Cappuccio scuro a coprire la testa, i visi pallidi e tesi, la camminata quasi incerta. Greta Ramelli e Vanessa Marzullo, liberate dopo quasi sei mesi di prigionia in Siria, sono atterrate alle 4 di notte all’aeroporto di Ciampino, dopo tre ore di volo dalla Turchia. Le due volontarie lombarde – rapite il 31 luglio scorso in Siria dove erano arrivate con la loro ong Horryaty – sono state accolte dal ministro degli Paolo Gentiloni e dal capo dell’unità di crisi della Farnesina Claudio Tafuri. Sono subito entrate con il ministro nell’edificio dell’aeroporto militare. Poi l’abbraccio con la famiglia e nessuna conferenza stampa.
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Le due ragazze sentite in procura, al-Nusra: Nessun riscatto dall’Italia”
Greta e Vanessa sono state portate all’ospedale militare del Celio per un controllo medico e sono state sentite dalla Procura di Roma che ha aperto un’inchiesta sul loro rapimento. Continuano a rincorrersi conferme e smentite, anche tra gli stessi jihadisti, sul pagamento di un riscatto. Un account Twitter riconducibile ai miliziani siriani del Fronte al-Nusra smentisce oggi che il gruppo, legato ad al-Qaeda, abbia ricevuto denaro dall’Italia. “Il motivo del loro arresto è che molti agenti dei servizi segreti occidentali entrano (in Siria, ndr) come operatori umanitari. Le due ragazze sono state prese e sono state interrogate. E poi sono state rilasciate”, ha twittato Abu Khattab al-Shami, che si definisce un jihadista nella file di “al-Nusra di al-Qaeda del Jihad nella terra di al-Sham”. Ieri invece un altro account legato ai ribelli anti-regime, @ekhateb88, scriveva che è stato pagato un riscatto di “12 milioni di dollari”.
Sparite il 31 luglio, Gentiloni alla Camera: “Contrari a pagamento riscatti”
Vanessa Marzullo, 21 anni, di Brembate (Bergamo), è una studentessa di Mediazione linguistica. È stata lei ad organizzare il progetto Horryaty, che riuniva varie associazioni di volontariato per portare medicine in Siria e tenere corsi di formazione di primo soccorso. Greta Ramelli, 20 anni, di Gavirate (Varese), è una studentessa di scienze infermieristiche e volontaria della Organizzazione internazionale di Soccorso. Era già stata in Zambia e India.
Erano sparite il 31 luglio del 2014 nel nord della Siria, fra Aleppo e Idlib. Dopo il sequestro erano state cedute dai rapitori al fronte Al Nusra, il ramo siriano di al Qaeda. Il 31 dicembre era stato diffuso un video in cui le due ragazze, vestite con un chador nero, chiedevano aiuto al governo italiano e dicevano di rischiare di essere uccise. Palazzo Chigi, però, nega di avere pagato un riscatto. Il leader della Lega Nord, Matteo Salvini, nel giorno della liberazione delle due cooperanti ha polemizzato sull’ipotesi di un eventuale versamento di 12 milioni di dollari ai terroristi. “Voglio ringraziare i servizi di intelligence, l’unità di crisi della Farnesina e tutte le autorità che con un gioco di squadra hanno portato ad un risultato importantissimo – dice il Gentiloni alla Camera -. Siamo contrari al pagamento di riscatti. L’Italia in tema di rapimenti si attiene a comportamenti condivisi a livello internazionale, sulla linea dei governi precedenti: è la linea dell’Italia”.
La giornata più lunga domenica scorsa
Nelle lunghe trattative per la liberazione intessute per mesi dagli 007 e dalla diplomazia, la giornata più lunga e difficile è stata domenica scorsa, momento in cui l’accordo è arrivato a un passo dalla conclusione. Il giorno prima, infatti, sarebbe arrivato in Italia un nuovo video, dopo quello pubblicato in rete il 31 dicembre: il “segnale positivo” che le autorità italiane aspettavano, l’ultima prova che le due ragazze erano in vita e che si poteva procedere alla serie di iniziative concordate per il rilascio. Se però il video fosse stato pubblicato in rete o fossero uscite notizie in merito, il rischio che la trattativa saltasse era molto alto.