“Dimissioni”. “Indegno”. “Parole inaccettabili”. Ma non abbastanza perché il senatore sia perseguibile per istigazione all’odio razziale. Quando nell’estate del 2013 Roberto Calderoli disse che Cécile Kyenge gli ricorda “un orango”, i partiti indignati chiesero che il leghista lasciasse la sua poltrona in Parlamento. E’ passato più di un anno dall’ondata di indignazione collettiva, e ora a difendere il parlamentare sono Pd, Ncd, Lega Nord, Forza Italia e Autonomie. Tutti compatti, tranne il Movimento 5 Stelle (anche se la senatrice grillina Fucksia ha detto di essere d’accordo con la maggioranza). “Spesso nella satira si paragonano persone ad animali, senza che tali circostanze diano luogo a fattispecie criminose”, ha detto in Giunta per le elezioni e le immunità il senatore Pd Giuseppe Cucca motivando il suo voto contrario. E ha aggiunto: “Le parole pronunciate da Calderoli vanno valutate nell’ambito di un particolare contesto di critica politica”. Per Claudio Moscardelli, sempre del Partito democratico, il caso è infondato: “Le accuse relative alle incitazioni all’odio razziale risultano infondate, visto anche il contesto politico nel quale le frasi in questione sono state pronunciate e la configurazione del movimento della Lega, nel cui ambito operano anche diverse persone di colore”.
Eppure, basterebbe tornare indietro di qualche mese. Era il luglio 2013 e l’intero Parlamento scese in piazza in difesa del ministro Kyenge. L’allora presidente del Consiglio Pd Enrico Letta, l’ex Capo dello Stato Giorgio Napolitano, ma anche Luigi Zanda e Angela Finocchiaro del Pd o Micaela Biancofiore di Forza Italia. Tutti compatti contro “l’imbarbarimento della vita civile”. Poi, a distanza di più di un anno, qualcosa deve essere successo: i partiti compatti hanno votato contro la relazione di Vito Crimi (M5S). “E’ triste che il Pd non mi difenda”, ha commentato in un’intervista a Repubblica l’eurodeputata Kyenge. Il capogruppo in giunta Cucca ha voluto precisare che non dovevano esprimere un giudizio politico, ma giuridico: “La condanna politica è stata più volte espressa pubblicamente, con parole forti e nette. Ci sono gli estremi del reato di diffamazione, perseguibile solo a querela di parte che però non è stata presentata. E’ stata contestata anche l’istigazione all’odio razziale che invece è perseguibile d’Ufficio. La Giunta ha ritenuto che la fattispecie dell’istigazione all’odio razziale non sussistesse”.
Insomma per i parlamentari quell’uscita di Calderoli non è stata “razzista”, al massimo una battuta giustificata dal contesto. “La Lega”, si è giustificato Carlo Giovanardi (Ncd), “ha nel proprio ambito sindaci e amministratori locali di colore e conseguentemente l’accusa di razzismo è del tutto priva di fondamento”. Il senatore Lucio Malan ha invece tirato in causa l’articolo 21 della Costituzione che difende la libertà di pensiero: “Calderoli”, si legge nei verbali, “nell’ambito di un comizio politico, ha svolto delle critiche rispetto agli indirizzi politici per le immigrazioni seguiti dal ministro Kyenge, effettuando altresì talune battute a scopo satirico. Non vi è stata nessuna offesa personale. La scelta del magistrato di ravvisare una fattispecie di istigazione all’odio razziale risulta del tutto infondata ed è frutto di un pregiudizio culturale, atteso che se un cittadino di nazionalità europea fosse stato paragonato ad una scimmia nessuno avrebbe ravvisato un reato di tale tipo. Il magistrato non ha poi tenuto conto che un politico ha diritto di fare battute umoristiche, atteso che queste rientrano nel diritto di manifestazione del proprio pensiero di cui all’articolo 21 della Costituzione”.
Calderoli nella lunga estate dello scandalo aveva però provocato la condanna addirittura del presidente della Repubblica: “Episodi come questo sono il sintomo dell’imbarbarimento della vita civile”. Poi era stato il turno del presidente del Consiglio Enrico Letta che su Twitter aveva scritto: “Avanti Cecile col tuo lavoro! Siamo con te. Inaccettabili oltre ogni limite le parole di Calderoli”. Non era mancato nemmeno l’intervento dell’allora come oggi ministro dell’Interno Angelino Alfano: “Nessuna differenza politica né di opinione su singoli argomenti può mai giustificare quello che è accaduto. Voglio esprimere piena solidarietà e forte vicinanza, da parte dei colleghi di governo del Popolo della Libertà e dell’intero partito, per le ingiuriose parole ricevute”. Poi erano arrivate le condanne compatte del Partito democratico. Il segretario Pd Guglielmo Epifani disse: “Calderoli accetti un consiglio, si dimetta”. Ed era partita addirittura la petizione di Kalid Chaouki per chiedere a Calderoli di andarsene.
Politica
“Kyenge come un orango”. Voleva le sue dimissioni, ora il Pd sta con Calderoli
Nel 2013 durante un comizio Calderoli aveva definito "orango" il ministro per l'integrazione e i partiti chiesero le sue dimissioni. Ora la giunta per le elezioni ha deciso che non è perseguibile per istigazione all'odio razziale. Cucca (Pd): "Spesso nella satira si paragonano le persone agli animali"
“Dimissioni”. “Indegno”. “Parole inaccettabili”. Ma non abbastanza perché il senatore sia perseguibile per istigazione all’odio razziale. Quando nell’estate del 2013 Roberto Calderoli disse che Cécile Kyenge gli ricorda “un orango”, i partiti indignati chiesero che il leghista lasciasse la sua poltrona in Parlamento. E’ passato più di un anno dall’ondata di indignazione collettiva, e ora a difendere il parlamentare sono Pd, Ncd, Lega Nord, Forza Italia e Autonomie. Tutti compatti, tranne il Movimento 5 Stelle (anche se la senatrice grillina Fucksia ha detto di essere d’accordo con la maggioranza). “Spesso nella satira si paragonano persone ad animali, senza che tali circostanze diano luogo a fattispecie criminose”, ha detto in Giunta per le elezioni e le immunità il senatore Pd Giuseppe Cucca motivando il suo voto contrario. E ha aggiunto: “Le parole pronunciate da Calderoli vanno valutate nell’ambito di un particolare contesto di critica politica”. Per Claudio Moscardelli, sempre del Partito democratico, il caso è infondato: “Le accuse relative alle incitazioni all’odio razziale risultano infondate, visto anche il contesto politico nel quale le frasi in questione sono state pronunciate e la configurazione del movimento della Lega, nel cui ambito operano anche diverse persone di colore”.
Eppure, basterebbe tornare indietro di qualche mese. Era il luglio 2013 e l’intero Parlamento scese in piazza in difesa del ministro Kyenge. L’allora presidente del Consiglio Pd Enrico Letta, l’ex Capo dello Stato Giorgio Napolitano, ma anche Luigi Zanda e Angela Finocchiaro del Pd o Micaela Biancofiore di Forza Italia. Tutti compatti contro “l’imbarbarimento della vita civile”. Poi, a distanza di più di un anno, qualcosa deve essere successo: i partiti compatti hanno votato contro la relazione di Vito Crimi (M5S). “E’ triste che il Pd non mi difenda”, ha commentato in un’intervista a Repubblica l’eurodeputata Kyenge. Il capogruppo in giunta Cucca ha voluto precisare che non dovevano esprimere un giudizio politico, ma giuridico: “La condanna politica è stata più volte espressa pubblicamente, con parole forti e nette. Ci sono gli estremi del reato di diffamazione, perseguibile solo a querela di parte che però non è stata presentata. E’ stata contestata anche l’istigazione all’odio razziale che invece è perseguibile d’Ufficio. La Giunta ha ritenuto che la fattispecie dell’istigazione all’odio razziale non sussistesse”.
Insomma per i parlamentari quell’uscita di Calderoli non è stata “razzista”, al massimo una battuta giustificata dal contesto. “La Lega”, si è giustificato Carlo Giovanardi (Ncd), “ha nel proprio ambito sindaci e amministratori locali di colore e conseguentemente l’accusa di razzismo è del tutto priva di fondamento”. Il senatore Lucio Malan ha invece tirato in causa l’articolo 21 della Costituzione che difende la libertà di pensiero: “Calderoli”, si legge nei verbali, “nell’ambito di un comizio politico, ha svolto delle critiche rispetto agli indirizzi politici per le immigrazioni seguiti dal ministro Kyenge, effettuando altresì talune battute a scopo satirico. Non vi è stata nessuna offesa personale. La scelta del magistrato di ravvisare una fattispecie di istigazione all’odio razziale risulta del tutto infondata ed è frutto di un pregiudizio culturale, atteso che se un cittadino di nazionalità europea fosse stato paragonato ad una scimmia nessuno avrebbe ravvisato un reato di tale tipo. Il magistrato non ha poi tenuto conto che un politico ha diritto di fare battute umoristiche, atteso che queste rientrano nel diritto di manifestazione del proprio pensiero di cui all’articolo 21 della Costituzione”.
Calderoli nella lunga estate dello scandalo aveva però provocato la condanna addirittura del presidente della Repubblica: “Episodi come questo sono il sintomo dell’imbarbarimento della vita civile”. Poi era stato il turno del presidente del Consiglio Enrico Letta che su Twitter aveva scritto: “Avanti Cecile col tuo lavoro! Siamo con te. Inaccettabili oltre ogni limite le parole di Calderoli”. Non era mancato nemmeno l’intervento dell’allora come oggi ministro dell’Interno Angelino Alfano: “Nessuna differenza politica né di opinione su singoli argomenti può mai giustificare quello che è accaduto. Voglio esprimere piena solidarietà e forte vicinanza, da parte dei colleghi di governo del Popolo della Libertà e dell’intero partito, per le ingiuriose parole ricevute”. Poi erano arrivate le condanne compatte del Partito democratico. Il segretario Pd Guglielmo Epifani disse: “Calderoli accetti un consiglio, si dimetta”. Ed era partita addirittura la petizione di Kalid Chaouki per chiedere a Calderoli di andarsene.
Articolo Precedente
Riforme, dopo Mattarella un ministero: il piano Renzi per far votare la sinistra Pd
Articolo Successivo
Riforme, Renzi: “Voti anche senza Fi. Anche se rompe rispettiamo Berlusconi”
Gentile lettore, la pubblicazione dei commenti è sospesa dalle 20 alle 9, i commenti per ogni articolo saranno chiusi dopo 72 ore, il massimo di caratteri consentito per ogni messaggio è di 1.500 e ogni utente può postare al massimo 150 commenti alla settimana. Abbiamo deciso di impostare questi limiti per migliorare la qualità del dibattito. È necessario attenersi Termini e Condizioni di utilizzo del sito (in particolare punti 3 e 5): evitare gli insulti, le accuse senza fondamento e mantenersi in tema con la discussione. I commenti saranno pubblicati dopo essere stati letti e approvati, ad eccezione di quelli pubblicati dagli utenti in white list (vedere il punto 3 della nostra policy). Infine non è consentito accedere al servizio tramite account multipli. Vi preghiamo di segnalare eventuali problemi tecnici al nostro supporto tecnico La Redazione
Mondo
Raid russi contro infrastrutture energetiche: Kiev risponde usando per la prima volta i jet francesi. Zelensky in Sudafrica il 10 aprile
Zonaeuro
L’assalto all’Ue dei lobbisti delle armi: 18 incontri con i commissari nei primi tre mesi del von der Leyen II. E il budget dei gruppi di pressione fa +40% in un anno
Mondo
Ucraina, Mattarella: “Una pace basata sulla prepotenza non durerebbe”. Anche l’Italia al vertice di Parigi: “Si parlerà di invio di truppe”
Roma, 7 mar. (Adnkronos) - Esperti e stakeholder del settore energetico si sono riuniti ieri mattina a Key, in occasione del convegno 'Accelerating Sustainable Electrification: Key to Economic and Social Development on the African Continent' curato da Res4Africa Foundation, per parlare del ruolo fondamentale dell'elettrificazione nella trasformazione socioeconomica dell'Africa. Con una popolazione prevista di 2,5 miliardi entro il 2050, il continente deve prepararsi per affrontare una crescente domanda di energia, che richiede soluzioni urgenti e sostenibili.
La conferenza, organizzata in due panel, ha evidenziato la necessità di uno sviluppo di energia rinnovabile su larga scala, di modernizzazione delle reti elettriche e di investimenti in soluzioni per l’accumulo di energia, in modo da garantire l'accesso universale a un'elettricità affidabile, sicura e conveniente.
Oltre alle discussioni, le delegazioni africane presenti hanno avuto l'opportunità di esplorare le soluzioni innovative presenti a Key, rafforzando ulteriormente le collaborazioni pubblico-private volte all'elettrificazione sostenibile.
“I porti e le infrastrutture costiere rivestono un ruolo fondamentale per lo sviluppo dei progetti di energia rinnovabile offshore, poiché rappresentano il punto di partenza e di supporto logistico per la costruzione, l'installazione e la manutenzione degli impianti”. È quanto ha dichiarato ieri mattina Fulvio Mamone Capria, presidente di Aero, Associazione delle Energie Rinnovabili Offshore, al termine del convegno 'Portualità, logistica, trasporti e filiera industriale per l’eolico offshore in Italia'.
I porti sono destinati a diventare sempre di più hub dell’energia, capaci di garantire l'efficienza e la sostenibilità delle operazioni, ma anche di favorire l'innovazione tecnologica e il coordinamento delle attività tra i diversi attori del settore. “L'adeguamento e il potenziamento delle infrastrutture portuali sono determinanti per ridurre i costi e migliorare la competitività delle energie rinnovabili marine, rendendo i progetti più scalabili e accessibili”, ha continuato Mamone.
Il decreto ministeriale sui porti permetterà di semplificare gli investimenti e incentivare la creazione di un'infrastruttura solida e ben collegata.
Roma, 7 mar. (Adnkronos) - Esperti e stakeholder del settore energetico si sono riuniti ieri mattina a Key, in occasione del convegno 'Accelerating Sustainable Electrification: Key to Economic and Social Development on the African Continent' curato da Res4Africa Foundation, per parlare del ruolo fondamentale dell'elettrificazione nella trasformazione socioeconomica dell'Africa. Con una popolazione prevista di 2,5 miliardi entro il 2050, il continente deve prepararsi per affrontare una crescente domanda di energia, che richiede soluzioni urgenti e sostenibili.
La conferenza, organizzata in due panel, ha evidenziato la necessità di uno sviluppo di energia rinnovabile su larga scala, di modernizzazione delle reti elettriche e di investimenti in soluzioni per l’accumulo di energia, in modo da garantire l'accesso universale a un'elettricità affidabile, sicura e conveniente.
Oltre alle discussioni, le delegazioni africane presenti hanno avuto l'opportunità di esplorare le soluzioni innovative presenti a Key, rafforzando ulteriormente le collaborazioni pubblico-private volte all'elettrificazione sostenibile.
“I porti e le infrastrutture costiere rivestono un ruolo fondamentale per lo sviluppo dei progetti di energia rinnovabile offshore, poiché rappresentano il punto di partenza e di supporto logistico per la costruzione, l'installazione e la manutenzione degli impianti”. È quanto ha dichiarato ieri mattina Fulvio Mamone Capria, presidente di Aero, Associazione delle Energie Rinnovabili Offshore, al termine del convegno 'Portualità, logistica, trasporti e filiera industriale per l’eolico offshore in Italia'.
I porti sono destinati a diventare sempre di più hub dell’energia, capaci di garantire l'efficienza e la sostenibilità delle operazioni, ma anche di favorire l'innovazione tecnologica e il coordinamento delle attività tra i diversi attori del settore. “L'adeguamento e il potenziamento delle infrastrutture portuali sono determinanti per ridurre i costi e migliorare la competitività delle energie rinnovabili marine, rendendo i progetti più scalabili e accessibili”, ha continuato Mamone.
Il decreto ministeriale sui porti permetterà di semplificare gli investimenti e incentivare la creazione di un'infrastruttura solida e ben collegata.
(Adnkronos) - Stefano Conti è un uomo libero. L'Adnkronos può rivelare che al processo a Panama City sono cadute tutte le accuse. Raggiunto al telefono, Andrea Di Giuseppe, il parlamentare di Fratelli d'Italia eletto nella Circoscrizione Centro e Nord America, festeggia il risultato raggiunto dopo oltre due anni: "Dieci minuti fa ho parlato con il padre, si è commosso alla notizia che Stefano era finalmente stato prosciolto. Ha passato oltre 400 giorni in una delle peggiori galere del mondo, un luogo che non si riesce neanche a immaginare, e senza nessuna condanna, ma solo per una carcerazione preventiva in attesa di un processo che sembrava non arrivare mai. Ma insieme alla Farnesina e all'ambasciata, ho fatto di tutto per fargli ridurre la misura cautelare e farlo stare in una condizione meno disumana. L'anno scorso siamo riusciti a fargli avere i domiciliari, oggi la notizia più bella. Una grande vittoria per il nostro Paese".
Stefano Conti è un trader brianzolo di 40 anni, che per oltre due anni è stato accusato di tratta di esseri umani a scopo sessuale. Rischiava una condanna fino a 30 anni di reclusione, nonostante le presunte vittime avessero ritrattato le accuse, sostenendo di aver subito pressioni dalla polizia panamense.
Conti ha anche pubblicato un libro intitolato 'Ora parlo io: 423 giorni nell'inferno di Panama', in cui racconta la sua esperienza nel carcere panamense e ribadisce la sua innocenza. Il libro è uscito a dicembre scorso, in attesa dell'inizio del processo.
Andrea Di Giuseppe ha partecipato alle udienze preliminari, "non per influire sul merito della vicenda", spiega all'Adnkronos, ma per fargli avere il giusto processo che qualunque essere umano merita. Ho coinvolto la comunità italiana, ho parlato con i politici panamensi, sono stato accanto a lui davanti al giudice, per far capire al sistema giudiziario che quell'uomo non era solo, ma aveva accanto a sé il suo Paese”.
Conti "rimarrà ancora a Panama fino al 4 aprile, per motivi burocratici, ma appena avrà tutti i documenti in ordine potrà tornare in Italia", aggiunge il deputato italiano. Che non ha finito quella che è diventata una sorta di missione. "Dopo aver aiutato a liberare i due italiani in Venezuela, e dopo il più famoso caso di Chico Forti, il prossimo per cui mi impegnerò è l'ingegner Maurizio Cocco, rinchiuso in Costa d’Avorio da oltre due anni. Ne sentirete parlare presto". Sì perché gli italiani rinchiusi all'estero sono circa duemila, "e molti di questi sono in stato di carcerazione preventiva. Dei conti di Montecristo dimenticati da tutti. Ma ora il nostro governo, grazie anche all'azione dei sottosegretari agli Esteri Silli e Cirielli, e ovviamente all'attivismo della premier Meloni, sta finalmente affrontando questi casi. Non sono più dei fantasmi, ma dei nostri connazionali che devono poter avere tutta l'assistenza legale, politica e umana che possiamo dargli. È solo l'inizio. L'Italia sta contando e pesando di più nel mondo", conclude Di Giuseppe. (Di Giorgio Rutelli)
(Adnkronos) - Stefano Conti è un uomo libero. L'Adnkronos può rivelare che al processo a Panama City sono cadute tutte le accuse. Raggiunto al telefono, Andrea Di Giuseppe, il parlamentare di Fratelli d'Italia eletto nella Circoscrizione Centro e Nord America, festeggia il risultato raggiunto dopo oltre due anni: "Dieci minuti fa ho parlato con il padre, si è commosso alla notizia che Stefano era finalmente stato prosciolto. Ha passato oltre 400 giorni in una delle peggiori galere del mondo, un luogo che non si riesce neanche a immaginare, e senza nessuna condanna, ma solo per una carcerazione preventiva in attesa di un processo che sembrava non arrivare mai. Ma insieme alla Farnesina e all'ambasciata, ho fatto di tutto per fargli ridurre la misura cautelare e farlo stare in una condizione meno disumana. L'anno scorso siamo riusciti a fargli avere i domiciliari, oggi la notizia più bella. Una grande vittoria per il nostro Paese".
Stefano Conti è un trader brianzolo di 40 anni, che per oltre due anni è stato accusato di tratta di esseri umani a scopo sessuale. Rischiava una condanna fino a 30 anni di reclusione, nonostante le presunte vittime avessero ritrattato le accuse, sostenendo di aver subito pressioni dalla polizia panamense.
Conti ha anche pubblicato un libro intitolato 'Ora parlo io: 423 giorni nell'inferno di Panama', in cui racconta la sua esperienza nel carcere panamense e ribadisce la sua innocenza. Il libro è uscito a dicembre scorso, in attesa dell'inizio del processo.
Andrea Di Giuseppe ha partecipato alle udienze preliminari, "non per influire sul merito della vicenda", spiega all'Adnkronos, ma per fargli avere il giusto processo che qualunque essere umano merita. Ho coinvolto la comunità italiana, ho parlato con i politici panamensi, sono stato accanto a lui davanti al giudice, per far capire al sistema giudiziario che quell'uomo non era solo, ma aveva accanto a sé il suo Paese”.
Conti "rimarrà ancora a Panama fino al 4 aprile, per motivi burocratici, ma appena avrà tutti i documenti in ordine potrà tornare in Italia", aggiunge il deputato italiano. Che non ha finito quella che è diventata una sorta di missione. "Dopo aver aiutato a liberare i due italiani in Venezuela, e dopo il più famoso caso di Chico Forti, il prossimo per cui mi impegnerò è l'ingegner Maurizio Cocco, rinchiuso in Costa d’Avorio da oltre due anni. Ne sentirete parlare presto". Sì perché gli italiani rinchiusi all'estero sono circa duemila, "e molti di questi sono in stato di carcerazione preventiva. Dei conti di Montecristo dimenticati da tutti. Ma ora il nostro governo, grazie anche all'azione dei sottosegretari agli Esteri Silli e Cirielli, e ovviamente all'attivismo della premier Meloni, sta finalmente affrontando questi casi. Non sono più dei fantasmi, ma dei nostri connazionali che devono poter avere tutta l'assistenza legale, politica e umana che possiamo dargli. È solo l'inizio. L'Italia sta contando e pesando di più nel mondo", conclude Di Giuseppe. (Di Giorgio Rutelli)
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Più che le conclusioni del Consiglio europeo sembrano un bollettino di guerra, con i nostri governanti che, in un clima di ubriacatura collettiva, programmano una spesa straordinaria di miliardi su miliardi per armi, missili e munizioni. E la premier Meloni cosa dice? 'Riarmo non è la parola adatta' per questo piano. Si preoccupa della forma e di come ingannare i cittadini. Ma i cittadini non sono stupidi! Giorgia Meloni come lo vuoi chiamare questo folle programma che, anziché offrire soluzioni ai bisogni concreti di famiglie e imprese, affossa l’Europa della giustizia e della civiltà giuridica per progettare l’Europa della guerra?". Lo scrive Giuseppe Conte sui social.
"I fatti sono chiari: dopo 2 anni e mezzo di spese, disastri e fallimenti in Ucraina anziché chiedere scusa agli italiani, Meloni ha chiesto a Von der Leyen di investire cifre folli in armi e spese militari dopo aver firmato sulla nostra testa a Bruxelles vincoli e tagli sugli investimenti che ci servono davvero su sanità, energia, carovita, industria e lavoro. Potremmo trovarci a spendere oltre 30 miliardi aggiuntivi sulle armi mentre ne mettiamo 3 scarsi sul carobollette".
"Stiamo vivendo pagine davvero buie per l’Europa. I nostri governanti, dopo avere fallito con la strategia dell’escalation militare con la Russia, non hanno la dignità di ravvedersi, anzi rilanciano la propaganda bellica. La conclusione è che il blu di una bandiera di pace scolora nel verde militare. Dai 209 miliardi che noi abbiamo riportato in Italia dall'Europa per aziende, lavoro, infrastrutture, scuole e asili nido, passiamo a montagne di soldi destinati alle armi".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Much appreciated". Lo scrive Elon Musk su X commentando un post in cui si riporta la posizione della Lega e di Matteo Salvini sul ddl Spazio e Starlink. Anche il referente in Italia del patron di Tesla, Andrea Stroppa, ringrazia via social Salvini: "Grazie al vice PdC Matteo Salvini per aver preso posizione pubblicamente".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - Gianfranco Librandi, presidente del movimento politico “L’Italia c’è”, ha smentito categoricamente le recenti affermazioni giornalistiche riguardanti una presunta “coalizione di volenterosi” per il finanziamento di Forza Italia. Librandi ha dichiarato: “Sono tutte fantasie del giornalista. Smentisco assolutamente di aver parlato di una coalizione di volenterosi che dovrebbero contribuire al finanziamento del partito”.