Si accende un barlume di speranza per i dipendenti dell’Unità in cassa integrazione straordinaria a zero ore, dopo che il quotidiano ha avviato la liquidazione a metà dello scorso giugno e ha sospeso le pubblicazioni dal primo agosto 2014. A far sperare i circa 80 lavoratori tra giornalisti, poligrafici e amministrativi è la decisione del tribunale fallimentare di Roma di rimettere in forse tutta l’operazione ideata dal Pd per vendere la sola testata a Guido Veneziani, editore dei periodici Vero, Stop e Top. Secondo il collegio dei giudici, la transazione si configura come una cessione di ramo d’azienda, quindi la testata non può essere ceduta separatamente dagli altri asset della casa editrice Nie in fallimento. E soprattutto bisogna che il compratore presenti alcune garanzie occupazionali per il futuro dei dipendenti. Il che significa che l’acquisizione non può andare avanti così com’è e Veneziani deve farsi carico almeno di una parte della forza lavoro, anche se l’editore di magazine non ha inserito finora nessuna indicazione nella sua offerta su quanto personale intenda riassumere.
Se poi, come riportato da Italia Oggi, Veneziani finirà per ritirarsi perché l’operazione è diventata per lui troppo gravosa economicamente, allora bisognerà ricominciare tutto daccapo cercando nuovi acquirenti. Ma in questi giorni è probabile che il Partito democratico s’incontri con l’editore di Vero e la redazione per raggiungere un accordo di massima da presentare direttamente ai giudici il prossimo 12 febbraio, quando sono state convocate in tribunale tutte le parti in causa. Tanto più che se l’operazione non andrà in porto non arriveranno neppure quei dieci milioni di euro che Veneziani ha promesso di versare. Dieci milioni per l’iniziale affitto della testata (con un canone di 90 mila euro al mese) e l’acquisizione definitiva che servono a soddisfare parte dei creditori (nemmeno tutti) della Nie, gravata da debiti totali per 30 milioni di euro.
Rimane infine il rischio che non si trovi né un compromesso con Veneziani né strade alternative. E che l’esito sia dunque il definitivo fallimento dell’Unità.
Dopo sei mesi di assenza dalle edicole, nella travagliata storia del giornale (così come in quella di altri quotidiani di partito, da Europa alla Padania) è dunque l’intervento dei giudici che apre uno spiraglio di speranza per i lavoratori e ribalta l’impostazione di tutta l’operazione architettata dal Pd, che dell’Unità è stato “il padre politico” in tutti e 90 gli anni di pubblicazione. E dire che a tutela dei lavoratori del giornale si era schierato il tesoriere del Pd Francesco Bonifazi “che a dicembre aveva annunciato un paragrafo aggiuntivo all’offerta Veneziani nel quale si esplicitava l’impegno ad avvalersi prioritariamente dei lavoratori della Nie, oggi in cassa integrazione straordinaria”, come ribadito da un comunicato del comitato di redazione, cioè il sindacato interno dei giornalisti. Ma di questa clausola non è mai stato reso noto il contenuto.