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20 gennaio, nascita di Forza Renzi

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Berlusconi arriva a Palazzo Chigi per incontrare RenziSegnatevela sul calendario la data del 20 gennaio, giorno natale di “Forza Renzi”: il nuovo partito fondato a seguito del secondo summit tra Superbone e l’ex Cavaliere, a conferma degli accordi stipulati nel precedente patto “Nazareno”; sotto l’impeccabile regia manageriale di Denis Verdini e con una stella polare/programmatica di rara luminosità, quale la roadmap made in Arezzo tracciata da Licio Gelli.

Sotto il profilo strutturale l’operazione consiste nell’accorpamento di parte dell’elettorato di PD e Forza Italia (con l’incognita di perdere qualcosa a sinistra, mentre i berluscones non chiedono di meglio di un leader più giovane a tutelare i loro privilegi, più o meno legittimi), coniugato con il mixaggio tra pezzi dei due gruppi dirigenti. Per cui fa un po’ ridere l’odierna indignazione di Massimo d’Alema, visto che una non troppo dissimile operazione l’avrebbe voluta promuovere proprio lui, al tempo dell’invereconda Bicamerale. Quando fu giocato dall’allora meno logoro e affardellato Berlusconi.

Se si ricerca un’immediata conferma proveniente dalla periferia del nuovo corso rifondativo, valga la conferenza stampa di Raffaella Paita in contemporanea all’incontro tra i due Padri Fondatori della Terza Repubblica. Infatti, probabilmente istruita da una mente politica un po’ più attrezzata, la Giuditta burlandiana con ancora in mano la testa mozzata di Cofferati-Oloferne (e già immortalata su tavola da una singolare premonizione caravaggesca) ha fornito l’interpretazione autentica dell’accaduto in terra di Liguria: la sua vittoria ha sventato una congiura anti-renziana. Tesi per certi versi con qualche barlume di verità, almeno per la parte che riguarda l’aggregazione elettorale vittoriosa della ciclonica (rock?) giovanotta: più ancora degli extracomunitari sviliti dal cinismo del nuovo che avanza a truppe cammellate (con l’irrisione di presentare la sordida manovra di compravendita alla stregua di un processo di integrazione democratica) – come ormai sta evidenziandosi con grande chiarezza (e qualche ammissione decisiva) – il successo è stato determinato dalla conversione sulla candidata delle filiere berluscones. Insomma, l’effetto di quel patto del Nazareno al basilico stipulato alla fine del 2014; nel pubblico convegno di Albisola Superiore durante il quale Franco Orsi, già senatore di Forza Italia e ora sindaco in quota scajoliana della cittadina, ha incoronato Paita come candidato ufficiale della propria parte.

Ulteriore simmetria tra le dimensioni nazionale e territoriale, investite dalla comune operazione renziana post-Nazareno, è l’apertura di immense praterie per la rinascita leghista. Cioè quel partito precipitato nel buco nero delle lauree albanesi, dei diamanti comprati con pubblico denaro e ruberie varie, rilanciato da uno scafato (e niente più) Matteo Salvini mettendo a frutto lo smarrimento della pubblica opinione indignata; che si era illusa sulle capacità risanatrici del rottamatore per finta Renzi, si era bevuta le operazioni, all’insegna del voto di scambio mascherato, della paghetta di ottanta euro. Insospettata resurrezione proprio perché la natura aborre il vuoto anche in politica. Ossia i pigolii di innocui personaggi graziosi tipo Civati o grigiamente burocratici alla Fassina, comunque travolti dai furori barbarici di Renzi; la certificata inconsistenza della sinistra rossoantico, scialuppa di salvataggio di reduci da mille naufragi (delle cui sorti biografiche possiamo abbondantemente infischiarcene); dell’inconcludenza compiaciuta del Cinquestelle, paghi di fare opposizione dura e pura a futura memoria.

Sempre per quanto riguarda le simmetrie, mentre Paita continua nell’opera di imbarco di pezzi di establishment per tagliare il traguardo e soddisfare l’ansia da carriera, mentre a sinistra si vorrebbe utilizzare il sarcofago del martire Cofferati per conquistare uno o due posti in Consiglio regionale e relative prebende, mentre il M5S costruisce una lista a non vincere (e favorire oggettivamente il burlandismo, per poi aver mano libera nel denunciarlo), in Liguria cresce la candidatura leghista: quell’Edoardo Rixi appena incoronato da Salvini futuro governatore (che, non a caso, marca ostentatamente le distanze anche dai notabili di Forza Italia).

 

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