindi che concretamente fissa degli obiettivi per il nostro sistema legislativo nella materia del florovivaismo. Dal primo momento dell'insediamento di questo Parlamento e di questo governo si è voluto dare una risposta ad un settore che ci veniva segnalato come un settore in grande crescita. I dati danno dimostrazione che la politica deve guardare con interesse questo settore. In questa legge quadro ci sono tutti i principi che servono a rimuovere gli ostacoli e le disparità". Queste le dichiarazioni di Mirco Carloni, presidente della Commissione agricoltura della Camera dei deputati, durante la conferenza dal titolo 'Florovivaismo italiano. Il motore verde del Paese. Presentazione del 1° rapporto sul florovivaismo italiano - Numeri e fatti del settore'.
L'incontro ha dato l'occasione per presentare il primo rapporto sul florovivaismo italiano promosso da Coldiretti, Assofloro e Myplant & Garden, e realizzato dal centrostudi Divulga grazie al quale, per la prima volta in Italia, viene fatta una fotografia chiara del settore florovivaistico. Interverranno rappresentanti delle Istituzioni e del settore per fare il punto e confrontarsi su temi strategici per il florovivaismo italiano.
All'interno di Myplant & Garden, il Salone internazionale del Verde, ospitato nei padiglioni di Fiera Milano Rho dal 19 al 21 febbraio, Carloni aggiunge: "Finalmente c'è una volontà del governo di creare un piano strategico nazionale sul florovivaismo e credo che le condizioni perché questo settore venga portato alla giusta attenzione ci siano tutte. Per quanto riguarda i capitolati non è tollerabile che i soldi pubblici per gli arredi urbani poi vedano una concorrenza al ribasso, penalizzando proprio le nostre imprese che producono fiori e piante. Uno degli obiettivi che dobbiamo porci è quello di ridurre le importazioni di fiori e piante dall'estero".
"I nostro obiettivo è riuscire a sostenere e aumentare la produzione e commercializzazione dei nostri prodotti, diminuendo le importazioni e dando così valore a un settore dalle grandi potenzialità".
"Ringrazio Myplant & Garden per l’organizzazione di questo evento, che valorizza gli operatori dell’intero comparto florovivaistico -ha aggiunto Carloni-. Ho accolto con piacere l’invito a questa giornata, consapevole del lavoro svolto in questi mesi: l’approvazione da parte del Parlamento della legge delega al governo, in cui è stata assorbita anche la proposta di legge del capogruppo della Lega alla Camera, Riccardo Molinari. Con questa legge, abbiamo fissato obiettivi concreti, dopo anni di tentativi, per il nostro sistema legislativo in materia di florovivaismo. Ci sono molti temi su cui lavorare, di natura fiscale e logistica, ma anche relativi alla premialità dei piani di sviluppo rurale, che spesso non hanno dato al settore la giusta attenzione".
In questa occasione, ha continuato, "vorrei sottolineare il grande lavoro svolto di concerto con il governo e il sottosegretario La Pietra, che ringrazio, per fornire risposte concrete a un settore in crescita, come dimostrano i dati. All’approvazione della legge delega seguiranno, a breve, i decreti attuativi".
Roma, 19 feb. (Adnkronos) - "Noi avevamo fatto una semplice domanda" lo spyware Paragon "era in uso o no alla polizia penitenziaria? Voi non rispondendo state alimentando voi i sospetti di un uso improprio e grave di questo strumento e gettate ombre su comportamenti di apparati dello Stato. Un atto da Stato di polizia, da Stato autoritario. Invece di chiarire in Parlamento, voi secretate: di cosa avete paura? Cosa c'è da nascondere? Noi non vi daremo democraticamente tregua perchè noi la libertà di stampa è sacra". Lo dice in aula alla Camera al question time con Carlo Nordio il deputato dem, Federico Fornaro.
Roma, 19 feb. (Adnkronos) - "Fratelli d’Italia cresce giovani odiatori capaci di attacchi vergognosi contro Elly Schlein. Un clima che ricorda gli anni più bui della nostra storia. Vanno stigmatizzati sempre i gesti violenti e discriminatori e mi auguro che la presidente del Consiglio esprima la sua solidarietà alla segretaria del Pd e che condanni fermamente il gesto dei suoi militanti di cui va tanto orgogliosa". Così in una nota la vice capodelegazione del Pd a Bruxelles Alessandra Moretti.