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Transessuali, storia di Martin che non voleva essere più donna: “Mi buttarono fuori di casa”

Ventuno anni, Martin Sanna è un transgender "f to m". A casa non la presero bene, ma ha trovato sostegno dai coetanei: "E' difficile parlare con altri di questo percorso, ma vale la pena: stai bene e ti senti più forte"

di Ilaria Lonigro

Le ha pagate a duro prezzo quelle basette che porta come trofei, quei baffi che indossa come medaglie. Martin Sanna, 21 anni, è un giovanissimo transgender “f to m”: nato come ragazza, è diventato un uomo. A casa non l’hanno presa bene. “La famiglia praticamente non ce l’ho. Mia mamma è morta quando ero piccolo e mio padre si è risposato con un’altra donna. Non mi trattavano bene, mi hanno buttato fuori di casa e adesso vivo in una struttura che mi ha accolto” racconta a ilfattoquotidiano.it un sabato pomeriggio nel Consultorio Transgenere “Tiziana Lorenzi” di Torre del Lago Puccini (in provincia di Lucca). E’ il centro, guidato da Regina Satariano, che ha aiutato Martin quando, a 14 anni, non sapeva dove fosse il suo posto nel mondo. “Aveva la testa bassa, non gli vedevamo gli occhi. Adesso guarda com’è cambiato!” scherza Regina abbracciandolo. Ai ragazzi che vogliono fare la transizione e hanno la famiglia contro, Martin suggerisce: “E’ difficile parlare con altri di questo percorso, possono capire la sofferenza che c’è ma non fino in fondo. Alla fine vale comunque la pena parlarne, stai bene e sei anche più forte”.

“Un consultorio è fondamentale. E’ come una casa. Quando entri qui dentro ti senti a tuo agio, ti ascoltano, qualsiasi paura tu abbia, loro ci sono”

martin sanna (2) 675 quadrataMartin è sicuro. “Trovare un consultorio come questo è stato fondamentale. E’ come una casa. Quando entri qui dentro ti senti a tuo agio, ti ascoltano, ti seguono, qualsiasi dubbio o paura tu abbia, loro ci sono, in qualsiasi momento” dice. E’ stato un amico della sua ragazza a parlargli del Consultorio Transgenere, che segue le persone dall’inizio alla fine della transizione, il passaggio da un sesso all’altro. Un percorso gratuito, grazie ai volontari e a una convenzione fatta con la Regione Toscana, che permette di ricevere assistenza psicologica, endocrinologica, psichiatrica e legale.

“Fin da piccolo davo segnali del fatto che non accettassi il mio corpo, mi sentivo un maschio. A 19 anni ho iniziato il percorso, innanzitutto psicologico. All’inizio è stato difficile dirlo ai parenti della mamma, non mi vedevano da 15 anni, ho dovuto spiegare tutto, c’è stata un po’ di sofferenza, ma poi l’hanno accettato. Invece con i miei amici è stato un po’ più facile perché mi erano sempre stati vicino e se ne erano accorti, mi hanno aiutato, sapevano che era la strada giusta per me. Sono come la mia famiglia, ci sono cresciuto” racconta Martin. Che sulla carta d’identità ha ancora il nome femminile.

Per l’aggiornamento anagrafico deve aspettare l’intervento demolitivo dell’apparato genitale, una vera e propria sterilizzazione, e, a seconda dell’interpretazione dei giudici, anche quello ricostruttivo. Un problema non da poco, soprattutto se si cerca un lavoro. “A volte ho trovato più difficoltà rispetto ai coetanei, perché il nome sul curriculum non corrisponde a come mi vedono. Per ora ho il foglio provvisorio del consultorio e il curriculum al femminile, in attesa di poterlo cambiare dopo l’operazione. Adesso sto facendo uno stage dove sanno di me solo i padroni, non i colleghi. Hanno deciso che lo vogliono sapere solo loro. Ma per me non è un problema, non mi vergogno”.

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