Da giorni naviga sotto traccia, eppure l’inchiesta della procura di Milano sull’attuale consigliere regionale del Pd Massimo D’Avolio, eletto nel 2013 con oltre 7.000 preferenze, sta creando grande agitazione all’interno dei democratici milanesi che temono un nuovo caso Sesto per il quale è a giudizio l’ex presidente della Provncia Filippo Penati. Dal 20 gennaio 2015, D’Avolio risulta indagato per abuso d’ufficio in relazione a fatti che risalgono a quando era sindaco di Rozzano, comune dell’hinterland. Secondo l’accusa, coordinata dal dipartimento del procuratore aggiunto Alfredo Robledo, D’Avolio attraverso alcune delibere, avrebbe autorizzato il pagamento della partecipata Ama ad alcune società della moglie. Con l’ex primo cittadino è indagato anche l’attuale capo gruppo Pd nel consiglio comunale di Segrate, l’ingegnere Vito Ancora. Anche per lui l’accusa è abuso d’ufficio. Infine, risulta coinvolto un dirigente dell’ufficio tecnico del comune di Rozzano per un presunto danno erariale legato alla compravendita di un’area industriale. nei giorni scorsi il Fatto ha cercato di contattare l’ex sindaco del comune milanese per chiedere spiegazioni, senza però riuscire a parlarci.

Questi i fatti, fino ad oggi. Le carte dell’inchiesta però raccontano ben altro. Per capirlo bisogna partire dalla seconda partecipata del comune di Rozzano: la società Api, attualmente in liquidazione e che si tiene in pancia un buco da 47 milioni di euro. Un crack senza precedenti nato e costruito sotto l’ombrello politico del Partito democratico e sotto la gestione D’Avolio, sindaco del comune milanese dal 2004 al 2009 nelle file dei Ds e dal 2009 al 2013 con rigorosa casacca Democratica. Sul caso pesano diversi esposti di un ex consigliere comunale sui quali da oltre un anno si è incardinata un’inchiesta coordinata dal procuratore aggiunto Alfredo Robledo e dai pm Luca Poniz e Letizia Mannella. L’indagine ha avuto una prima parzialissima discovery il 20 gennaio scorso.

In attesa degli sviluppi giudiziari, ciò che preoccupa ora sono i conti e il buco di Api: 47 milioni. Di questi ben 35 sono con le banche. Anzi con la banca. Visto che il principale istituto creditore nei confronti della municipalizzata risulta il Monte dei Paschi di Siena. Per comprendere l’intera vicenda bisogna tornare al 2004, quando la prima amministrazione D’Avolio vara il progetto del Teleriscaldamento inizialmente legato solo a un nuovo quartiere e in un secondo tempo allargato a tutta l’area di Rozzano. Titolare dell’operazione è Ama, altra società pubblica che riceve l’incarico dal comune di stendere un progetto sul teleriscaldamento. Due anni dopo, nel 2006, nasce Api srl, una vera società patrimoniale per quanto riguarda gli immobili pubblici. E’ lo strumento ideale per andare a batter cassa dalle banche. Arrivano così i 35 milioni da Monte dei Paschi. Nello stesso anno, poi, Ama crea la società Rete srl. Lo scopo di Rete è quello di costruttore e di venditore dei servizi. Opererà fino al 2010, quando l’amministrazione decide di inglobarla in Ama, trasferendo il know how in Api. Molte ombre, dunque. Tanto che nel blitz del 20 gennaio scorso la Guardia di finanza ha sequestrato ben 1.400 faldoni della società Ama.

Fin dall’inizio, il progetto del Teleriscaldamento solleva molti dubbi. A partire dallo stesso business plan. L’intero progetto, infatti, viene affidato allo studio dell’ingegnere Vito Ancora, pugliese classe ’66. Non uno qualsiasi, visto che Ancora, già nel 2006 risulta ricoprire l’incarico di responsabile tecnico sia in Ama che in Rete, esattamente le società cui il comune ha affidato l’opera del teleriscaldamento e che a loro volta appaltano la progettazione allo studio Ancora. Fino al 2013 Vito Ancora risultava ancora negli assetti societari di Ama, mentre il suo ruolo in Rete è terminato nel 2011 contestualmente alla chiusura della società poi inglobata in Ama. Insomma, un elementare conflitto d’interessi. Con lo studio Ancora che fattura oltre un milione di euro ad Api “in merito alla progettazione, direzione lavori (…) e lo sviluppo della rete del teleriscaldamento nel comune di Rozzano”. Questo si legge nella lettera che il 15 ottobre 2013 lo studio legale Ditto, per conto di Ancora, invia ad Api chiedendo il pagamento di fatture per 1.342.487 euro. Dal 2010, l’ingegnere, laureato al Politecnico di Milano nel 1992, ricopre la carica capogruppo Pd nel consiglio comunale di Segrate.

E dopo il business plan, ecco i fornitori. Uno su tutti: la Sauter italia, controllante della Sauter energia e servizi Milano srl. Quest’ultima società, chiusa nel gennaio 2012 e inglobata in Sauter spa, nasce nel 2007. Tra i soci, nel 2013, compare Vito Ancora e la signora Laura Tesse, moglie dell’allora sindaco di Rozzano Massimo D’Avolio. In quel periodo la Sauter Italia fornisce ad Ama strumenti per i controlli elettronici del teleriscaldamento. “Il tutto – si legge nell’esposto depositato in Procura – senza che il sindaco abbia mai relazionato al consiglio comunale in merito alle scelte gestionali di merito”. La società Viessman, invece, ha fornito le caldaie. Nel 2010 sia Viessman sia Sauter comparivano nelle locandine che sponsorizzavano le iniziative del Partito democratico. Il teleriscaldamento, naturalmente, non è un progetto sbagliato alla base. Tutt’altro. Il problema nel caso di Rozzano, oltre agli incarichi societari sotto l’ombrello del Partito democratico, è stato un calcolo commerciale sbagliato. In sostanza durante i lavori si sono tirati i tubi della rete in luoghi e aree dove il teleriscaldamento non potrà mai essere allacciato. Uno dei motivi generali è stata la forte crisi immobiliare che ha bloccato le speculazioni delle cooperative locali.

Questo, assieme a un contratto con Aler di dubbia efficacia, ha sbilanciato il rapporto economico tra investimenti e ricavi. E così la semestrale di Api del luglio 2013 ha calcolato un rosso di 47.403.580 di euro. Di questi, oltre al dovuto a Monte dei Paschi, ci sono 2.720.539 di debiti tributari. Da qui la messa in liquidazione nel dicembre del 2013. Qualche settimana prima, il 4 dicembre 2013, l’assemblea dei soci andò deserta. Di fatto il sindaco non si presentò. In quella sede fu ribadito che “alla data odierna la situazione finanziaria non presenta alcun miglioramento” e che “lo stato societario non ha più le condizioni operative per la sua continuità aziendale”. Tre giorni dopo, il 7 novembre, il presidente del Collegio dei revisori comunicò al sindaco le dimissioni in massa del Consiglio di amministrazione di Api.

Alla vicenda giudiziaria, infine, si affianca la polemica interna al Pd, tutta legata a Vito Ancora. Nel novembre scorso, infatti, David Gentili, consigliere comunale del Pd, nonché presidente della commissione antimafia di palazzo Marino, scrive una mail al segretario metropolitano del Pd. “Ti scrivo a nome anche dell’area tematica legalità per sollecitare una tua riflessione sulla possibile candidatura di Ancora a sindaco di Segrate. In particolare ti pongo alcune domande in merito a notizie a me giunte su un possibile conflitto d’interessi che lo avrebbe visto coinvolto. Intrecci, che se fossero confermati renderebbero inopportuno e rischioso candidare proprio Vito Ancora a sindaco di Segrate”. Risultato: Ancora farà un passo indietro.

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