Il Senato fa un passo avanti verso un Parlamento composto di nominati e blinda il patto del Nazareno. L’Aula di Palazzo Madama, dove questa mattina è cominciata la votazione degli emendamenti della legge elettorale, ha dato il via libera alla proposta di modifica presentata dal senatore Pd Stefano Esposito, il cosiddetto “super canguro” che di fatto taglia tutte le altre proposte di modifica contrarie e recepisce l’accordo tra la maggioranza e Forza Italia, con 175 si, 110 no e 2 astenuti. Il testo fa decadere circa 35.800 dei 48.000 emendamenti, ha spiegato il vicepresidente del Senato, Roberto Calderoli. Il testo prevede di fissare al 40% la soglia per il premio di maggioranza alla lista (e non più alla coalizione) e al 3% lo sbarramento per i partiti per entrare alla Camera. Fissati in 100 i collegi plurinominali con relativi capilista bloccati. Prevista poi la possibilità di esprimere due preferenze con alternanza di genere. L’emendamento prevede inoltre che l’Italicum entri in vigore dal 1° luglio 2016, la cosiddetta “clausola di salvaguardia”. In seguito alla votazione dell’emendamento Esposito, la seduta è stata sospesa per permettere ai senatori di prendere visione dei circa 35mila emendamenti preclusi al ddl.

“Espositum”, determinanti i sì di Forza Italia
Sono stati determinanti i voti di Fi per l’approvazione dell’emendamento Esposito. Dalla lettura dei tabulati risulta che dei 175 sì solo 132 sono giunti da senatori che votano la fiducia al governo, un numero inferiore ai 145 necessari per far passare l’emendamento. In Aula erano presenti 289 senatori, e quindi erano sufficienti 145 voti a favore per l’approvazione dell’emendamento Esposito. Tuttavia dai gruppi del Pd, di Ncd-Udc, di Scelta civica e dal gruppo delle Autonomie (nel quale siedono diversi senatori della maggioranza) sono arrivati 132 sì: 13 in meno del necessario. Sono stati quindi determinanti i consensi dei senatori di Fi e di Gal, oltre che quello dell’ex M5s Lorenzo Battista, ora nel gruppo per le Autonomie. Tra i Dem sono stati 2i senatori che hanno votato contro l’emendamento, ai quali vanno aggiunti 6 che non hanno partecipato alla votazione (oltre a Massimo Caleo, assente giustificato per motivi di salute).
Nel gruppo di Ncd-Ucd Luigi Compagna si è astenuto (in Senato equivale a un voto contrario) e Antonio Azzollini non ha partecipato al voto.

Bocciati i due emendamenti Gotor sulle preferenze
In mattinata il Senato aveva bocciato con 170 voti contrari la modifica presentata dall’esponente della minoranza Miguel Gotor, che puntava a modificare la proporzione tra nominati ed eletti con il sistema delle preferenze a favore di questi ultimi: i sì sono stati 116, 5 le astensioni. L’emendamento, sottoscritto da 29 senatori dem, era stato al centro della spaccatura tra minoranza e la linea di Matteo Renzi. La proposta avrebbe legato l’entrata in vigore dell’Italicum all’approvazione della riforma costituzionale (attualmente in discussione alla Camera) che supera il bicameralismo perfetto. Oltre alla cancellazione dei capilista bloccati, l’emendamento avrebbe stabilito al 40% la soglia per il premio di maggioranza (in un testo 1 stabilita al 37%) da assegnare alla lista e lo sbarramento al 3% (mentre nella versione iniziale era fissato all’8%), come prevede l’accordo di maggioranza. Il Senato ha respinto anche il secondo emendamento Gotor: la proposta è stata bocciata con 168 no, 3 astensioni, mentre 108 senatori hanno votato a favore. Dei 29 firmatari del documento della minoranza sulla legge elettorale hanno votato a favore in 26. A fare i conti, tabulato alla mano, è lo stesso senatore bersaniano. Dei 29 firmatari, in due non hanno preso parte al voto: Felice Casson (che è in missione) e Rosaria Capacchione, mentre Josefa Idem si è astenuta. Ma si è aggiunto Roberto Ruta che non era tra i firmatari del documento.

 

Renzi: “Minoranza Pd? Neanche i militanti condividono”
Quella di una parte della minoranza Pd sull’Italicum “è una posizione che non condivido e non credo la condividano neanche i militanti delle feste dell’Unità, anche quelli che non hanno votato per me” perché diranno “‘se uno ha vinto poi deve lavorare”, commenta Matteo Renzi dal Forum di Davos dopo il sì del Senato all’emendamento Esposito. A chi gli chiede se, dopo lo scontro sull’Italicum, tema effetti sul Colle, il premier risponde sicuro: “Ci sono le condizioni per eleggere al quarto tentativo il presidente della Repubblica, vedremo chi ci vorrà stare e chi no ma non c’è collegamento” tra Colle e Italicum. Per trovare una convergenza sul nome “dalla prossima settimana il Pd incontrerà gli altri partiti di tutto l’arco costituzionale”. “Bisogna trasformare i rischi in opportunità, è questa sfida della leadership – aveva detto in precedenza Renzi intervenendo al Forum e sottolineando come in Italia, oggi, “c’è una finestra e un periodo di opportunità eccezionale e il ruolo dei politici è cogliere il momento, carpe diem, quando possiamo scegliere il futuro”.

 

Calderoli: “Patto del Nazareno approvato per legge”
“Matteo Renzi ha pochi motivi per stare sereno e soprattutto ne hanno pochi gli italiani perché oggi, con una truffa, non è stato approvato un emendamento alla legge elettorale, ma è stato approvato per legge il patto del Nazareno“, è il commento di Roberto Calderoli, vice presidente del Senato.

Gasparri: “Nessuna uscita dal partito, in FI solo opinioni diverse”
“Da noi nessuno dice di voler uscire dal partito, ci sono opinioni diverse”, commenta il senatore di Forza Italia, Maurizio Gasparri, a chi gli chiede delle fibrillazioni interne al partito. “Che ci possa essere un’opinione diversa non mi meraviglia”, ha aggiunto Gasparri.

Video di Annalisa Ausilio

 

Camera, nella riforma costituzionale ripristinati i senatori a vita
Alla Camera, nel frattempo, prosegue l’esame del disegno di legge costituzionale sul superamento del bicameralismo paritario e sul Titolo V. L’aula di Montecitorio ha approvato un emendamento a firma di Ettore Rosato (Pd) che ripristina il testo varato in Senato: l’assemblea di Palazzo Madama sarà composta da “novantacinque senatori rappresentativi delle istituzioni territoriali e da cinque senatori che possono essere nominati dal Presidente della Repubblica”. Circa 50 deputati democratici nonnno ha votato l’emendamento Rosato, riferiscono fonti del partito. L’unico a votare contro è stato Pippo Civati; gli altri, nonostante fossero presenti in aula, hanno deciso di non partecipare al voto perché in dissenso con la proposta.

Italicum, le tre contropartite del Cav
Matteo Renzi
 punta a chiudere il passaggio della legge elettorale in Senato entro la prossima settimana, prima che il Parlamento si riunisca in seduta comune a Montecitorio per eleggere il nuovo capo dello Stato. Così, per portare a casa l’Italicum, il premier si affida all’alleato del Nazareno. E’ bastata un’ora di colloquio, martedì, per trovare l’accordo: “Voteremo compatti per l’emendamento Esposito”, annunciava Silvio Berlusconi ai suoi al termine dell’incontro a Palazzo Chigi con il leader del Pd.

Cosa ha fatto cambiare idea all’ex Cav, che per mesi ha temporeggiato e fino a pochi giorni fa sembrava intenzionato a dare ancora battaglia? Tutti gli indizi portano in un’unica direzione. A Silvio Berlusconi Matteo Renzi ha fatto tre promesse: la cosiddetta norma salva-Berlusconi, l’impegno di non intervenire sulla prescrizione e un presidente della Repubblica non ostile. Il quotidiano La Stampa parla di “grandi vantaggi per tutto e in special modo per Berlusconi, al quale non potrà essere negata una prelazione sul prossimo Presidente, né una riabilitazione piena dalla condanna, magari attraverso la famosa norma ‘salva-Berlusconi‘ contenuta nel decreto fiscale”. Ovvero quell’articolo 19 bis al decreto attuativo della delega fiscale che consentirebbe all’ex Cav, condannato a 4 anni e 2 di interdizione dai pubblici uffici nel processo per i diritti tv Mediaset, di chiedere al giudice di far decadere la sentenza perché il reato si è estinto.

Un’ipotesi confermata da quanto confidato ieri da Denis Verdini, l’uomo cui Berlusconi ha affidato il dossier riforme, ai ribelli capitanati da Raffaele Fitto per convincerli a sotterrare l’ascia di guerra almeno sull’Italicum: “Non dimenticate che Renzi ha congelato l’articolo 19 bis”. Congelato perché quando bloccò la norma per mettere a tacere le polemiche, Renzi non annunciò che avrebbe riformato il testo ma si limitò a spiegare che “questa norma la rimanderemo in Parlamento soltanto dopo l’elezione del Quirinale”. E di fronte a ciò il Cavaliere è pronto anche a spaccare il partito, salendo sulla barca del premier e lasciando a terra il ras pugliese e tutti i suoi dissidenti.

Ma sul tavolo ci sarebbe dell’altro, ovvero la promessa incassata tempo fa da Matteo Renzi di non procedere ad una riforma della prescrizione. Uno dei fronti giudiziari con cui Berlusconi deve fare i conti è il processo sulla compravendita dei Senatori in corso a Napoli in primo grado: poiché nell’autunno di quest’anno la prescrizione interverrà ad annullare definitivamente il procedimento, l’alleato Silvio non vuole scherzi. Sul tema, scrive La Repubblica, “l’accordo con gli uomini dell’ex Cavaliere è di antica data”. Per questo “non sono ammessi giochi sottobanco o peggio sgambetti furbeschi. Come quelli che secondi FI, ma anche Ncd, sarebbero stati fatti a Montecitorio una settimana fa”. Quando si è ricominciato a parlare di una riforma “che blocca l’orologio dell’azione penale dopo la sentenza di primo grado e lo congela per due anni, per dare tempo ai giudici dell’appello di riesaminare il caso”. Un principio che, applicato al caso De Gregorio, potrebbe costare all’ex Cav una nuova condanna.

Il 29 gennaio, poi, il Parlamento si riunisce in seduta comune a Montecitorio per eleggere il successore di Giorgio Napolitano. Un successore che  – ed è la terza contropartita di B. – non dovrà essere ostile all’ex Cav. Tra i nomi che con maggiore insistenza si rincorrono da settimane sono quelli di Giuliano Amato, Anna Finocchiaro e Pier Ferdinando Casini, graditi a Berlusconi.

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