“L’autentica adorazione di Dio porta non alla discriminazione, all’odio e alla violenza, ma al rispetto per la sacralità della vita, al rispetto per la dignità e la libertà degli altri e all’amorevole impegno per il benessere di tutti”. È quanto ha sottolineato Papa Francesco, nel suo secondo giorno in Asia, nell’omelia della messa celebrata nel Galle Face Green di Colombo durante la quale, davanti a 500mila fedeli, ha canonizzato Giuseppe Vaz, primo santo dello Sri Lanka. Secondo bagno di folla per Bergoglio, dopo che al suo arrivo era stato accolto da oltre 300mila persone lungo tutto il percorso di 28 chilometri che il Papa ha fatto in jeep scoperta dallo scalo aereo al centro della città di Colombo, in un Paese in cui il 70 per cento della popolazione è buddista e i cattolici sono solo un milione e 200mila fedeli.
Nella sua meditazione Bergoglio ha sottolineato che la Chiesa “volentieri e generosamente serve tutti i membri della società. Non fa distinzione di razza, credo, appartenenza tribale, condizione sociale o religione nel servizio che provvede attraverso le sue scuole, ospedali, cliniche e molte altre opere di carità. Essa non chiede altro che la libertà di portare avanti la sua missione. La libertà religiosa – ha ribadito il Papa – è un diritto umano fondamentale. Ogni individuo dev’essere libero, da solo o associato ad altri, di cercare la verità, di esprimere apertamente le sue convinzioni religiose, libero da intimidazioni e da costrizioni esterne”. Parole che si ricollegano a quanto Francesco aveva chiesto, appena giunto in Sri Lanka, ai leader religiosi del Paese a “non permettere che le credenze vengano abusate per la cause della violenza o della guerra”, e a “essere chiari e non equivoci nell’invitare le nostre comunità a vivere pienamente i precetti di pace e convivenza”.
Riflettendo sulla figura di san Giuseppe Vaz, da Bergoglio definito “grande missionario del vangelo”, il Papa ha indicato ancora una volta la strada della “riconciliazione” al Paese che esce dalla guerra civile tra Tamil e cingalesi. Ai sacerdoti Francesco ha chiesto di “uscire verso le periferie”, superando “le divisioni religiose nel servizio della pace” con “rispetto, dedizione, perseveranza e umiltà”. Infine, Francesco ha voluto pregare affinché i cristiani possano “dare un contributo ancora maggiore alla pace, alla giustizia e alla riconciliazione nella società cingalese. Questo è quanto la Chiesa vi chiede”.
Proprio durante il suo viaggio in Asia, il Papa ha voluto anche richiamare il “bisogno di etica nell’economia e nella politica”, rispondendo anche a chi lo accusa di essere marxista, comunista e pauperista a causa dei suoi frequenti richiami alla povertà e alla giustizia sociale. In un’intervista pubblicata nel volume “Papa Francesco. Questa economia uccide” (Piemme) dei vaticanisti de La Stampa Andrea Tornielli e Giacomo Galeazzi, Bergoglio precisa che questi temi sono da sempre presenti nel cristianesimo: “Se ripetessi alcuni brani delle omelie dei primi padri della Chiesa, del II o del III secolo, su come si debbano trattare i poveri, ci sarebbe qualcuno ad accusarmi che la mia è un’omelia marxista”. Francesco ricorda, infatti, che “la Chiesa quando invita a vincere quella che ho chiamato la ‘globalizzazione dell’indifferenza’ è lontana da qualunque interesse politico e da qualunque ideologia: mossa unicamente dalle parole di Gesù vuole offrire il suo contributo alla costruzione di un mondo dove ci si custodisca l’un l’altro e ci si prenda cura l’uno dell’altro”.
Nel santuario “Our Lady of Madhu”, che risale al 1544 quando il re dell’epoca fece massacrare 600 cristiani, il Papa ha voluto pregare per il consolidamento in Sri Lanka della pace raggiunta nel 2009, al termine della guerra civile durata 26 anni. Bergoglio ha incontrato alcune famiglie Tamil e cingalesi particolarmente provate da quella che il Pontefice ha definito una “terribile violenza“. A loro Francesco ha ricordato che essi sono “un’unica famiglia” che sta “cercando di ritornare a una esistenza pacifica” per “costruire un futuro di riconciliazione, di giustizia e di pace”, dopo “tanto odio, tanta violenza e tanta distruzione”. Il Papa ha invitato i fedeli presenti a chiedere “anche la grazia di riparare i nostri peccati e tutto il male che questa terra ha conosciuto. Non è facile fare questo. Tuttavia, solo quando arriviamo a comprendere, alla luce della croce, il male di cui siamo capaci, e di cui persino siamo stati partecipi, possiamo sperimentare vero rimorso e vero pentimento. Solo allora – ha concluso Francesco – possiamo ricevere la grazia di avvicinarci l’uno all’altro con vera contrizione, offrendo e cercando vero perdono”.