Cinema

Cinquanta sfumature di grigio, un film qualunque ma “migliore” del bestseller

Premiére europe della pellicola di Sam Taylor-Johnson durante il Festival di Berlino. Durante la visione c’è chi si addormenta (Cinquanta sfumature di noia?), c’è chi ride quando non dovrebbe (Cinquanta sfumature di paperissima?) e c’è chi pensa inevitabilmente ad altro (Cinquanta sfumature di vuoto)

di Anna Maria Pasetti

Stop ai voti, ora spazio al verdetto. Quasi come in un gioco a premi, in palio c’era la soluzione a un unico dubbio: il film Cinquanta sfumature di grigio sarà migliore o peggiore del romanzo? Alle 17 di mercoledì 11 febbraio gli exit poll si sono chiusi mentre si apriva, trionfalmente, la sala più cool della 65ma Berlinale: l’IMAX del Cinestar del Sony Center. Qui si è tenuta la premiére europea (dopo quella mondiale a Los Angeles del 9 febbraio) della pellicola di Sam Taylor-Johnson, in uscita nel mondo attorno a San Valentino e precisamente domani in Italia.

Anastasia Steele e il suo dominatore Christian Grey sono riusciti a mettere in coda diverse centinaia di giornalisti internazionali per almeno un paio d’ore fuori dal cinema. Cronisti e critici svogliati, carichi di annunciati pregiudizi verso il film-fenomeno più atteso della stagione, ancorché desiderosi di soddisfare certi (umanissimi) voyeurismi dell’inconscio: “Come saranno le frustate?” e la famosa playroom risponderà alle descrizioni del bestseller della furbissima casalinga disperata E. L. James, che del film è diventata la produttrice? Mentre i due attori saranno in grado di rispondere agli immaginari erotici della trilogia delle “Sfumature”?

Silenzio in sala all’abbassarsi delle luci. Fifty Shades of Grey compare su sfondo nero, le sigle di Universal e Focus Featrues e finalmente la prima inquadratura sul cielo sopra Seattle. Ad accompagnare gli inaugurali istanti del film è la voce calda di Nina Simone: I Put A Spell On You, emblematica. La scena si sposta a Portland come da copione, università e appartamento iniziale di Anastasia Steele/Dakota Johnson che ci accorgiamo subito quanto assomigli a mamma Melanie Griffith.

Fortunatamente sceneggiatori e regista hanno optato per accantonare la voce narrante del romanzo a favore delle “faccette buffe” di Dakota, esplicito contrasto con la ghiacciaia corporale in cui è imprigionato il modello nordirlandese Jamie Dornan, bellissimo ma con solo “cinque sfumature” di variabili espressive nella sua recitazione. A modo loro i due amanti consumano il refrain del testo venduto anche nei supermercati di provincia (forse soprattutto in questi..) e – sempre a modo loro – rispondono alle (non) aspettative degli astanti dell’IMAX di Berlino: è un filmaccio qualunque, niente più e niente meno rispetto alla confezione cool delle aspettative, e tuttavia migliore del bestseller, tra i peggiori esempi di letteratura contemporanea concepiti e plurivenduti. Durante la visione c’è chi si addormenta (Cinquanta sfumature di noia?), c’è chi ride quando non dovrebbe (Cinquanta sfumature di paperissima?) e c’è chi pensa inevitabilmente ad altro (Cinquanta sfumature di vuoto).

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