Il gip di Bologna ha accolto la richiesta di archiviazione, avanzata dalla locale Procura, per l’inchiesta a carico del presidente della Regione Emilia Romagna Stefano Bonaccini. Il governatore era stato indagato, insieme ad altri 40 consiglieri di Viale Aldo Moro, nell’ambito dell’inchiesta ‘spese pazze’ in Regione, per una spesa di circa 4 mila euro, rimborsati nell’arco di due anni e oggetto di accertamenti da parte della magistratura.
Lo stesso Bonaccini nei mesi scorsi aveva chiarito la congruità delle spese in questione, davanti ai pm Morena Plazzi e Antonella Scandellari, titolari dell’inchiesta che ipotizzava per tutti gli indagati il reato di peculato. In seguito all’audizione di Bonaccini, la Procura aveva fatto istanza di archiviazione, ora accolta. “Siamo ampiamente soddisfatti”, ha commentato l’avvocato di Bonaccini Vittorio Manes, “ma per ulteriori valutazioni aspettiamo di leggere il provvedimento nel merito”. La decisione del Gip “è una prima conferma”, ha sostenuto il Procuratore aggiunto e portavoce della Procura di Bologna Valter Giovannini, “della correttezza dell’impostazione del lavoro fatto dalla Procura che ha sempre distinto le diverse posizioni tra gli indagati”.
Le voci di spesa che erano state contestate a Bonaccini “non appaiono, di per sé, oggettivamente incompatibili, per tipologia ed entità, con l’attività consiliare”, scrive il gip Domenico Panza, nell’ultima delle quattro pagine del decreto di archiviazione per il presidente della Regione Emilia-Romagna. Il giudice, che cita molte delle osservazioni dei pm, a cui si richiama, prosegue dicendo che “posto che il rimborso fu richiesto in conformità alle procedure – per il vero a suo tempo non particolarmente rigorose – di controllo interno, la negligente specificazione dei singoli contesti cui ciascuna di esse ineriva, se può indurre qualche dubbio e fondare una possibile responsabilità contabile, non può certo costituire, di per sé, prova positiva di una effettiva distrazione delle somme rimborsate”.
Anche le spese di ristorazione, 3.902 euro su 4.147 contestati, non sono per il gip incompatibili con l’attività: tali spese “nemmeno esorbitanti, se singolarmente considerate, ben possono considerarsi suscettibili di connessione con la predetta attività, non soggetta a vincoli di orario o di luogo“. Per il giudice, insomma, la posizione di Bonaccini va archiviata, rilevato che “la notizia di reato appare infondata e che, comunque, gli elementi acquisiti nel corso delle indagini non appaiono idonei a sostenere l’accusa in giudizio, difettando la prova, quanto meno sufficiente, dell’elemento materiale e, comunque, di quello psicologico del peculato”.