Scheda bianca del Pd alle prime tre votazioni e chi non condivide il nome del candidato alla presidenza della Repubblica “dovrà dirlo apertamente”. Alla quarta votazione, però, i democratici faranno un nome secco senza proporre una terna perché “il modello è quello del 2006”, quando venne eletto per la prima volta Giorgio Napolitano. Matteo Renzi, alla Camera per l’assemblea dei deputati del Pd sulla scelta del nuovo capo dello Stato (alla quale non hanno partecipato Pier Luigi Bersani e il ministro della Cultura Dario Franceschini) ha così tracciato così la “linea” del partito. Niente terna di nomi, dunque, perché altrimenti il Pd permetterebbe di scegliere agli altri. Ce ne sarà uno solo, che sarà fatto “prima di sabato”, ha detto il vicesegretario del Pd Lorenzo Guerini.
Renzi ha incontrato dunque sia i deputati sia i senatori del Pd alla vigilia dell’inizio delle consultazioni con i vari gruppi parlamentari per cercare un accordo su un nome condiviso per il Colle. Il Pd resta al centro delle dinamiche visto che esprime 460 grandi elettori. Mentre Pippo Civati candida ufficialmente – con tanto di lettera alla segreteria – Romano Prodi, la compattezza del Pd che nei giorni scorsi sembrava a dir poco a rischio ora pare una cosa possibile. Almeno a sentire le parole di Stefano Fassina, uno dei leader della minoranza del partito, che sottolinea come sia importante che “il Pd riesca a superare la prova del Quirinale unito ed è sbagliata l’impostazione di cercare un candidato ‘contro’. Va cercata la massima condivisione e in questo caso dobbiamo cercare l’interlocuzione con Fi“. Per contro Renzi insiste: “Non scommetto sulla vostra fedeltà ma sulla vostra capacità di essere gruppo dirigente e sul senso di responsabilità personale”. Certo, le correnti di pensiero restano diverse. Per Davide Zoggia “il nome non deve essere frutto di una mediazione con Berlusconi” e, come Francesco Boccia spinge per un dialogo con il M5s. Cesare Damiano invece sostiene che bisogna candidare un politico del Pd. Alcune deputate sottolineano l’esigenza di poter candidare una donna e Renzi risponde: “Non so se c’è lo spazio perché si chiuda su una donna”, ma ammette che il fatto che non ci sia ancora stata una presidente donna è “un’anomalia”. Pare soddisfatta perfino Rosy Bindi: “Risolutiva sarà solo l’urna – ha aggiunto -, ma il Pd è sulla strada giusta”.
Il capo del governo ha definito le votazioni dei prossimi giorni del Parlamento in seduta comune l’occasione per il Pd di riscattare quanto successo nel 2013, cioè il disastro dei 101 franchi tiratori che affossarono Prodi. Il Partito democratico – ha sottolineato – è l’antidoto e l’argine alla crisi della politica. L’elezione del nuovo presidente della Repubblica “non è un referendum né sul governo né su di me” aggiunge il presidente del Consiglio. E anche per questo manda l’ennesimo messaggio in bottiglia al Movimento Cinque Stelle. “Vediamo se M5S capirà che questa è l’occasione buona” dice Renzi. “Fare “un nome ‘contro’ è miopia – insiste – I 5 stelle capiranno? No, acuiranno le proprie divisioni”. Però rivendica che “il M5s è arrivato alle massime cariche grazie a noi. Volutamente, perché è giusto. Ma non ha senso che ora ci tocchi sentire che non vogliono varcare l’ingresso della sede del Partito democratico”.
Poco prima il senso dell’atteggiamento dei grandi elettori grillini era stato sintetizzato da una dei componenti del direttorio M5s, Carla Ruocco: “Il M5S dice sì all’apertura, alla partecipazione, al coinvolgimento – ha detto in un’intervista a Radio24 – Non chiudiamo le porte in faccia a nessuno, tanto è vero che non ci chiudiamo in un Palazzo ma andiamo in piazza”. La Ruocco non fa nomi perché – dice – altrimenti verrebbero bruciati, ma ne fa uno di colui che certamente non verrebbe votato dai Cinque Stelle. “Renzi può coinvolgere in Parlamento le forze politiche oppure può chiudersi a riccio nel suo patto con Berlusconi – dichiara la deputata – Di certo noi non voteremmo mai uno come Amato che nel 1992 ha fatto un prelievo forzoso che ancora gli italiani ricordano. Vorranno fare lo stesso scherzo? Poiché i risparmi privati sono una delle poche cose che rimane agli italiani, un presidente che ricorda questo non possiamo proprio appoggiarlo”.