Alla faccia della Costituzione. Matteo Renzi ha dato indicazione al Partito democratico di votare scheda bianca per le prime tre votazioni. L’intesa c’è già anche con Angelino Alfano e quindi l’area che va dal Nuovo Centrodestra ai Popolari per l’Italia (più altri gruppi parlamentari centristi) che in totale esprimono diverse decine di grandi elettori. L’incontro con la delegazione di Forza Italia è stato più interlocutorio perché mancava Silvio Berlusconi (che Renzi vedrà probabilmente mercoledì 28 gennaio), ma è quasi certo che anche i forzisti si presenteranno ai primi tre scrutini senza inserire nomi nell’urna. Così per la prima volta in modo così plateale i partiti (che insieme esprimono oltre il 50% dei grandi elettori) se ne fregheranno delle indicazioni della Carta che suggerisce al Parlamento di cercare una maggioranza dei due terzi dell’assemblea nelle prime tre votazioni proprio per cercare una convergenza la più ampia possibile. “Colpa del M5s” hanno detto dalla parte del Pd, perché i Cinque Stelle – dicono – non si è presentata alle consultazioni nella sede della Pd, al largo del Nazareno, anche queste peraltro inedite. Ma fino alla quarta votazione tutto fermo: i partiti di governo (e del Nazareno) sono tutti d’accordo, in attesa che Renzi alzi finalmente il velo sul candidato che – secondo lui – sabato sarà il presidente della Repubblica. Avverrà giovedì quando il leader democratico pronuncerà finalmente il nome del suo candidato all’assemblea dei 460 grandi elettori del Pd.
In una giornata il presidente del Consiglio – insieme ai vicesegretari del Pd Lorenzo Guerini e Deborah Serracchiani e ai capigruppo Roberto Speranza e Luigi Zanda – ha incontrato tutti i gruppi parlamentari tranne il M5s che ha respinto l’invito. L’ultima delegazione a presentarsi è stata quella dei fuoriusciti grillini della quale facevano parte anche alcuni dei 10 che in mattinata avevano annunciato l’addio al gruppo. Uno di loro, Walter Rizzetto, è stato contestato al suo arrivo: alcuni attivisti – spiegano le agenzie di stampa – lo hanno accerchiato ed hanno iniziato ad urlare “venduto, venduto”. Rizzetto alla fine ha rinunciato ad entrare nella sede del Partito democratico, ma ha commentato: “E’ stata una scelta fatta con consapevolezza, non l’abbiamo fatto né per rubare soldi né per portarci a casa più soldi”. L’episodio diventa un caso perché intervengono sia il presidente del Pd Matteo Orfini sia Guerini: “Una vergogna l’aggressione a Rizzetto sotto il Nazareno, Grillo condanni la violenza a cinque stelle”.
I grillini aggrediscono i parlamentari usciti oggi per impedirgli di confrontarsi sul Quirinale. #squadristi a 5 stelle
— orfini (@orfini) January 27, 2015
In realtà il giro di consultazioni del capo del governo e segretario del Pd terminerà il 28 gennaio, all’ora di pranzo, quando Renzi e Berlusconi si vedranno per la seconda volta in pochi giorni. Al Nazareno il Pd ha incontrato i capigruppo Renato Brunetta e Paolo Romani oltre a Giovanni Toti e Debora Bergamini. “Con Renzi abbiamo fatto un discorso di metodo – racconta Brunetta – anche perché domani con il presidente Berlusconi abbiamo una conferenza dei nostri grandi elettori per cui abbiamo acquisito elementi per avere la possibilità che il presidente Berlusconi domani rappresenti ai nostri grandi elettori lo stato dell’arte dell’elezione del presidente della Repubblica”.
Sono stati fatti pochi nomi (gli stessi che girano da giorni sui giornali) e molte indicazioni sul metodo e sull’identikit del candidato ideale. “Abbiamo chiesto – ha dichiarato Alfano che riunirà i gruppi di Area popolare nel pomeriggio di mercoledì – che il prossimo presidente della Repubblica sia un politico che abbia militato nelle istituzioni, abbia rapporti internazionali e sia un politico. Non è il momento per un tecnico” né, ha detto, per un “novellino”. “A Renzi”, ha dichiarato il leader del Carroccio Matteo Salvini, “ho detto quello che pensiamo e cioè che i requisiti base del presidente della Repubblica sono questi: deve essere una persona che è stata eletta dal popolo almeno una volta nella sua vita e non calata dall’alto e non deve essere complice dei disastri europei e della nascita dell’euro”. Vale a dire no a un tecnico e no a Romano Prodi. Mentre il gruppo delle Autonomie è stato l’unico a fare esplicitamente dei nomi (Graziano Delrio, Anna Finocchiaro e Sergio Mattarella). Sel – con il leader Nichi Vendola – dice che deciderà all’ultimo se votare scheda bianca nei primi tre scrutini.