La situazione economica delle famiglie italiane continua a peggiorare. E le conseguenze si fanno sentire anche sulla capacità di far fronte a bisogni basilari come visite specialistiche e farmaci. Cresce la cosiddetta povertà sanitaria, cioè l’impossibilità di accedere a quella parte di cure che restano a carico dei cittadini perché il Sistema sanitario nazionale non le garantisce. Così aumentano sia il ricorso alle strutture sanitarie degli enti no profit, sia la necessità di medicine gratuite. Un aspetto indagato a fondo dal rapporto “Donare per curare”, realizzato dalla Fondazione Banco Farmaceutico con l’Osservatorio nazionale sulla donazione dei farmaci.
L’identikit dei beneficiari – Nel corso del 2014 i 1.576 enti convenzionati con il Banco farmaceutico hanno aiutato oltre 410mila indigenti, con un numero medio di 261 assistiti a struttura, distribuiti “per un terzo al nord ovest, per un quinto nel nord est e nel centro e per circa un decimo nel sud e nelle isole”. In prevalenza si tratta di uomini (il 51,2 per cento) e stranieri (56,3 per cento), specie al nord. Ma ad aver bisogno di farmaci gratis sono sempre di più i minori, soprattutto stranieri, che si attestano al 20,8 per cento, contro il 18,5 per cento della fascia dai 65 anni in su. Per quanto riguarda le patologie, il profilo epidemiologico tracciato in base ai medicinali distribuiti – oltre 875mila dosi giornaliere di farmaci erogate nel primo semestre 2014 – mette al primo posto le malattie dell’apparato respiratorio, seguite da quelle del sistema gastrointestinale, metabolico e cardiovascolare. “C’è una differenza rispetto alla media della popolazione europea, che soffre maggiormente di malattie cardiovascolari”, spiega Paolo Gradnik, presidente del Banco Farmaceutico onlus. “Tra le persone indigenti prevalgono quelle broncopolmonari, correlate probabilmente con le condizioni abitative. A questo poi si deve aggiungere il fatto che la scarsità di denaro non permette di curarsi precocemente con i farmaci di automedicazione. Così è più facile che ogni patologia si aggravi”.
Le patologie a rischio – Da non sottovalutare, poi, il fatto che determinate patologie, come quelle di natura psichiatrica (la cui incidenza negli ultimi decenni è aumentata e per la cura delle quali molti farmaci non sono coperti dal Ssn), oncologica e ginecologico-urologica, non riescono a essere curate dagli enti non profit, per mancanza di competenze adeguate e di farmaci. Questi casi di solito vengono diretti al pronto soccorso, a medici volontari o a centri specializzati.
La spesa per i farmaci aumenta – E la spesa per la salute se ne va quasi tutta in farmaci non coperti dall’assistenza pubblica. Le famiglie indigenti, infatti, a fronte di una spesa media mensile per i bisogni sanitari intorno ai 16 euro (dato relativo al 2012), hanno destinato 11,20 euro all’acquisto di medicinali. Cifre da confrontare con uscite pari a 93 euro, di cui 42,52 euro per farmaci, da parte delle famiglie non indigenti. “Il problema non è il costo del singolo farmaco – specifica Gradnik – quanto il fatto che il Servizio sanitario lascia scoperte aree importanti”. Inoltre c’è da considerare che, come certifica il rapporto, “la spesa per l’automedicazione (interamente a carico dei privati) è salita del 9 per cento”.
Enti, donazioni e volontari – La raccolta di farmaci da donare avviene attraverso tre canali principali: la Giornata della raccolta del farmaco, a cui nel 2014 ha partecipato il 19,7 per cento delle farmacie d’Italia per un totale di 360mila confezioni, le donazioni delle 23 aziende del settore convenzionate con il Banco, da cui nel primo semestre 2014 sono arrivate oltre 540mila confezioni, e il recupero di farmaci validi dai privati cittadini e dalle farmacie. La quantità di medicine raccolte è in crescita: nei primi sei mesi del 2014 ha raggiunto “l’intero livello del 2013”, per un valore di 6,7 milioni di euro. Rimangono però alcune criticità. Innanzitutto l’aumento dell’indice di povertà: se nel 2007 il Banco Farmaceutico era riuscito a coprire il 55 per cento delle richieste, nel 2013 solo il 44% della domanda è stato soddisfatto. Poi il fatto che non ci sia un quadro normativo definito rispetto alla donazione di farmaci, per cui manca una procedura standard. Infine il fatto che, rileva il Banco, l’industria non comprenda del tutto il ruolo positivo di donazioni sistematiche, che “non rappresentano un’interferenza con il proprio mercato”. “Servirebbe una presa di coscienza da parte di tutti i soggetti coinvolti”, conclude Gradnik. “Dobbiamo renderci conto che il sistema sanitario nazionale non basta. Bisogna ammettere che abbiamo bisogno del non profit e riconoscere il suo profilo specifico in campo sanitario, preservando le norme di tutela sanitaria, ma distinguendolo dagli aspetti commerciali”.