La narrativa italiana non ha mai fatto i conti fino in fondo con gli anni della lotta armata. Non è stata capace di elaborare i lutti, i fallimenti, il portato simbolico di un decennio – i Settanta – che rappresenta il fondale su cui poggiano gli abissi del nostro tempo. Così, se la saggistica trabocca di analisi di contesto, se la cinematografia ha provato, spesso con esiti felici (Ferrara, Martinelli, Bellocchio), a raccontare quella guerra civile a bassa intensità, se la musica – più di tutti – è riuscita, con gente come Lolli, De André, Gaber e Guccini, a restituirci la testimonianza più vivida di un’epoca cruciale del Novecento italiano, la letteratura è come se fosse rimasta impaludata, costretta al silenzio da una specie di afasia storica.
È solo a partire dal Duemila che gli scrittori hanno iniziato a riappropriarsi di quell’Italia ammalata di furore e di terrore. A farlo nella maniera migliore sono stati significativamente autori nati in quel decennio (penso a Giorgio Vasta) che, come una malattia cromosomica, portano nel sangue e nella memoria le opacità di quel tempo. L’ultima in ordine di apparizione è Nadia Terranova – già apprezzata autrice per ragazzi – che pubblica in questi giorni il suo primo romanzo nel cui titolo c’è lo stigma di un’epoca: Gli anni al contrario (Einaudi Stile Libero).
In un documentario sulla contestazione giovanile realizzato dalla Rai nel 1968 si vede un giovane Mauro Rostagno condensare in una frase quella che allora era la volontà di un’intera generazione: “Noi non vogliamo trovare un posto in questa società, ma creare una società in cui valga la pena trovare un posto”. Si può partire da qui per raccontare il romanzo di Nadia Terranova.
Il protagonista della storia è Giovanni Santatorre – terzogenito di un avvocato comunista siciliano – concepito in “una di quelle notti maliziose che a volte si improvvisano fra coniugi di mezza età”. Una condizione, quella dell’essere costantemente fuori tempo e fuori luogo, che ne segnerà tutta l’esistenza. Giovanni infatti cresce a Messina, ha la ventura di ritrovarsi giovane in un tempo che ribolle di fermenti politici e culturali e che culmina nel movimento del ’77. Ma Messina non è Milano, né Roma, né Bologna, e in Sicilia l’onda lunga della protesta che infiamma le fabbriche, le piazze e le università, non arriva che con un ridicolo sfrigolio di schiuma. Giovanni si dà da fare come può, tenta in ogni modo di mettersi al servizio della protesta, si offre all’amico Gipo, un militante che si è trasferito a Bologna ma che spesso torna a Messina, la sua città d’origine. Tuttavia i suoi tentativi di entrare a far parte del cuore insurrezionale del paese vengono delusi. Il suo improbabile eroismo raggiunge l’apice nella messa in atto di un attentato inoffensivo contro un mobilificio, una piccola sollevazione privata che non produce alcuna eco significativa e che lo spinge ad autodenunciarsi, in un disperato tentativo di affermare se stesso e le proprie idee, salvo essere cavato dagli impacci contro la sua volontà grazie ai buoni uffici del padre avvocato.
Ciò che tenta di fare Giovanni è quel che reclamava Rostagno: creare una società in cui valga la pena trovare un posto. Ma per lui, più che per tutti gli altri, questa società vagheggiata non vedrà mai la luce, e nonostante l’amore di Aurora, con cui metterà al mondo una bambina di nome Mara, a Giovanni quel posto verrà sempre negato, finché il suo impulso alla rivolta virerà tragicamente verso l’eroina e ne causerà il lento e inesorabile disfacimento fisico e familiare.
Questo eroe “senza naturalezza e senza identità”, per dirla con Robbe-Grillet, ha la capacità di imporsi come l’emblema della tragedia di una generazione sconfitta che “non aveva possibilità né voglia di mediazione con la società politica e con le generazioni che la precedono” (Rossana Rossanda), ma neanche – mi viene da dire – con le generazioni che l’hanno seguita. Gli anni al contrario diventa così un intenso grido nel vuoto della rimozione, affronta l’epica degli anni Settanta non dal punto di vista delle vittime del terrorismo né da quello dei rivoluzionari che attaccavano “il cuore dello Stato” (la via più facile), ma da una prospettiva del tutto originale che risulta terribilmente efficace per comprendere l’avventuroso afflato di rivolta che mosse un’intera gioventù: la prospettiva di chi – ed è una cosa che riguarda la maggior parte dei giovani di allora – per ragioni geografiche o semplicemente per sorte, si è trovato fuori dalla mischia, come reietti che osservavano dalla strada le luci di una festa a cui non erano stati invitati.
“Tutti pensarono che la malattia di Giovanni Santatorre si chiamasse semplicemente destino”, si legge nel romanzo. Ed è un destino che si fa traccia, che monta pagina dopo pagina verso una catastrofe esistenziale che niente sembra poter arginare. Neppure l’amore fermo, paziente e commosso di Aurora, che osserva Giovanni senza lasciarsi trascinare nel suo abisso e che per lui tiene aperta una porta, nonostante i ripetuti abbandoni, un passaggio che con gli anni si ridurrà a uno spiraglio, ma che non si chiuderà mai completamente. E neppure l’amore della figlia Mara, che lo aspetta invano alle giostre mentre Giovanni va a comprarsi l’eroina, e che quando lo vede tornare è capace di una sola lancinante considerazione: “Papà, ho finito tutti i gettoni”.
L’anima di un romanzo è spesso sigillata in una frase che si rintraccia al suo interno e che ne custodisce l’essenza più profonda. Nel caso de Gli anni al contrario la frase è questa: “I grandi, in fondo, non sono che bambini sopravvissuti”.
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Andrea Pomella
Scrittore
Cultura - 13 Gennaio 2015
‘Gli anni al contrario’ di Nadia Terranova: i grandi non sono che bambini sopravvissuti
La narrativa italiana non ha mai fatto i conti fino in fondo con gli anni della lotta armata. Non è stata capace di elaborare i lutti, i fallimenti, il portato simbolico di un decennio – i Settanta – che rappresenta il fondale su cui poggiano gli abissi del nostro tempo. Così, se la saggistica trabocca di analisi di contesto, se la cinematografia ha provato, spesso con esiti felici (Ferrara, Martinelli, Bellocchio), a raccontare quella guerra civile a bassa intensità, se la musica – più di tutti – è riuscita, con gente come Lolli, De André, Gaber e Guccini, a restituirci la testimonianza più vivida di un’epoca cruciale del Novecento italiano, la letteratura è come se fosse rimasta impaludata, costretta al silenzio da una specie di afasia storica.
È solo a partire dal Duemila che gli scrittori hanno iniziato a riappropriarsi di quell’Italia ammalata di furore e di terrore. A farlo nella maniera migliore sono stati significativamente autori nati in quel decennio (penso a Giorgio Vasta) che, come una malattia cromosomica, portano nel sangue e nella memoria le opacità di quel tempo. L’ultima in ordine di apparizione è Nadia Terranova – già apprezzata autrice per ragazzi – che pubblica in questi giorni il suo primo romanzo nel cui titolo c’è lo stigma di un’epoca: Gli anni al contrario (Einaudi Stile Libero).
In un documentario sulla contestazione giovanile realizzato dalla Rai nel 1968 si vede un giovane Mauro Rostagno condensare in una frase quella che allora era la volontà di un’intera generazione: “Noi non vogliamo trovare un posto in questa società, ma creare una società in cui valga la pena trovare un posto”. Si può partire da qui per raccontare il romanzo di Nadia Terranova.
Ciò che tenta di fare Giovanni è quel che reclamava Rostagno: creare una società in cui valga la pena trovare un posto. Ma per lui, più che per tutti gli altri, questa società vagheggiata non vedrà mai la luce, e nonostante l’amore di Aurora, con cui metterà al mondo una bambina di nome Mara, a Giovanni quel posto verrà sempre negato, finché il suo impulso alla rivolta virerà tragicamente verso l’eroina e ne causerà il lento e inesorabile disfacimento fisico e familiare.
Questo eroe “senza naturalezza e senza identità”, per dirla con Robbe-Grillet, ha la capacità di imporsi come l’emblema della tragedia di una generazione sconfitta che “non aveva possibilità né voglia di mediazione con la società politica e con le generazioni che la precedono” (Rossana Rossanda), ma neanche – mi viene da dire – con le generazioni che l’hanno seguita. Gli anni al contrario diventa così un intenso grido nel vuoto della rimozione, affronta l’epica degli anni Settanta non dal punto di vista delle vittime del terrorismo né da quello dei rivoluzionari che attaccavano “il cuore dello Stato” (la via più facile), ma da una prospettiva del tutto originale che risulta terribilmente efficace per comprendere l’avventuroso afflato di rivolta che mosse un’intera gioventù: la prospettiva di chi – ed è una cosa che riguarda la maggior parte dei giovani di allora – per ragioni geografiche o semplicemente per sorte, si è trovato fuori dalla mischia, come reietti che osservavano dalla strada le luci di una festa a cui non erano stati invitati.
“Tutti pensarono che la malattia di Giovanni Santatorre si chiamasse semplicemente destino”, si legge nel romanzo. Ed è un destino che si fa traccia, che monta pagina dopo pagina verso una catastrofe esistenziale che niente sembra poter arginare. Neppure l’amore fermo, paziente e commosso di Aurora, che osserva Giovanni senza lasciarsi trascinare nel suo abisso e che per lui tiene aperta una porta, nonostante i ripetuti abbandoni, un passaggio che con gli anni si ridurrà a uno spiraglio, ma che non si chiuderà mai completamente. E neppure l’amore della figlia Mara, che lo aspetta invano alle giostre mentre Giovanni va a comprarsi l’eroina, e che quando lo vede tornare è capace di una sola lancinante considerazione: “Papà, ho finito tutti i gettoni”.
L’anima di un romanzo è spesso sigillata in una frase che si rintraccia al suo interno e che ne custodisce l’essenza più profonda. Nel caso de Gli anni al contrario la frase è questa: “I grandi, in fondo, non sono che bambini sopravvissuti”.
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Sana'a, 15 mar. (Adnkronos) - Gli attacchi aerei non scoraggeranno i ribelli yemeniti, i quali risponderanno agli Stati Uniti. Lo ha scritto sui social Nasruddin Amer, vice capo dell'ufficio stampa degli Houthi, aggiungendo che "Sana'a rimarrà lo scudo e il sostegno di Gaza e non la abbandonerà, indipendentemente dalle sfide".
"Questa aggressione non passerà senza una risposta e le nostre forze armate yemenite sono pienamente pronte ad affrontare l'escalation con l'escalation", ha affermato l'ufficio politico dei ribelli in una dichiarazione alla televisione Al-Masirah.
In un'altra dichiarazione citata da Ynet, un funzionario Houthi si è rivolto direttamente a Trump e a Netanyahu, che "stanno scavando tombe per i sionisti. Iniziate a preoccuparvi per le vostre teste".
Damasco, 15 mar. (Adnkronos) - L'esplosione avvenuta nella città costiera siriana di Latakia ha ucciso almeno otto persone. Lo ha riferito l'agenzia di stampa statale Sana, secondo cui, tra le vittime della detonazione di un ordigno inesploso, avvenuta in un negozio all'interno di un edificio di quattro piani, ci sono tre bambini e una donna. "Quattordici civili sono rimasti feriti, tra cui quattro bambini", ha aggiunto l'agenzia.
Sana'a, 15 mar. (Adnkronos) - Almeno nove civili sono stati uccisi e nove feriti negli attacchi statunitensi su Sanaa, nello Yemen. Lo ha dichiarato un portavoce del ministero della Salute guidato dagli Houthi su X.
Washington, 15 mar. (Adnkronos) - "Sono lieto di informarvi che il generale Keith Kellogg è stato nominato inviato speciale in Ucraina. Il generale Kellogg, un esperto militare molto stimato, tratterà direttamente con il presidente Zelensky e la leadership ucraina. Li conosce bene e hanno un ottimo rapporto di lavoro. Congratulazioni al generale Kellogg!". Lo ha annunciato su Truth il presidente degli Stati Uniti Donald Trump.
Washington, 15 mar. (Adnkronos) - "Oggi ho ordinato all'esercito degli Stati Uniti di lanciare un'azione militare decisa e potente contro i terroristi Houthi nello Yemen. Hanno condotto una campagna implacabile di pirateria, violenza e terrorismo contro navi, aerei e droni americani e di altri paesi". Lo ha annunciato il presidente americano Donald Trump su Truth. Senza risparmiare una stoccata all'ex inquilino della Casa Bianca, il tycoon aggiunge nel suo post che "la risposta di Joe Biden è stata pateticamente debole, quindi gli Houthi sfrenati hanno continuato ad andare avanti".
"È passato più di un anno - prosegue Trump - da quando una nave commerciale battente bandiera statunitense ha navigato in sicurezza attraverso il Canale di Suez, il Mar Rosso o il Golfo di Aden. L'ultima nave da guerra americana ad attraversare il Mar Rosso, quattro mesi fa, è stata attaccata dagli Houthi più di una decina di volte. Finanziati dall'Iran, i criminali Houthi hanno lanciato missili contro gli aerei statunitensi e hanno preso di mira le nostre truppe e i nostri alleati. Questi assalti implacabili sono costati agli Stati Uniti e all'economia mondiale molti miliardi di dollari, mettendo allo stesso tempo a rischio vite innocenti".
"L'attacco degli Houthi alle navi americane non sarà tollerato - conclude Trump - Utilizzeremo una forza letale schiacciante finché non avremo raggiunto il nostro obiettivo. Gli Houthi hanno soffocato le spedizioni in una delle più importanti vie marittime del mondo, bloccando vaste fasce del commercio globale e attaccando il principio fondamentale della libertà di navigazione da cui dipendono il commercio e gli scambi internazionali. I nostri coraggiosi Warfighters stanno in questo momento portando avanti attacchi aerei contro le basi, i leader e le difese missilistiche dei terroristi per proteggere le risorse navali, aeree e di spedizione americane e per ripristinare la libertà di navigazione. Nessuna forza terroristica impedirà alle navi commerciali e navali americane di navigare liberamente sulle vie d'acqua del mondo".
Whasington, 15 mar. (Adnkronos) - Funzionari statunitensi hanno affermato che gli attacchi aerei contro l'arsenale degli Houthi, gran parte del quale è sepolto in profondità nel sottosuolo, potrebbero durare diversi giorni, intensificandosi in portata e scala a seconda della reazione dei militanti. Lo scrive il New York Times. Le agenzie di intelligence statunitensi hanno lottato in passato per identificare e localizzare i sistemi d'arma degli Houthi, che i ribelli producono in fabbriche sotterranee e contrabbandano dall'Iran.
Washington, 15 mar. (Adnkronos) - Funzionari statunitensi hanno detto al New York Times che il bombardamento su larga scala contro decine di obiettivi nello Yemen controllato dagli Houthi - l'azione militare più significativa del secondo mandato di Donald Trump - ha anche lo scopo di inviare un segnale di avvertimento all'Iran. Il presidente americano - scrive il quotidiano Usa- vuole mediare un accordo con Teheran per impedirgli di acquisire un'arma nucleare, ma ha lasciato aperta la possibilità di un'azione militare se gli iraniani respingono i negoziati.