Il viaggio a Cutro nel 2009 nella cittadina del boss Nicolino Grande Aracri, e soprattutto l’incontro con il prefetto antimafia insieme ai rappresentanti della comunità cutrese. Era il 17 ottobre 2012 quando i pm della Dda di Bologna sentivano, come persona informata sui fatti, Graziano Delrio, allora sindaco di Reggio Emilia, nell’ambito della maxi-inchiesta della procura di Bologna sulla ‘ndrangheta che ha portato all’arresto di 117 persone a fine gennaio. L’attuale sottosegretario alla presidenza del consiglio, braccio destro del presidente del Consiglio Matteo Renzi era stato convocato perché chiarisse i suoi rapporti con la vasta comunità calabrese trapiantata nel reggiano, originaria in prevalenza dal paese in provincia di Crotone, il ruolo dei cutresi nell’economia e nella politica cittadina e il loro atteggiamento rispetto alle pressioni della ‘ndrangheta sulle attività economiche.
Delrio, va sottolineato, non è indagato nell’inchiesta Aemilia. Dai verbali emerge però alcuni tentennamenti da parte dell’attuale sottosegretario nell’affrontare il tema e – stando a quanto dichiara – una conoscenza approssimativa del fenomeno che cozza un po’ con la sua fama di sindaco consapevole e attivo sul fronte dell’antimafia. Era stata proprio la sua amministrazione a commissionare a Enzo Ciconte, uno dei massimi esperti di criminalità organizzata, lo studio “Le dinamiche criminali a Reggio Emilia“, pubblicato nel 2008 e ancora oggi disponibile sul sito del Comune, dove lo studioso citava diversi elementi poi confermati dall’inchiesta Aemilia; l’ascesa criminale di Nicolino Grande Aracri e la penetrazione nell’economia e in particolare nell’edilizia: “Gli ‘ndranghetisti sono stati in grado di condizionare vita ed attività economica di altri imprenditori e commercianti”, scriveva Ciconte sette anni fa, “di costituire società edili in grado di raccogliere appalti da altri imprenditori e di mettere in piedi un sofisticato sistema di false fatturazioni”.
Durante l’audizione i pm vogliono sapere di più sull’incontro in Prefettura con esponenti della comunità cutrese, avvenuto, probabilmente nel 2011. Da alcuni mesi il prefetto Antonella De Miro aveva iniziato a colpire con provvedimenti interdittivi le imprese considerate infiltrate dalla ‘ndrangheta, che quindi perdevano commesse. Delrio racconta di avere raccolto i timori di alcuni esponenti della comunità cutrese su una criminalizzazione della loro gente. “Li ho accompagnati perché il prefetto potesse spiegare le ragioni…”, si legge nel verbale di quella audizione, “perché avessero garanzie che in tutto questo non c’era una vena anti-meridionalista o discriminatoria nei confronti della comunità”. Poi aggiunge una curiosa precisazione sul fatto che tutto gli appariva “superfluo perché il prefetto viene dalla Sicilia”. Nell’inchiesta Aemilia, alcuni degli imprenditori calabresi arrestati sono stati accusati di aver organizzato una campagna di stampa contro lo spesso prefetto, basata proprio sulla presunta discriminazione dei calabresi, e per questo è finito in carcere un giornalista ritenuto compiacente, Marco Gibertini di Telereggio.
L’allora sindaco Pd di Reggio Emilia non ricorda con certezza chi erano gli esponenti della comunità con lui in quell’occasione. Sicuramente c’era l’allora consigliere Pd Salvatore Scarpino. Poi, ma senza certezza, Delrio fa il nome di Antonio Olivo, altro consigliere comunale del Pd. E ancora cita, ma anche in questo caso senza sicurezza, Rocco Gualtieri, consigliere comunale del Pdl. Gualtieri era tra i presenti all’ormai famosa cena organizzata dalla comunità calabrese al ristorante “Antichi Sapori”, durante la quale i il capogruppo Pdl in Provincia Giuseppe Pagliani, poi arrestato nell’operazione Aemilia, incontrò personaggi indicati come capi della organizzazione mafiosa.
Altro argomento toccato dai magistrati, il viaggio di Delrio a Cutro, avvenuto poche settimane prima delle elezioni comunali 2009, quando il primo cittadino uscente si era ricandidato per un secondo mandato. Già ai tempi tra gli oppositori politici ci fu chi vide in quella trasferta in terra di ‘ndrangheta un viaggio per influenzare i voti delle migliaia di cutresi emigrati da decenni a Reggio. Delrio però fin da allora aveva sempre parlato solo di un viaggio istituzionale. Così fa anche coi pm: “Sono andato a Cutro nel 2009 in occasione della festa del Santo Crocefisso che è una festa religiosa molto importante a Cutro. Noi abbiamo un gemellaggio”. Per Delrio niente di strano, tanto che spiega ai magistrati che probabilmente ci sarebbe tornato anche l’anno successivo. A questo punto però i pm fanno notare all’attuale numero due di Palazzo Chigi che Cutro è la città di Nicolino Grande Aracri. “So che esiste Grande Aracri. Nicola non… non lo avevo realizzato”. Poi Delrio prosegue: “Non sapevo che era originario di Cutro. Sapevo che era calabrese, ma non sapevo che fosse originario di Cutro. Perché abita lì nel centro di Cutro? No, io non lo sapevo”. Una più attenta lettura della relazione commissionata dal suo stesso Comune avrebbe colmato la lacuna su un personaggio considerato da anni incontrastato numero uno della ‘ndrangheta in Emilia.
Il sostituto procuratore della direzione nazionale antimafia Roberto Pennisi (che assieme, a procuratore di Bologna Roberto Alfonso e al sostituto Marco Mescolini, ha condotto le indagini) subito ribatte: “Che tutta diciamo così, la criminalità organizzata proveniente da Cutro oggi si ispiri a Nicola Grande Aracri, penso che lo sappia anche lei se ha letto i giornali relativi agli interventi del prefetto”. All’osservazione del pm Pennisi, Delrio sembra tentennare: “Sì, no, però io ho risposto alla sua domanda. Se lei mi chiede: ‘Sa che Grande Aracri è nativo di Cutro?’ La mia risposta è non lo so, non ne sono sicuro, cioè non lo ricordo francamente. So che è collegato alla ‘ndrangheta legata … diciamo… anche a Cutro”.
Quando i pm chiedono se parlasse mai con la comunità cutrese del clima di omertà che c’era sui temi della criminalità organizzata, Graziano Delrio spiega di averlo detto ripetutamente e di avere spiegato ai cutresi che il rischio di non denunciare può portare a pericolose generalizzazioni. Tuttavia, spiega Delrio, “c’è una specie di reticenza a denunciare e a esporsi, come le ho detto prima, io ne sono consapevole che c’è questa reticenza”.
I pm incalzano Delrio i diversi passaggi, ma agli atti gli riconoscono di avere reagito “in modo duro e molto chiaro” in occasione della pubblicazione di articoli che tendevano a sminuire il problema della ‘ndrangheta a Reggio. Nonostante questo, venerdì 6 febbraio il Movimento 5 stelle in parlamento chiederà le dimissioni da sottosegretario di Delrio perché da sindaco avrebbe dimostrato “sottovalutazione e leggerezza nell’affrontare un tema così delicato”.
di Mario Portanova e David Marceddu