Case allagate, aziende sommerse dal fango, centinaia di milioni di euro di danni e una vittima, Oberdan Salvioli, morto mentre cercava di prestare soccorso durante l’alluvione. E’ trascorso un anno dall’esondazione del fiume Secchia, che per un cedimento dell’argine destro il 19 gennaio del 2014 si riversò nella bassa emiliana già terremotata investendo i Comuni di Bastiglia e Bomporto, e allagando vaste aree comprese tra San Prospero, Camposanto, Finale Emilia, Medolla e San Felice sul Panaro. Un intero territorio, quello in provincia di Modena, sommerso dall’acqua mentre ancora ci si rimboccava le maniche per ricostruire ciò che il sisma del maggio 2012 avevano distrutto, e che si è trovato costretto a ricominciare da capo, tra la burocrazia e un’economia già in ginocchio per la crisi economica. Un anno dopo, sottolinea il presidente della Regione Emilia Romagna, Stefano Bonaccini, “molto è stato fatto, ma molto resta da fare”: in primo luogo per evitare che si verifichino altre esondazioni, un rischio concreto in un’area attraversata da numerosi corsi fluviali che, secondo i comitati nati dopo l’alluvione del gennaio scorso, “non hanno ancora ricevuto adeguata manutenzione” .
La messa in sicurezza del nodo idraulico di Modena, infatti, è ancora oggi una delle priorità delle istituzioni locali che in questi 12 mesi hanno gestito il post alluvione, e sebbene diverse opere previste siano state eseguite (per un totale di 15 milioni di euro), mentre altre sono programmate per il 2015 (23 milioni di euro), spiega il sindaco di Bomporto Alberto Borghi, “abbiamo bisogno di ulteriori risorse per concludere tutti gli interventi”. L’esondazione del Secchia, infatti, ha provocato circa 210 milioni di euro di danni tra privati, aziende e opere pubbliche, ma se all’elenco si aggiungono i corsi d’acqua l’importo sale a 400 milioni di euro. “Lo Stato – spiega Borghi a ilfattoquotidiano.it – deve mettere a disposizione del paese i fondi previsti per intervenire sul rischio idrogeologico, tra gli 1,5 e i 2 miliardi di euro, così che si possa completare il pacchetto di opere necessarie al nodo idraulico modenese. Oggi quelle risorse non le abbiamo”.
Poi c’è il problema dei rimborsi da erogare a chi, in seguito all’alluvione, ha perso i propri beni, mobili o immobili, e come per il post terremoto, a rallentare l’iter ci pensa la burocrazia. Secondo i dati della Provincia di Modena, infatti, sono circa 700 le imprese danneggiate dall’esondazione del gennaio scorso, di cui 300 le realtà agricole, alcune già colpite dal sisma del 2012 , e tuttavia, spiega Borghi, “abbiamo registrato qualche ritardo nell’erogazione dei rimborsi alle aziende. Prorogheremo al 28 aprile il termine per fare domanda, così che tutti possano provvedere”. E a rilento procede anche l’iter relativo agli indennizzi previsti per i cittadini: 397, sulle 2.340 pervenute e giudicate ammissibili, sono le domande già liquidate, per un totale di circa 1,8 milioni di euro, ma la necessità di pagare di tasca propria i lavori di ripristino prima di accedere ai rimborsi, nonché la complessità dell’iter da seguire per ottenerli, frena l’intero procedimento. “A un anno dall’alluvione – fa i conti Elisabetta Aldrovandi del comitato No tax area – meno del 10% della popolazione è stata rimborsata, con aziende che hanno riaperto solo grazie a risorse proprie o a provvidenziali risarcimenti assicurativi. E’ una vergogna”.
In un territorio che un tempo vantava il titolo di centro produttivo d’Italia e che oggi ha alle spalle terremoti, trombe d’aria e alluvioni, parlare di ripresa non è facile. “Un grande aiuto verrebbe dalle zone franche urbane, che esenterebbero dal pagamento delle tasse i territori più colpiti, agevolando il ripristino dei centri storici ancora spopolati dal terremoto – spiega il sindaco di Bomporto – la richiesta per anni è rimasta inascoltata, ma ora potrebbe essere finalmente accolta nel Milleproroghe”. Poi forse, come aveva suggerito l’ex governatore emiliano Vasco Errani, si parlerà di riformare Aipo, l’Agenzia interregionale per il fiume Po, finita sotto accusa in seguito all’esondazione del Secchia, su cui anche la Procura di Modena ha aperto un fascicolo.
“L’Italia ha bisogno di un piano nazionale di riqualificazione del territorio – sottolinea Aldrovandi – a un anno dall’alluvione i letti dei fiumi non sono stati toccati, e ancora oggi siamo a rischio esondazione. Aipo è responsabile in questo, ma lo Stato deve intervenire: lo dimostra ciò che è successo a Modena, ma anche a Genova, in Toscana e a Parma”.